da qui
Il sogno non è il manuale innovativo, ma l’opera perfetta, sfrondata dai difetti di quelle conosciute. Ogni libro ha le sue pecche. Prendiamo l’incipit del primo che mi capita a tiro, La cura, di Hermann Hesse: Il mio treno era appena arrivato a Baden e io avevo appena disceso, con un po’ di fatica, i gradini della carrozza, quando già il fascino di Baden mi si faceva sentire. A parte l’eco tematica della Montagna incantata, uscita l’anno prima, la ripetizione - Baden, Baden - mi sembra cacofonica. Sciocchezze, direte, ma rischiano di rendere meno incisiva la scrittura. L’utopia è un libro senza imperfezioni, possibile nei sogni dell’infanzia o nei deliri dell’alienazione, motori segreti di tante azioni umane. Se scrivessi sapendo che le pagine saranno un franare di spropositi, sviste, cantonate, non riuscirei a procedere; se invece avvertissi, sulla punta delle dita, la possibilità di plasmare il capolavoro sospirato, sarei disposto a perdere il sonno e la salute. L’illusione sospinge il mondo verso una meta che non c’è, per rivelargli che il fascino di Baden nasconde il crollo delle sicurezze, lo smottamento di una perfezione che non può essere creata, ma solo ricevuta in dono.