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Il fascino zen dell’Haiku

Creato il 29 aprile 2013 da Retrò Online Magazine @retr_online

“In questo mondo (yo no naka)
anche la vita della farfalla (ya chō kurashi)
è frenetica.” (mo isogashiki)
Una terzina di 17 sillabe, con metrica 5/7/5, priva di titolo e necessariamente contenente il riferimento ad una delle quattro stagioni.
E’ quello che viene definito un Haiku, ossia una composizione poetica giapponese-diffusasi, a partire dal XVII secolo, inizialmente nell’intero Giappone e successivamente nel resto del mondo-derivata dalla poesia classica nipponica, il Tanka, rispetto alla quale è più breve ed incisiva (il tanka, infatti, consiste in cinque versi di 31 sillabe strutturati secondo la metrica 5/7/5/7/7).
Capostipite di questo genere poetico, è giustamente considerato Matsuo Bashō, monaco e poeta giapponese, al quale si deve la rivalutazione dell’haiku che, proprio grazie ai sublimi versi da lui realizzati, smette di essere considerata una poesia popolare e “volgare” ed assurge al rango di forma d’arte.
“Creare versi splendidi per cose che ci sono vicine”: il fulgore della semplicità, è questo che racchiude in sè l’haiku, per Bashō.
Basta soffermarsi ad analizzare un qualsiasi haiku per rendersi conto che il poeta ha ragione. L’haiku è, infatti, una poesia essenziale, dal linguaggio disadorno, scevra di fronzoli e retorica, che fotografa un istante preciso ed intenso. Il suo tema principale è il kigo, ovvero il riferimento stagionale, il quale non necessariamente coincide con la stagione cui il poeta allude ma, anzi, più spesso s’incarna in un luogo o in una festività o in una pianta o in un animale rappresentativo della medesima; in Giappone esistono addirittura delle antologie, che prendono il nome di saijiki, che raccolgono tutti i riferimenti stagionali divisi per categorie.
Attraverso il kigo, il poeta “fissa” uno stato d’animo e dà voce ad un sentimento di malinconia, di nostalgia, di mestizia che è in netto contrasto con la natura che lo stesso contempla.
Alcuni haiku presentano un unico tema, altri, invece, ne presentano due: in queste ultime composizioni, non di rado il ribaltamento di significato generato dalla presenza di due argomenti contrapposti (da notare che i temi della poesia possono essere anche in armonia), è segnalato da un kireji, una parola-cesura o, più semplicemente, un segno d’interpunzione, atto a creare una pausa “ad effetto”.
A prescindere dai riferimenti stagionali scelti e dalla presenza di un solo tema o di due temi in concordanza o in opposizione, tutti gli haiku sono caratterizzati dalla volontà di sublimare, attraverso il linguaggio della poesia, impiegato nella sua forma più basilare, proprio le cose che ci sono vicine e che invece noi, troppo spesso, non vediamo o non guardiamo con gli occhi giusti.
La poesia haiku, da alcuni anni a questa parte, ha preso piede in tutto il mondo, al punto di essere addirittura insegnata nelle scuole americane e marocchine; da sempre, la letteratura ne è ricca: scrittori del calibro di Kerouac, Neruda, Borges e Sanguineti, hanno scritto magnifici haiku.
Come si spiega il sempre crescente interesse dei paesi europei, nordamericani e sudamericani nei confronti di un genere poetico così lontano dalla cultura occidentale?
Forse, alla base dell’attrattiva dell’Occidente per l’kaiku, c’è il desiderio di ristabilire, attraverso di esso, un contatto “naturale” con la Natura e tutte le sue manifestazioni, la voglia di riscoprire la bellezza della semplicità, dell’essenzialità, la volontà di tornare ad usare un linguaggio semplice ma semanticamente significativo; il gusto di accorgersi che chi scrive haiku, limitandosi a fare un accenno, riesce a dire moltissime cose senza dirne quasi nessuna.
Una sorta di “richiamo verso lo zen”: “per la maggior parte dei comuni mortali, gli haiku non evocano molto. Ma per un animo poetico, si tratta di vere e proprie passerelle verso la luce divina”.
Chissà che non sia davvero così, che la via per raggiungere l’agognata “illuminazione” spirituale, il cosiddetto bodhi buddhista, non passi davvero anche attraverso la lettura e la comprensione del messaggio profondo contenuto negli haiku.

articolo di Dalila Giglio

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