Magazine Pari Opportunità
TEMA: L’autrice non condivide questa moda del femminismo radical chic alternative che sembra stia prendendo piede come reazione al bunga bunga e compagnia cantante.
SVOLGIMENTO:
Dunque. Ordine cronologico. Qualche giorno fa, navigando sull’amatodiato Faccialibro, mi capita sott’occhio sta roba: “Donne dicono NO. In questa settimana su Facebook: IO SONO!”. Letterale, copincollato. All’inizio non ci faccio caso. Poi, vedo spuntare come funghi, facce più o meno note sulla bacheca. Simone De Beauvoir che condivide i video degli Oasis, la Montessori e Lady D. che condividono i video di Ligabue, Frances Farmer che diventa fan di pagine dai titoli assurdi, Meryl Streep, JK Rowling, Jodie Foster e pure quella simpaticona della Fallaci. Uhm. No, aspetta. Le cose sono due:
A) Sono morta e sono finita in paradiso, nell’harem di Dyo. (Corollario: Meryl Streep, la Rowling, Jodie Foster e tutto il resto, sono morte e non se ne sono mai accorte, tipo Bruce Willis nel “Sesto Senso”)
B) E’ una nuova Facebook-Fashion, o qualcosa del genere.
Siccome il mio corpo è tangibile, respiro, e mi scappa pure la pipì, non sono morta. Credo. Ergo, la B è la soluzione più plausibile. Ricerche più approfondite, e incappo di nuovo nella “roba” di cui sopra. Sembra che la moda del momento sia usare come foto del profilo quella di una donna –secondo loro- storicamente importante, significativa, simbolica per “combattere” la mercificazione della donna ad opera della società dello spettacolo.
Quindi, fatemi capire, per combattere la mercificazione (Per altro volontaria) di determinate signore, ne mercifichiamo altre svuotandole di contenuto e trasformandole in mere bandierine per ragazzine pseudoalternative o per signore radical chic/impegnate di sinistra? Così siamo pari? Della serie, quelle stupide si sono mercificate da loro, quelle intelligenti le mercifichiamo noi? Le svendiamo? Siamo così INCAPACI di lottare da sole, da doverci servire di bandiere? Siamo diventate così vuote da doverci “appropriare” dell’identità di qualcun altro per sentirci orgogliose come donne?
Punto due. Analizziamo la questione “mercificazione”. La mercificazione è figlia della società dello spettacolo. E non è, come molti credono e sostengono, solo femminile. Un Fabrizio Frizzi, un Papi, e persino il vostro amatissimo Saviano, non sono meno mercificati dal sistema massmediatico rispetto a una Canalis a caso. Solo in modo diverso. Qualitativo, non quantitativo. Ergo, la mercificazione volontaria in analisi, è frutto della società dello spettacolo, non del maschilismo. E’ per fama, potere (E last but not least, soldi), che le varie signorine Ruby & compagnia cantante, senza dimenticarci le varie onorevoli, Carfagna in testa, si sono automercificate. Non sono vittime del maschilismo. Sono vittime della società dello spettacolo, dei grandi fratelli, di vallettopoli e dei miraggi di soldi facili. E non hanno alcuna differenza coi concorrenti (maschi) del Grande Fratello o con l’amorevole fratellino di Sarah Scazzi, quello che fa i calendari.
E l’indignazione, pertanto, dovrebbe essere di tutti, non solo femminile e pseudofemminista. Chiudo con una citazione, che leggevo qualche giorno fa, mi pare dai WM: “Tutte le lotte sono la stessa lotta”. Perciò smettiamola di fare i gruppetti “Le femmine indignate” “I maschi indignati” tipo adolescenti. Dovremmo essere INDIVIDUI indignati.
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