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Il femminile nelle culture native americane. Introduzione (parte 2)

Creato il 29 aprile 2015 da Davide

Il contatto con il cristianesimo militante, il commercio delle pellicce e la conduzione patriarcale dell’agricoltura occidentale portò alla scomparsa o alla clandestinità delle dee e favorì il sorgere di culti messianici rivoluzionari, come quello dell’irochese Handsome Lake, quello del Profeta Delaware Neolin, ispiratore della rivolta di Pontiac e quello del Profeta Shawnee Tenskwatawa, ispiratore della guerra di Tecumseh. Questi riformatori politico-religiosi indiani dovevano “aggiustare” la loro società alla nuova realtà e adeguarla al monoteismo patriarcale, all’asimmetria sessuale europea, molto più accentuata di quella indiana.

Prima del nuovo predominio del “Grande Spirito” o del “Creatore” esistevano le dee o divinità asessuate o bisessuali; la divinità femminile creatrice era caratteristica di molte tribù orticultrici appartenenti all’area culturale delle cosiddette Terre Boscose Orientali (Woodlands), che comprendeva gran parte del territorio di prima colonizzazione inglese e francese, e delle tribù del Sudovest degli USA, denominate collettivamente Pueblo (villaggio) dagli spagnoli per via dei loro villaggi in muratura. Vale la pena di delineare brevemente le relazioni tra i sessi in alcune aree di più antica colonizzazione.
Gli indiani Pueblo, che abitano tuttora villaggi in muratura in Arizona e New Mexico, furono tra i primi popoli nordamericani a venir conquistati dagli europei. Dalla prima spedizione dello spagnolo Francisco Coronado nel 1540 alla Rivolta Pueblo del 1680, la prima grande rivolta che scacciò gli invasori dal territorio per 12 anni, la società indiana subì profonde modifiche a causa del regime religioso ed economico-politico della colonia. Questo regime aumentò di molto il grado di asimmetria sessuale, presente nella società indiana anche se in modo debole, ma non riuscì a distruggere del tutto la posizione di potere che le donne avevano.
In un libro eccellente, When Jesus Came, the Corn Mothers Went Away (Quando venne Gesù, le Madri Grano se ne andarono) , Ramòn A. Gutierrez analizza la situazione dei Pueblo prima e durante la colonia spagnola e l’ideologia della classe dominante religiosa e laica in New Mexico dal 1500 al 1846. Egli osserva come gli indiani Pueblo vedessero le relazioni tra i sessi in modo abbastanza equilibrato. Uomini e donne avevano le loro forme di ricchezza e potere, che modellavano sfere di azione indipendenti ma cooperanti, simbolicamente espresse nei rispettivi oggetti donati ai neonati: una punta di selce ai maschi e un feticcio di mais alle femmine. Il mais era un prodotto della terra e la base dell’alimentazione Pueblo e la selce era considerata fulmine pietrificato e quindi rappresentava l’acqua della pioggia, ma essi esprimevano anche i principi cosmici della femminilità e della mascolinità. Selce, pioggia, sperma e caccia erano maschili, mentre mais, terra e gravidanza erano femminili; questo concetto è espresso bene dalla parola Hopi posumi, che significa sia grano di mais sia fanciulla nubile. La capacità femminile di creare la vita era messa in maggior rilievo dalle donne Zuni quando celebravano e celebrano il sesso dei loro figli: sopra la vulva pongono una grossa zucca piena di semi, pregando perché i genitali femminili crescano grandi e diano frutti abbondanti, mentre spruzzano d’acqua il pene, pregando che resti piccolo. Gli uomini rispondono provocatoriamente a questo rituale indossando enormi falli posticci. Il rapporto tra sesso e nutrimento, entrambi promotori della vita, era espresso dal compito di nutrici che avevano le donne; l’idea di nutrimento era chiarita dai Pueblo con il concetto di adozione, per cui ogni forma di vita, materiale e spirituale, poteva venire trasformata in un parente attraverso il cibo. Le donne nutrivano non solo i parenti di sangue, ma anche il Sole, gli spiriti kachina, i feticci animali della casa, gli scalpi dei nemici uccisi e le carcasse delle prede cacciate dagli uomini. Quando giungevano capi stranieri lo scambio sociale del cibo significava pace ed era compiuto attraverso la mediazione femminile espressa tramite la nutrizione. Dopo la nutrizione l’attività di maggiore importanza culturale per le donne Pueblo era l’attività sessuale. La sessualità era equiparata alla fertilità, alla rigenerazione e al sacro; attraverso di essa le donne incorporavano i mariti nei clan materlineari, addomesticavano gli spiriti della natura e davano vita ai figli che avrebbero provveduto rispettosamente alla loro vecchiaia. Le donne donavano il proprio corpo ai mariti volontariamente, aspettandosi in cambio doni dotali, lavoro e rispetto. Se una donna faceva l’amore con un uomo che non era il marito si aspettava in cambio coperte, carne, sale o pelli, mentre l’uomo, se non le donava nulla, si indebitava con lei con obblighi vincolanti. La sessualità impregnava di sè anche il paesaggio Pueblo e i toponimi lo esprimono con chiarezza: Sorgente della Clitoride, Punta di Seno di Fanciulla, Chiappe-Vagina, Pene che Spinge e così via sono tutti nomi di località. Per i Pueblo, infatti, l’atto sessuale era il simbolo dell’armonia cosmica, in quanto univa in equilibrio tutte le forze maschili del cielo e tutte le forze femminili della terra. Per questo motivo i rituali del solstizio del Pueblo di Acoma terminavano con un coito, mentre uno scandalizzato frate Nicola de Chavéz nel 1660 riferiva che “uomini e donne si unirono sessualmente in modo bestiale” ogni volta che gli spiriti kachina apparivano durante il lungo ciclo cerimoniale. I kachina infatti portavano con sè la pioggia fertilizzante, che fa germogliare le piante e prosperare gli animali. Le donne, tramite il coito rituale trasformavano gli estranei (uomini di altri villaggi o clan e gli spiriti) in nativi, cioè membri della famiglia o del villaggio. Questa funzione era visibile nelle società femminili che, secondo Elsie C. Parsons erano geneticamente società guerriere. Frate Atanasio Dominguez narrò nel 1776 che le donne salutavano con canti e mimiche di battaglia l’arrivo degli uomini che portavano gli scalpi freschi appesi alle pertiche e, una volta che la processione era entrata nel villaggio, “le donne toccavano i propri genitali con gli scalpi in modo indecente”. Un altro testimone dichiarò che esse si denudavano il sesso e, dichiarando che gli scalpi erano i loro mariti, mimavano la copula, per togliere il potere ai nemici. Una volta espropriati del loro potere tramite l’atto sessuale, gli scalpi diventavano un’incombenza delle donne, che li nutrivano con farina di mais. Il rapporto con la preda animale mostra il legame di identità concettuale che esiste tra la copulazione e l’alimentazione, dato che le donne incorporavano l’animale nel villaggio e ne addomesticavano la natura, mimando la copula, usando un linguaggio licenzioso e infine “nutrendolo”. Questo rituale era eseguito soprattutto per prede “nobili” come il cervo; ad Acoma il cacciatore cominciava a macellare il cervo aprendone il ventre, poi tagliava il pene o la vulva dell’animale e li deponeva nello stomaco. Questa unione di genitali e stomaco rafforzava la stretta associazione tra sesso e cibo.
Il rafforzamento del rapporto che esisteva tra fertilità agricola e fertilità umana era uno degli scopi delle società femminili Pueblo. Dato che le società Hopi sono state meglio descritte, parleremo delle società Marau, Lakon e Oaqol, a cui venivano iniziate le ragazze Hopi in base al clan con la comparsa delle mestruazioni. La società Marau sembra aver fornito il modello delle altre due e, in base al mito fondatore, fu creata dal Sole che incontrò e sedusse una donna del mondo sotterraneo, da cui ebbe molti figli. Il Sole insegnò ai figli maschi le cerimonie segrete della società Wuwutcim e alle femmine quelle della società Marau, che significa “decorazione delle gambe” e appartiene al clan Sabbia, custode del suolo Hopi. Sull’altare figure in legno celebrano l’amore e le qualità riproduttive femminili, mentre le strisce verticali lungo le gambe che danno il nome alla cerimonia simboleggiano l’inizio del periodo mestruale e richiamano l’attenzione maschile sull’attraenza delle ragazze e, ovviamente, sull’inizio del loro periodo fertile. La società Marau ha due cerimonie, in gennaio e in settembre. Quella di gennaio celebra la fertilità femminile ed è composta da un periodo preparatorio di 4 giorni, in cui si preparano bastoni di preghiera, si canta e si fuma. Il quinto giorno le iniziate sono introdotte nella società tramite il lavaggio dei capelli poi, nei due giorni successivi le donne danzano all’aperto. Anticamente danzavano nude in cerchio, con la schiena rivolta alla folla, accarezzando un fallo di ceramica e cantando canzoni licenziose sulle nuvole, che rappresentano la pioggia e lo sperma e il fulmine, che simboleggia il pene, chinandosi ripetutamente in avanti per mostrare agli uomini i genitali. La danza finiva con un coito rituale, simbolo dell’armonia cosmica. La cerimonia di settembre era identica, tranne che per il rituale in cui si confrontavano le donne Marau e due impersonatori degli Dei Gemelli della Guerra. Mentre le donne danzavano tenendo in mano degli steli di mais che portavano delle pannocchie, i Gemelli tiravano delle frecce contro un fagotto di prodotti agricoli che rappresentavano la capacità riproduttiva femminile della terra. Le frecce erano il simbolo del lampo-pene e i colpi erano il simbolo della germinazione-copula. Le danzatrici Marau poi nutrivano i Gemelli con farina di mais, che quando era scambiato simboleggiava la pace e affiliava gli estranei. Perciò al termine della danza le donne deponevano le frecce nel santuario dei Gemelli della Guerra, esplicitando così il nesso tra sangue sparso, fertilità e vita, di cui esse erano mediatrici. Attualmente il coito rituale è stato sostituito dal lancio di canestri (Oaqol e Lakon), dove il canestro rappresenta il ventre materno e l’abbondanza, oppure dal lancio di cibo (Marau), sottolineando ancora una volta l’equivalenza tra cibo e sesso. Il significato delle cerimonie delle società femminili Lakon, Marau e Oaqol è espresso perfettamente, secondo Frank Waters, dal rilievo scolpito su una grande roccia nel deserto vicino a Oraibi: vi è rappresentata una Fanciulla Marau con la sua tipica acconciatura e i particolari segni verticali sulle gambe aperte, che lasciano vedere un’enorme vulva esposta, pronta per la copula e la fertilizzazione. Queste tre cerimonie concludono l’anno rituale Hopi. Quando arrivò Gesù, però, tutto questo cambiò. (segue)
Riferimenti
R.A. Gutierrez, When Jesus Came, the Corn Mothers Went Away, Stanford 1991.
F. Waters, The Boook of the Hopi, New York 1963, pag. 291
R. White, The Middle Ground, Indians, Empires, and Republics in the Great Lakes Region, 1650-1815, Cambridge 1991 pag. 60-65.


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