Su “Avvenire” sono recentemente apparsi alcuni stralci del contributo di Evandro Agazzi, prestigioso filosofo della scienza e già docente all’Università di Genova ad un recente convegno promosso dall’Associazione medici cattolici della diocesi ambrosiana. L’intervento è inserito, assieme a quelli di altri relatori (card. Gianfranco Ravasi, il biologo Giorgio Manzi ecc.), nel volume “L’evoluzione biologica. Dialogo tra scienza, filosofia e teologia“ (San Paolo 2011).
Agazzi è intervenuto dicendo che «la contrapposizione di scienza e religione è un fenomeno recente (se misurato con il metro della storia). Esso è l’arma di cui si serve oggi di preferenza una posizione ideologica che, questa sì, esiste in certo senso da sempre dentro tutte le culture, ossia la concezione antireligiosa del mondo e della vita. Si tratta in sostanza di una fede atea che cerca di convincere la gente che la scienza contraddice la religione e che questa cerca di contrastare il progresso scientifico». Secondo il filosofo della scienza fu il positivismo ottocentesco -«movimento di scarso spessore filosofico»- a preparare il terreno. Esso «si presentò come paladino della scienza contro le remore oscurantiste delle religioni e delle filosofie “metafisiche”». Ma in realtà -continua Agazzi- il positivismo era “il parassita” della scienza.
Oggi non è molto diverso: «I sostenitori dell’incompatibilità fra scienza e religione si riducono a far leva su due esempi storici, il processo di Galileo e l’evoluzionismo. Nel primo si assistette per davvero ad un intervento censorio dell’autorità ecclesiastica nei confronti di una teoria scientifica. Si trattò comunque di un episodio isolato. Nel caso dell’evoluzionismo non ci fu mai una contrapposizione intrinseca con la religione, poiché sin dagli inizi ci furono fautori e oppositori delle teorie dell’evoluzione tanto religiosi quanto atei. Invece parecchi intellettuali antireligiosi, diedero un’interpretazione in senso ateomaterialista che pretesero di far passare per una conseguenza logica delle conoscenze scientifiche, anche se in realtà non lo è».
Il filosofo affronta poi proprio l’ingarbugliata questione dell’evoluzione: «Proprio il fatto che spesso la teoria darwiniana dell’evoluzione viene presentata come confutazione scientifica della religione, in quanto ha confutato il “creazionismo”, ha prodotto una reazione di segno opposto (non meno scorretta). Infatti alcuni gruppi di credenti, impegnati a difendere la tesi della creazione divina del mondo, ritennero di doverlo fare attaccando l’evoluzionismo». E negli Stati Uniti è emersa una vera propria guerra tra avvocati. Il problema del “creazionismo scientifico” è quello di «estrapolare in campo scientifico un concetto teologico, facendogli svolgere un ruolo non corrispondente alle sue caratteristiche definitorie e quindi, alla fine, scientificamente improprio (in sostanza perché introduceva cause soprannaturali nel discorso scientifico)». La critica passa poi verso il Disegno Intelligente: «Proprio di fronte alle inadeguatezze emerse nell’esecuzione del loro progetto, i difensori del creazionismo scientifico vollero mitigarne il riferimento esplicitamente religioso e lo vennero sostituendo con la dottrina del “disegno intelligente”. Questa conserva le caratteristiche di una concezione metafisica, e in essa è altresì chiara l’intenzione di giustificare il riferimento a Dio come autore di tale “disegno”, pur senza alcun riferimento esplicito a una concreta religione. Essa è stata altresì formulata utilizzando un corredo non banale di concettualizzazioni, argomentazioni teoriche e riferimenti empirici conformi allo stile della ricerca scientifica che si compie in biologia; tuttavia non ha incontrato sinora il credito della maggior parte della comunità scientifica dei biologi».
Evandro Agazzi però non intende «esprimere un giudizio sulla validità scientifica di questa dottrina». Certo, non ha credenziali scientifiche serie ma questo non intacca «la legittimità di parlare di un disegno intelligente a livello di interpretazione filosofica del mondo naturale e neppure la legittimità di operare un “conferimento di senso” di natura religiosa a questo disegno». Bisognerebbe, secondo il filosofo, capire se il rigetto della dottrina del “disegno intelligente” sia fondato su una critica tecnica o parta da un «rifiuto aprioristico della categoria di finalità che fa catalogare automaticamente come “scientificamente errato” o semplicemente “non scientifico” ogni discorso in cui traspaia la categoria di finalità». Sarebbe più ragionevole, conclude Agazzi, «l’accettazione del concetto di disegno intelligente utilizzato sul terreno filosofico e teologico, senza lasciarlo debordare sul terreno scientifico. Il che, d’altro canto, non esclude che anche in campo scientifico si possa tentare di darne una precisazione accurata e scevra da riferimenti espliciti ad interpretazioni filosofiche o ad immagini antropomorfiche, come è stato fatto nella scienza per tanti concetti, e potrebbero derivarne allargamenti fecondi di prospettive teoriche e linee di ricerca fuori da ogni ibrida mescolanza di scienza, filosofia e fede, le quali possono reciprocamente arricchirsi nella misura in cui siano chiare le loro specifiche differenze non meno che i possibili punti d’incontro».