Questa settimana siamo tornate a fare la visita di routine dopo più di due mesi dall'ultima, per aver disdetto e rimandato due volte l'appuntamento, ma lui si è limitato solo a una fugace osservazione circa il nostro "puntuale" presentarci in ritardo. Amo il dottor Z. per questo sua malleabilità sulle scadenze.
Io sono una ritardataria cronica, ma non certo perchè non ce la metta tutta per arrivare puntuale, o perchè non me ne freghi niente della puntualità. Tutt'altro: vivo in un perenne stato di ansia riguardo a date e orari da rispettare, peccato che poi immancabilmente finisco per valicare i termini che mi sono preposta e gli orari che mi sono data. Anche stavolta siamo riuscite ad uscire di casa con l'amplissimo margine di anticipo di un'ora, e premetto che lo studio del dottor Z. si trova a circa dieci minuti di strada a piedi da casa. Dato che ero riuscita fino a quel momento a rispettare la tabella di marcia impostami, mettendo la pupa a dormire prima del solito, con conseguiente risveglio dopo meno di un'ora, a che pro rimanere in casa a fare innervosire lei e me?
Visto che il sole splendeva in cielo ci siamo concesse una puntata ai giardini e ce ne siamo venute via in tempo per arrivare in orario dal dottore.
Peccato che lungo la strada incrocio un'amica che mi intrattiene in chiacchere impegnative per una buona decina di minuti, ma riesco a congedarla lo stesso in tempo utile per arrivare dal dottor Z. sul filo del vassoio... ehm: rasoio!
Mi avvio dunque, a passo svelto e un po' ansimante, quando... Oh, no! Ho dimenticato di prendere la cartellina pediatrica della pupa!
Tornando a casa per recuperare l'indispensabile cartellina (e lasciamo perdere le formalità: mollo lei nel passeggino a piangere disperata mentre salgo di corsa le scale di casa a tre a tre e ridiscendo volando sbandierando in aria la dannata cartellina) perdo tutto il tempo guadagnato fino a quel momento, e arrivo allo studio con ben 20 minuti di ritardo, paonazza in viso per la corsa e la vergogna. Poi siccome mi affaccio nello studio e mi pare che lui sia temporaneamente uscito, mi fermo pure ad aspettare in sala d'attesa. E invece lui era solo uscito sul terrazzino a prendere una boccata d'aria, perchè la temperatura in quel poliambulatorio sfiora tutto l'anno i 40°C.
Insomma, il ritardo finale ammontava a circa una mezz'ora, ma evito di tentare di giustificarmi col dottore raccontandogli le mie peripezie, anche perchè lui si mette alacremente al lavoro per recuperare il tempo perduto.
Il dottor Z. non è nero, corpulento, e non ride scioccamente ad ogni battuta che fa, come quello che ho messo in foto per introdurre simpaticamente il post. Ha invece due baffetti brizzolati, un paio di occhiali quadrati ma non troppo all'apice del naso e potrebbe assomigliare un poco a Geppetto, ma più professionale.
Il dottor Z. è un curioso miscuglio di qualità contrapposte: affabilità e burberità, laconicità e logorroicità, serietà e ironia, pignoleria e approssimazione, criticismo e accondiscendenza, severità e indulgenza. A noi piace così.
Non affetta complicità con me e confidenza con la bambina, non ha mai tirato fuori lecca lecca o giochini per tenerla buona, non si è mai perso in smancerie, non ha mai fatto complimenti inutili alla bimba, ma si è sempre solo limitato a constatarne i progressi sedando anche i miei slanci materni di orgoglio quando gli sfuggiva un apprezzamento positivo, e mi ha sempre detto pane al pane vino al vino, anche se le sue posizioni su determinati argomenti potevano risultare piuttosto scomode per un genitore. Mai chiedere al dottor Z. delucidazioni su questo o quel cibo/prodotto/farmaco, perchè rischiereste di farvi fare un corso accelerato di 40 minuti sulla composizione molecolare di ogni singolo eccipiente, sulle qualità organolettiche e sulla storia farmacologica e messa in commercio di ogni variante dell'oggetto in questione.
Ma veniamo alla nostra visita-lampo, che poi tanto lampo non è stata, perchè il dottor Z. una volta che comincia va fino in fondo alle cose.
Diciamo che le novità principali questo mese erano due: una mi ha fatto un poco male all'anima come mamma, l'altra ha frustrato la mia sicurezza nelle mie doti di genitrice.
Pupa stesa sul lettino per prendere le misure per la prima volta da quando è nata inizia a tirare fuori un pianto di gola, stizzoso e pieno di rancore. E' pure vero che quel giorno le giravano parecchio, doveva avere fame già da un po' e in più era stata abbandonata da me nel passeggino, quando ero corsa a prendere la cartellina dimenticata in casa (oh, non sono del tutto rincoglionita: non è che l'ho mollata in strada, bensì in una sorta di giardino interno al nostro "stabile", se la cosa può costituire attenuante, assieme al fatto che il tempo dell'abbandono non ha superato i 4 minuti e mezzo). Insomma, incavolata nera, la pupa stavolta non ci sta a farsi pesare e misurare semisvestita su quel lettino, e io mi sento di scusarmi col dottor Z.: "Eh, ultimamente è un po' nervosa..."
Al che, il dottore apre una lunga parentesi che non chiuderà che dopo un buon quarto d'ora, a spiegarmi che i bambini a quell'età attraversano quella che in gergo è chiamata la "sindrome abbandonica dell'ottavo mese", che consiste nell'acquisita consapevolezza di essere individui separati dalla mamma e che fa sentire loro l'allontanamento materno come un abbandono, e che il dolore che provano in questi casi non va sottovalutato e non va considerato un capriccio, come molte madri sono solite fare, e che è proprio in questo periodo che si determina il futuro carattere dell'individuo, che rischia di crescere privo di fiducia in se stesso e nell'altro se privato dell'appoggio essenziale della madre, e non bisogna MAI dire "è bene che impari a stare da solo" oppure "deve abituarsi a stare lontano dalla mamma" perchè quello è uno stato di angoscia reale e non simulato, che necessita di tanta attenzione e presenza e affetto, e carezze e parole rassicuranti e bla bla bla, io nel frattempo mi sentivo già un piccolo verme strisciante e mille sensi di colpa mi attanagliavano le viscere e la gola, per tutte le volte che, esasperata da quei pianti da abbandono, me l'ero cavata con un "dai su, non fare i capricci, non puoi mica stare sempre con mamma! sarai un po' viziata?"
E questa è la prima cosa, quella che mi ha fatto un po'male al cuore, malgrado il mio rifuggire da qualsiasi sentimentalismo, ma già l'ho detto altrove che la maternità ha in parte cambiato questo lato di me.
Quindi, care mamme, rilancio qui l'appello del dottor Z., che con me è stato spietato, ma...aveva ragione! I bambini che scoprono la terribile realtà della vita in tenerissima età, e cioè che
Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera
(Salvatore Quasimodo)hanno bisogno solo di sentirsi: rassicurati, accuditi, amati e non abbandonati.
Ho messo in atto a partire da quel pomeriggio stesso i consigli del dottor Z.: cosa fare per fronteggiare questa crisi abbandonica? Usare le mani, accarezzare, toccare, sorreggere, calmare. Il bambino deve sentire che le mani del genitore hanno il potere di infondergli serenità e di proteggerlo.
Sembra una grande banalità, ma invece: ha funzionato!
Con i miei poteri taumaturgici da due giorni e mezzo sto riscontrando una grandissima potenzialità del mio tocco sull'addormentamento della piccola, perchè da quel pomeriggio sto passando dall'addormentamento stravaccata sulla mia pancia, a quello in culla, con la mia mano appoggiata su di lei a farle da ancora nel suo veleggiare verso il mondo dei sogni.
Oppure: io cucino e lei seduta sulla coperta a terra inizia a frignare perchè la prenda in braccio. Io mi avvicino, l'accarezzo, la palpeggio e la stringo, lei si calma e poi ricomincio a fare quello che stavo facendo.
Dottor Z. santo e subito.
Vi sembro stupida? Sì, è vero, era un consiglio abbastanza banale, e ci sarei potuta anche arrivare da sola, ma a volte (è tanto difficile da capire?) anche una madre ha bisogno di non sentirsi sola, di un consiglio che venga dato disinteressatamente, diretto al bene e non alla critica gratuita, come uno spiraglio che si apre quando le difficoltà di ogni singolo momento della giornata sembrano insormontabili e senza possibilità di soluzione, e ti destreggi tra tutti i consigli a vanvera ricevuti cercando di capire quale sia il modo migliore di comportarti per non allevare i futuri disadattati della prossima epoca storica.
Io amo il dottor Z. per questo spiraglio che mi ha aperto in un momento in cui più che mai mi sembrava di dovermi sobbarcare questa responsabilità da sola, e sola, sola, sola, più sola che mai affrontare ogni singolo interrogativo di ogni dannata giornata trascorsa a fare monologhi con una bambina infante di 8 mesi, e poi mi chiedevo come mai tutto mi sembrasse nero, in questa sfavillante primavera che fa rinascere in tutti la gioia di vivere.
Seconda novità: orgoglio ferito.
Avete presente l'orgoglio col quale annunciavo al mondo che la pupa smania per tirarsi in piedi e col quale descrivevo con entusiasmo come le piacesse fare la camminata del pinguino sui miei piedi?
Beh, sbagliavo.
Il dottor Z. si è dilungato in una lunga seduta informativa sugli ultimi studi neurologici dello sviluppo infantile neuronale, che pare attribuiscano un'importanza fondamentale al periodo in cui il bambino gattona, poichè è solo e soltanto in questa fase che si formano alcune connessioni cerebrali, quelle responsabili dell'apprendimento.
In poche parole: esisterebbe una connessione tra il gattonare, o meno, e lo sviluppo della dislessia nei bambini.
Io 'sta cosa l'avevo già sentita, ma l'avevo presa per una leggenda metropolitana.
In ogni caso: che gattoni, strisci, si dondoli a quattro zampe, si rotoli, o faccia la foca, non è importante, basta che non venga aiutata a stare in piedi. Conclude il dottor Z.
E io che dovevo fare? Ho confessato il misfatto, e ora mi è stato proibito nella maniera più assoluta di assecondare le richiesta della pupa di essere aiutata a stare in posizione verticale, almeno fino a quando non sarà lei a tirarsi su da sola aggrappandosi ai mobili.
Colpita e affondata, Suster.
Un'ultima cosa, dottore! Mmmm... non so come dirglielo: ma glie li posso dare i mandarini?
E secondo voi cosa mi ha risposto? No, è ovvio.
Ah! E i biscotti nel latte glie li devo mettere, perchè sa, mia madre insiste con questa storia...
Cerco di aggiungere mentre mi spinge fuori dallo studio.
No, niente biscotti fino all'anno, e comunque NON i plasmon! (perfetto!)
Ah, e la pastina all'uovo la posso mettere nella minestrinaaaaaaaaaa....
Urlo mentre due energumeni mi afferrano per le braccia e mi trascinano via.
No, non è vero: se ve lo state chiedendo questa cosa non è mai successa, ma la sensazione era quella. Il mio tempo a disposizione era scaduto. E comunque niente pastina all'uovo, ti pare?
Sbagliato, sbagliato e sbagliato.
Questo mese non ne ho azzeccata una.
Fortuna che la pupa cresce impeccabilmente, sulla sua curva di crescita numero 50 (si dirà così? Boh!), con la sua testa leggermente più grossa della norma, i suoi riflessi nella norma, le sue crisi abbandoniche nella norma, nessun malanno stagionale agli atti, nessuna allegia riscontrata, nessun'intolleranza, nessun deficit di alcun genere.
Se riesco ad assecondarla, ce la dovremmo fare...