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Il downshifting ovvero, come diceva mia nonna, si stava meglio una volta a zappare l’orto.

Creato il 28 marzo 2012 da Phoebe1976 @phoebe1976

Il downshifting ovvero, come diceva mia nonna, si stava meglio una volta a zappare l’orto.

In un sito specializzato in Diritto che mi manda i suoi aggiornamenti periodici (sono secchiona, eh?) stamattina leggevo una storia particolare.

Unica forse, ma anche no.

"Io ho una microscopica società di consulenza, l'ufficio sopra casa, abito in campagna. A causa della crisi il mio impegno in termini di tempo nel lavoro "ufficiale" si è ridotto, così come il reddito e la possibilità di pagare qualcun altro per tenere a posto orto, giardino e uliveto. Così per necessità ho incominciato a vivere in un modo diverso, non senza andare fortemente in crisi, almeno all'inizio. Ora, con il passare del tempo, sto apprezzando sempre più gli aspetti positivi di questo mio nuovo modo di vivere: si rinuncia a tutto ciò che è possibile, in modo radicale e senza mezzi termini, ma si recupera tanta ma tanta salute, prima di tutto mentale. Sembrano cose scontate e banali, ma il ritorno alla natura che detta i suoi ritmi e impone i suoi tempi in questa era densa di tecnologia fa sì che si possa anche strappare le erbacce con l'ipod in tasca o cercare su internet il modo migliore di potare il ciliegio. Non si tratta di rinunciare al progresso, ma di farci aiutare a recuperare il tempo che sembrava perduto. A che serve vivere una vita d'inferno per accumulare ricchezza che non si è in grado di spendere? Quanta soddisfazione può dare nutrirsi del cibo che si è coltivato nell'orto o mangiare il pane impastato da sè con il lievito madre? E' davvero inferiore a quella dell'acquisizione di un nuovo importante cliente? Fermarsi la sera sotto un ulivo a guardare scendere il sole è una gioia difficile da sostituire. Lo dico io, che so quante lacrime ho pianto quando ho capito che la mia vita sarebbe cambiata per sempre, e che adesso non tornerei indietro per nulla al mondo".

downshifting
La parola che riassume questa storia è downshifting. Una parola molto di moda, forse abusata e coniata dal solito counseling fighetto e con la ventiquattrore di The bridge a tracolla e l’aria spocchiosa di chi ha fatto troppi master e pochi incontri umani.

In poche spicce parole, sarebbe il diritto a vivere meglio, a sostituire al PIL il FIL: Felicità Interna Lorda.

Rivedere le basi della propria vita modificando l’impostazione assolutista del lavoro e ridimensionandone i ritmi.

Sembra facile, ma non lo è.

Non è per niente facile smettere di “gonfiare” di lavoro le giornate, dare più spazio alla sfera affettiva e recuperare una dimensione più ‘ecocompatibile’. Difficile, sì, perché tutto il mondo (capitalista?) di oggi gira proprio per impedircelo: più lavoro – più soldi – più consumi.

Ma tentare si può, cominciare a ragionare in maniera più sana si deve: lavorare meno, spendere meno, consumare meno, per avere più tempo per se stessi.

Per oziare, allungare le gambe sul divano e fare i grattini al gatto.

E magari per essere più creativi.

Ci si dovrebbe trasformare in artigiani che operano in modo lento, ma con cura e passione.

Senza lasciarsi trasportare nella scia dello shopping sfrenato, dal paio di scarpe in più nelle mille mila che abitano casa nostra. Per fare che? Il nuovo modello di cellulare supermegafigo che non hai tempo di imparare a usare e sfruttare. Perché? Non andava bene quello di prima?

E ritrovare il piacere di farsi le cose da soli a casa, a mano: il pane, i biscotti, le marmellate. Per il piacere di farlo, di riscoprire un mondo nuovo e vecchio insieme.

Bello, eh?

Ecco, mi chiedo se sia possibile fino in fondo.

Mi sembra una buona idea, ottima , che sposerei subito. Un po’ come la vita ad impatto zero, ma altrettanto irrealizzabile sul piano pratico.

Forse la verità sta nel mezzo, come dettano da sempre i principi contadini dei miei avi.

Se non si può essere ad impatto zero, almeno cercare di fare qualcosa.

Prendersela meno, trovare il tempo per sé, amarsi di più.

Trovare il tempo per pensare, amare, fare una passeggiata, chiacchierare con un amico.

Ecco, il mio progetto per la primavera è questo: trovare una dimensione più comoda.

Meno stressante.

Più vera. Più mia.

Respirare, non farmi travolgere, sorridere di più.

Starò diventando troppo new age???


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