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Il distacco

Creato il 11 marzo 2012 da Lundici @lundici_it

liberate rossella urru“Poveri genitori…” dice mia madre scuotendo la testa, ogni volta che passa davanti alla gigantografia di Rossella Urru in Piazza del Popolo, sotto la scalinata del comune. Qualche mese fa glielo sentii dire per la prima volta -Rossella era stata rapita da poco- e le risposi che più dei genitori mi dispiaceva per lei, in mano ai terroristi. Mia madre mi guardò, sospirò e aggiunse quasi tra sé: “Un giorno lo capirai…”

Sono passati quattro mesi da allora. Ieri mattina mia madre ed io siamo andate a prenderci un caffè in centro, come facciamo sempre quando torno a Ravenna a trovarla, e passando sotto la scalinata del comune, lei ha di nuovo sospirato il consueto “Poveri genitori…”

Questa volta non ho risposto nulla. Anzi, mi sono commossa e, senza accorgermi di farlo, mi sono accarezzata la pancia che ancora stenta a far capolino dai primi pantaloni premaman che ho comprato.

Non saprei dire perché mi abbia scosso tanto il rapimento di Rossella Urru, avvenuto ormai più di quattro mesi fa. Forse perché ha un anno meno di me. Forse perché ha studiato nella città in cui ho studiato anch’io, la mia città. Forse perché chiunque l’abbia conosciuta ne parla come di una persona speciale. Forse perché ha fatto della sua passione e della sua determinazione nell’aiutare donne e bambini del popolo saharawi, il suo lavoro. Ogni fotografia che la ritrae mostra una ragazza sorridente e bellissima, e impegnata in qualcosa di grande.

Rossella Urru in 11 punti

1. Rossella Urru è stata rapita nella notte tra il 22 e il 23 ottobre 2011 dal campo dei Rifugiati Saharawi in Algeria, da un gruppo terroristico islamico.

2. In molti abbiamo vacillato di impotenza. Così si apre il blog (www.rossellaurru.it) per la liberazione immediata di Rossella Urru voluto dai suoi familiari.

3. Rossella è stata rapita con due compagni di lavoro: Ainhoa Fernandez e Enric Gonyalons.

4. A dicembre 2011 un video diffuso da un giornalista dell’Afp testimoniava che i tre ostaggi erano ancora in vita, nelle mani del movimento unito per la Jihad nell’Africa occidentale.

5. Rossella, a soli 29 anni, è coordinatrice nei campi dei Rifugiati Saharawi dei progetti della ONG CISP (Comitato Internazionale per lo Sviluppo dei Popoli).

6. Rossella è laureata in Cooperazione Internazionale, Regolazione e Tutela dei diritti e dei Beni Etno-culturali, presso l’Università di Bologna, Polo di Ravenna. Ha ottenuto il riconoscimento di miglior tesi di laurea per la sezione scienze socio-polithce e cooperazione internazionale.

7. Sempre a Ravenna Rossella ha lavorato per il Comune, Servizio di Cooperazione Decentrata.

8. Per la liberazione di Rossella ha lanciato più appelli anche la sua conterranea Geppi Cucciari, dallo studio del suo programma su La7 –G’day- e dal palco dell’Ariston durante il festival di Sanremo. Anche lo showman Fiorello, dalla sua pagina di twitter, ha girato un video per chiedere che Rossella venga liberata

9. Per mesi solo la rete ha divulgato notizie sul rapimento di Rossella, mentre televisioni e giornali hanno preferito tacere a riguardo.

10. Il messaggio positivo che il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha dato nell’incontro coi genitori di Rossella, ha fatto capire che il riserbo sulla vicenda sia stato mantenuto per la delicatezza della situazione, ma che le autorità competenti non abbiano mai smesso di lavorare per riportarla a casa.

11. Questo pezzo è stato scritto poco prima del 3 marzo 2012, giorno in cui è stata annunciata da Al-Jazeera la liberazione di Rossella. La conferma delle autorità italiane sull’avvenuto rilascio della cooperante, però, non è mai arrivata. Tuttora Rossella è trattenuta da qualche parte nel Nord Africa, e il silenzio istituzionale sulle trattative impone di aspettare pazientemente.

Talmente grande da farti dubitare di avere un senso nel mondo di fronte a tanta tenacia e determinazione. E ti domandi se ci volesse il palcoscenico di Sanremo perché si parlasse a più ampio raggio di quel che fanno e rischiano persone come Rossella. E ti domandi se fosse necessario il suo rapimento perché si parlasse del progetto di cooperazione di cui è coordinatrice a soli ventinove anni. E ti domandi cosa fai tu nel mondo di lontanamente paragonabile a quello che fa lei per vocazione.

Persepolis di Marjan Satrapi
Persepolis di Marjan Satrapi

Poi penso ai genitori di Rossella e non riesco nemmeno a immaginare che strazio sia questo periodo per loro. Quanto dovrà essere stato duro anche solo accompagnarla all’aeroporto e salutarla le volte che in partenza per l’Algeria, andava a trasformare la sua passione nel lavoro che ama. E rivedo la vignetta di Persepolis, in cui l’autrice Marjane Satrapi ha raffigurato i suoi genitori che la salutavano all’aeroporto, prima che partisse per seguire la sua strada, lontano da loro. “Mi voltai per guardarli un’ultima volta”, scrive la Satrapi sotto l’immagine di sé con la valigia tra le mani. “Sarebbe stato meglio se non l’avessi fatto”, si legge poi, nell’immagine successiva, quella in cui suo padre sorregge la moglie, svenuta dal dolore del distacco. E l’autobiografia illustrata di questa autrice iraniana esprime perfettamente, in più frangenti, quel che a parole non si riesce a dire sul senso di mancanza derivato dal distacco tra un genitore e un figlio.

 

Anche Eric-Emmanuel Schmitt ne Il bambino di Noè, affronta il tema del distacco tra genitori e figli, che pare non essere mai tanto doloroso per un figlio quanto invece per un genitore. In una vicenda ambientata nella primavera belga del 1945, Shmitt racconta una storia come ce ne sono state tante all’epoca, la storia di un distacco dettato dalla necessità di salvare il proprio bambino dalla follia di Hitler.

Il distacco

"Il bambino di Noè" di Eric-Emmanuel Schmitt

Un figlio, si capisce dal piccolo capolavoro di Shmitt, saprà sempre aggrapparsi a qualcosa di simile a un genitore, trovare figure alternative al proprio senso di mancanza. I figli cascano in piedi insomma, per quanto dura possa essere. Ma i genitori, loro no. Si piegano come rami sotto il peso della neve, se viene loro tolta la più primordiale parte di sé.

Adesso, ogni volta che vedo l’immagine  di Rossella in giro, o per strada, o su facebook, penso anch’io “poveri genitori…”

Ma poi mi accarezzo la pancia e, a metà tra il detto e il pensato, mi cullo nell’idea che se avrò una figlia come Rossella, sarò la mamma più felice del mondo. A costo di soffrire nel saperla in pericolo.

Che tema infinito quello del legame tra madre e figlia. E’ bastato avere poco più di una cellula altra da me nel mio corpo, per capire quel che mia madre ha sempre rinunciato a spiegarmi, con la convinzione sospirata che “Tanto prima o poi lo capirai…”

Il distaccoCredo che non rinuncerò a rileggere in questi mesi di genitorialità in potenziale che mi aspettano, anche Amy e Isabelle di Elizabeth Strout. Tra madre e figlia c’è un legame folle, meraviglioso e inspiegabile. Ha provato l’autrice di questo bellissimo romanzo a raccontarcelo e grazie ad esso è stata finalista al PEN/Faulkner Prize, ha vinto il Los Angeles Times Art Seindenbaum Award per l’opera prima e il Chicago Tribune Heartland Prize.

Potrebbero questi premi spiegare quale sia il filo che lega una madre a sua figlia? E che tipo di filo possa essere, in grado di attraversare il tempo (generazionale), lo spazio (i continenti addirittura!) O le idee (quanti scontri ci sono tra madri e figlie!) Ma rimanere saldamente legato a entrambi i capi?

Non so proprio se esistano parole per descriverlo. Mi limito a sospirare che chi non lo capisce, forse un giorno lo capirà.


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