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Il dottore

Da Gio65 @giovanniparigi

Il mio è un piccolo paese dove ancora ognuno conserva una propria personalità, che gli altri possono a loro piacere modificare seguendo il corso ora lento, ora agitato delle chiacchiere. Nessuno spicca per qualche dote particolare che l’abbia reso grande oltre i confini amministrativi e tutti sono  considerati per la posizione sociale che sono riusciti a strappare in loco.

E’ così che ancora qui esiste quello che viene definito lo scemo del villaggio. Il suo nome è Mario. Quasi analfabeta e con un leggero ritardo mentale, lavora come facchino in un emporio. Fu assunto per la compassione del titolare, una persona molto religiosa che ha tappezzato l’intero negozio d’immagini di santi e Madonne. Non che Mario non sia un gran lavoratore, o che sia incapace di esserlo, ma veramente sembra che il titolare fu mosso a pietà dal momento che nessun altro voleva assumere Mario, nonostante che avesse un gran bisogno dovendo mantenere l’anziana madre allettata e pagare l’affitto.

La sua condizione, però, non ha sempre suscitato compassione. E’ stato più e più volte l’oggetto di brutti scherzi. Come quello che gli tirarono per via della sua pietà verso i morti che lo portava ad ogni funerale o veglia funebre, qualora un compaesano fosse spirato. Perché, stando al detto, è vero che ogni villaggio ha il suo scemo, ma è anche vero che ha i suoi idioti, i quali, nel caso nostro, inscenarono la morte di uno di loro attirando l’inconsapevole Mario alla veglia funebre. Poi fecero in modo che restasse solo, a tu per tu con il morto, a recitare le sue preghiere e…fecero tornare in vita il defunto spaventando il povero Mario fino alla crisi nervosa, curata con il ricovero in una struttura specializzata. Credete che Mario se la sia legata al dito? Nient’affatto, ha sempre pensato e detto che quella esperienza  lo ha ammonito per il giorno del giudizio, in cui tutti risorgeremo per la gloria o il castigo eterno. Sì Mario è, al pari del suo titolare, molto religioso. E se capita a volte di veder celebrare Messa a un sacerdote che sa comunicare con i gesti la sacralità del ruolo che ricopre, guardando Mario a una funzione religiosa si percepisce il senso profondo dell’essere cristiani. Non c’è un solo atto che non compia con fede sincera e devozione, sia che reciti il Pater, sia che faccia la comunione o stringa una mano altrui in segno di pace. Mario sa trasmettere la gioia se lo incontri a Messa.

Nel suo quotidiano, invece, vedi che si sforza di esercitare la virtù, in primis quella della pazienza. Infatti, quando gli tirarono l’altro brutto scherzo di mettergli una dose di cocaina nell’ape  e lo ricattarono per mesi dicendo che se non avesse fatto tutto quello che gli avrebbero ordinto lo avrebbero denunciato, prese tutto con la massima calma, quasi certo che quello altro non fosse che una prova, un esame da parte di Dio. Non sapeva che scrivere come un bambino di prima elementare e, ne sono certo, non aveva mai letto in vita sua un libro. Il suo vocabolario era il dialetto stretto, incomprensibile oltre la regione di appartenenza, ma tutto per lui era una prova dell’Onnipotente, un esame insomma che, a mio parere, passava sempre a pieni voti, fosse stata la pazienza, l’umiltà o la carità a essere oggetto di verifica.   

Una volta, sappiate, i soliti buontemponi presi dai fumi dell’alcool, dovuti alla festa della birra che si teneva in paese, si decisero per un altro scherzo, il quale ebbe come oggetto le limitatissime nozioni scolastiche di Mario, semi-analfabeta. Uno di loro era ed è un avvocaticchio con una laurea presa in anni e anni di fuori corso, perché più attratto dalla compagnia allegra che dagli studi. Le sue conoscenze però erano notevoli, grazie alla sua bravura nel gioco del golf che gli aveva permesso d’incontrare e fare amicizia con qualche personalità di spicco, tra cui il direttore di un importante quotidiano. Il nostro amico pensò bene di tirar fuori dall’armadio il suo vestito di laurea con tanto di cappello e costringere il povero Mario ad indossarlo. Poi gli scattarono la foto e, grazie al direttore del quotidiano, la pubblicarono gratuitamente a tutta pagina. Naturalmente non mancarono di tessere gli elogi al neo-dottore con un lungo articolo

La notizia, essendo tutti all’oscuro dello scherzo, fece il giro del paese quel mattino di settembre che vedeva il povero Mario sull’importante quotidiano. Pure il parroco rimase attonito. Solo il datore di lavoro scosse la testa avendo fatto in fretta a capire che si trattava dell’ennesimo scherzaccio, il quale si sarebbe risolto in una gran risata, cosa che puntualmente avvenne. Pure io in un primo momento ho sorriso, ma poi sono stato colto da un certo timore al pensiero che spesso la giustizia e la serietà di Dio si celano in quello che umanamente appare agli occhi come una barzelletta. Chissà che tutti gli esami sulle materie di Dio, cioè la carità, la pazienza, l’umiltà o la fede non abbiano fatto di Mario, lo scemo del villaggio, il Dottor Mario, laureato a pieni voti in scienze divine all’insaputa di tutti, perché, ripeto, spesso è nella barzelletta che si nasconde la serietà di Dio.   


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