La terapista Laura Brown (1995) racconta la vicenda giudiziaria di una sua paziente, vittima di incesto da parte del patrigno. L’autrice, in virtù del quadro sintomatologico, propone una diagnosi di Disturbo Post Traumatico da Stress (PTSD), sottolineando il carattere traumatico dell’evento per la donna. L’avvocato dell’imputato cerca di ribaltare l’accusa affermando che l’incesto non può essere considerato traumatico, in quando secondo la definizione del DSM esso riguarda eventi al di fuori dell’esperienza comune. Casistiche alla mano l’atto incestuoso risulta essere frequente e certamente non al di fuori dell’esperienza comune. Questo aneddoto stimolerà in noi un gran numero di domande: come reagiamo in seguito a eventi traumatici e scioccanti? Qual è il range di “ordinarietà” dell’esperienza umana? E infine, cosa rende un evento traumatico? Al fine di rispondere ad alcune di queste domande partiremo analizzando il PTSD, categoria diagnostica d’elezione per queste tematiche.
Condizione necessaria affinché si possa parlare di Disturbo Post Traumatico da Stress è la presenza di un evento catastrofico e violento, in cui l’individuo sperimenta direttamente o indirettamente situazioni dove l’integrità psico-fisica viene messa in pericolo (morte, pericolo di morte, violenza estrema) con conseguente sentimento di impotenza e frustrazione: situazioni belliche, tortura, atti di violenza, terremoti e catastrofi naturali, incidenti, abusi sessuali. Tale episodio viene vissuto dal soggetto come evento critico, ovvero come fattore di discontinuità rispetto al passato, ponendosi al di fuori di un’esperienza condivisibile e ordinaria al cui interno ogni azione acquista una valenza simbolica. In altre parole il trauma pone il soggetto di fronte all’impossibilità di dare un senso all’evento che ha esperito. La reazione dell’individuo di fronte a situazioni di questo tipo può, ma non sempre, dar luogo a una vasta gamma di sintomi che caratterizzano il disturbo: immagini intrusive e flashback, incubi, senso di angoscia e senso di colpa, iperattivazione fisiologica (irritabilità, ipervigilanza, etc), evitamento di oggetti, pensieri, pratiche collegate all’evento in questione.
Si parla di PTSD acuto (1-3 mesi) o cronico (oltre i 3 mesi) in virtù della durata del quadro sintomatologico. È necessario comunque una sorta di periodo di latenza prima che i sintomi si manifestino e/o prima di diagnosticare il disturbo. Capita a volte però che la sintomatologia compaia simultaneamente o nelle 48 ore successive all’evento traumatico: si parlerà in questo caso di Disturbo Acuto da Stress (DAS). Il DAS può essere visto come l’anticamera del PTSD, un suo precursore clinico, anche se non sempre una diagnosi di DAS si evolverà in un Disturbo Post Traumatico da Stress. Tale disturbo può può durare da qualche giorno fino a 30 giorni, oltrepassati i quali la diagnosi di PTSD potrà essere effettuata.
Dal punto di vista biologico (Yehuda et al, 1996) si sono notate differenza tra soggetti che soffrono di PTSD e il resto della popolazione:
- Livelli di cortisolo più bassi, con conseguente malfunzionamento dell’asse Ipofisi-Ipotalamo-Surrene, asse che ha un ruolo cruciale nella gestione dello stress;
- Incremento dell’attività dell’amigdala, l’area del cervello che gestisce la paura, in presenza di stimoli minacciosi;
- Alterazione nel volume dell’ippocampo destro e/o sinistro, struttura chiave per la produzione di nuove cellule nervose (neurogenesi).
Inoltre c’è da notare che nei figli di madri che hanno sviluppato sintomi di PTSD in seguito al crollo delle Torri Gemelle, i livelli di cortisolo erano più ridotti rispetto ai bambini di madri che non avevano sviluppato i sintomi di PTSD (Yeruda e Bierer, 2008).
Facendo un riferimento interculturale, questo passaggio intergenerazionale del trauma e del terrore può essere racchiuso metaforicamente nella nozione di teta asustada, ovvero “seno spaventato”, sviluppatasi in Perù in seguito ai sanguinosi anni della guerra fra esercito e i militanti del Sendero Luminoso: il latte della donna violentata, umiliata, stuprata si “danneggia”, viene avvelenato e il neonato, alimentandosi da questo “seno spaventato”, manifesterà a sua volta i segni psicofisici di tale violenza pur non avendo vissuto in prima persona il trauma. Le descrizioni sintomatologiche di quello che noi oggi chiamiamo PTSD possono essere riscontrate in testi molto antichi come l’Iliade. Shay sostiene che Achille sperimenta tutta una serie di sintomi riconducibili al PTSD: l’indifferenza e la svalutazione verso la morte, i sentimenti di lutto e di colpa dell’eroe nei confronti Patroclo, l’ “ira funesta” paragonabile a quella scarica di adrenalina e di elettricità che descrivono i pazienti, la violazione delle norme sociali del tempo (Achille che viola il corpo di Priamo).
Uno studio strutturato del disturbo prese comunque forma solo durante la Grande Guerra (per un approfondimento di tale aspetto si veda qui). Inizialmente questi casi vennero definiti nevrosi di guerra, in quanto lo scenario bellico era luogo privilegiato per lo sviluppo di tale sintomatologia. Successivamente Lifton e Horowitz formularono “la sindrome del sopravvissuto”, categoria che poteva essere estesa a contesti extra-bellici (naufragio, catastrofe naturale, ecc). La guerra del Vietnam, con l’aumento delle sindromi post traumatiche, fu però il più importante catalizzatore per la comparsa del PTSD nel DSM, comparsa che avvenne nel 1980. Da allora la categoria venne estesa alle più variegate situazioni, tanto che alcuni studiosi sottolineano come la vasta estensione e “applicabilità” del PTSD sia allo stesso tempo il suo tallone d’Achille: sia che siate vittime di una catastrofe naturale o di contesti bellici, sia che siate torturati o torturatori, la vostra sofferenza potrà trovare riconoscimento nella stessa etichetta diagnostica, nonostante questa inglobi scenari tra loro diversi e in taluni casi contrapposti (torturato/torturatore).
Andrea Selva
Bibliografia
- Brown L., Not Outside the Range: One Feminist Perspective on Psychic Trauma, 1995.
- Shay J., Achilles in Vietnam: Combat Trauma and the Undoing of Character, SCRIBNER, 1994.
- Yeruda et al, Cortisol regulation in posttraumatic stress disorder and major depression: a chronobiological analysis in Biol Psychiatry, 1996 Jul 15;40(2):79-88.
- Yeruda, R. e Bierer, LM, Transgenerational transmission of cortisol and PTSD risk in Prog Brain Res. 2008; 167:121-35