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Il diritto di essere snob (almeno con gli scrittori)

Da Marcofre

Il termine snob deriva da “sine nobilitate”, e indica modi e atteggiamenti di quanti pur non appartenendo alla nobiltà, pretendono così di farne parte.

Di fronte a questa notizia, mi sono sentito snob, e felice di esserlo. Qualcuno obietterà che ha avvicinato molti giovani alla lettura: ne siamo sicuri?
Se avvicinamento c’è stato forse è accaduto nonostante, e non “grazie a” questo tipo di libri. D’altra parte, ammetto di aver sfogliato qualcosa di costui, e mi sono cadute le braccia (e anche qualche altra parte anatomica meno nobile).

Sono quindi snob? Sì, e con un diploma di terza media. Ho imparato a riconoscere il valore della parola, la sua forza, il suo potere di cambiare la vita del singolo. Chi la conosce ha le redini del proprio destino in mano, chi la ignora, no.
Per questo, non accetto questo tipo di libri, mi spiace. La loro esistenza semmai, mi conferma nell’idea che alcune case editrici, pur di alzare il bilancio verso un segno “+” sempre più consistente, sono disposte a tutto. Ed è bene non farsi soverchie illusioni.

Se la cultura in questo Paese è destinata a risorgere, probabilmente accadrà lontano da queste gloriose istituzioni. Per fortuna esiste il Web, l’ebook, il Kindle e l’iPad, e tutti assieme stanno portando una ventata di novità nel mondo del libro.
Dieci anni fa erano i calciatori e le barzellette a salvare la Patria delle lettere; adesso questo tipo di letture? Non ci credo nemmeno se me lo dimostreranno con una montagna di file Excel, e relativi grafici.

No, non aiutano nemmeno a lanciare nuove voci. Uno dei libri più innovativi e intelligenti di questi ultimi tempi (“Lapsus“) è stato snobbato (qui davvero “sine nobilitate”) dagli editori perché… Boh!
La mia idea è che siamo alle prese con una realtà che celebra se stessa, ed evita di illustrare cosa accada; o almeno di sperimentare davvero, di provarci.

E‘ più comodo offrire prodotti invece che beni; i primi sono funzionali a una certa cultura che non si mette mai in discussione, e se proprio deve, ha l’assoluzione facile.
I secondi coltivano la riflessione e il dubbio. Credo che al libro oggi, qualunque sia o sarà la sua declinazione (cartacea o digitale), sia doveroso chiedere il dubbio e la riflessione.


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