Tra i governanti europei, il peggiore in campo resta il nostro capo del “governo tecnico”, così incapace da non “vedere” nemmeno il pericolo sociale che la sua disastrosa politica di rigore ha creato e sta creando.
La più angosciante delle ipotesi è che la storia gli assegnerà un ruolo simile a quello di Heinrich Brüning, cancelliere tedesco nel 1930-1932, l’uomo del “rigore ad ogni costo” che esasperò i tedeschi, spianando così la strada all’ascesa di Hitler.
Anche lui era parte di un consenso prevalente nell’establishment, stoltamente convinto che non vi fosse alternativa all’austerità.
Il Financial Times fa notare come Monti, da perfetto dilettante che s’arrangia, ha sottovalutato gli effetti dei tagli, peggiorando così gravemente la situazione italiana.
Mario Monti, chi? Ah sì, il fenomeno: quello che ha praticato il rigore dell’austerity senza minimamente calcolarne gli effetti. Economia italiana ko, aziende nel panico, lavoratori a spasso, risparmi intaccati, sicurezza sociale terremotata, futuro scomparso dai radar. Giudizio impietoso, quello del “Financial Times” affidato all’editorialista Wolfgang Munchau: il tecnocrate Monti è un incapace, assolutamente inadatto a guidare un paese come l’Italia senza devastarlo. «Monti aveva sostenuto che la sua “salita” in campo serviva a togliere l’Italia dalle mani degli incapaci – osserva il “Keynes Blog” in un intervento ripreso da “Megachip” – ma il “Financial Times” la pensa in modo diametralmente opposto: Monti ha sottovalutato gli effetti dei tagli, peggiorando gravemente la situazione italiana. L’unica crisi che si è affievolita è quella finanziaria: ma il merito non è suo, bensì di Draghi.
Dopo un decennio di crescita “debole”, vicina allo zero, ora l’economia italiana è precipitata in una recessione gravissima, con il “credit crunch” che peggiora, la disoccupazione che dilaga, la produzione che cala e la fiducia delle imprese ai minimi. Per Munchau, l’Italia si trova di fronte tre possibilità. La prima: rimanere nell’Eurozona, facendosi carico (da sola) dell’intero “aggiustamento”, cioè la riduzione del debito mediante le tasse e l’ulteriore abbattimento del costo del lavoro. La seconda: restare nella zona euro, ma solo a patto di rinegoziarne le condizioni coi paesi “creditori”, come la Germania. Terza ipotesi: abbandonare finalmente il supplizio dell’euro. «I governi italiani, uno dopo l’altro, hanno praticato una quarta opzione», scrive Munchau: «Rimanere nell’euro, concentrarsi solo sul risanamento dei conti pubblici a breve termine e attendere».
Per l’editorialista del “Financial Times” la scelta migliore sarebbe la seconda, cioè la contrattazione sulle condizioni nell’Eurozona, ma Mario Monti «non ha opposto resistenza ad Angela Merkel». Ci sta provando Mariano Rajoy, il primo ministro spagnolo, «che ha richiesto un aggiustamento simmetrico», ma ormai anche per la Spagna è tardi, perché «la Germania sta già pianificando il suo bilancio di austerità per il 2014 e tutte le decisioni politiche sono già prese». Quindi «la seconda opzione non c’è più, sta svanendo lentamente». E niente lascia pensare che le elezioni italiane potranno riaprire la partita: Berlusconi è in rimonta ma si limita agli slogan, senza un piano preciso per affrontare l’Europa, mentre il Pd è appiattito sulla politica di rigore – senza soluzioni alternative – e i sondaggi lasciano presagire un sostanziale “pareggio”, tra Camera e Senato, che potrebbe costringere il prossimo governo alla paralisi dei veti incrociati, senza il potere di affrontare una politica di sostegno per l’agonizzante economia italiana.
«Da primo ministro – scrive Munchau – Mr. Monti ha promesso riforme e ha finito per aumentare le tasse». Le riforme strutturali neoliberiste imposte all’Italia? Comunque «modeste, di scarso significato macroeconomico». In altre parole: massima sofferenza imposta alla società italiana, e zero risultati. Il professor Monti è da bocciare, senza appello, anche perché ha truccato le carte: «Partito come leader di un governo tecnico, si è poi mostrato essere un duro operatore politico», sostiene il “Financial Times”. «La sua narrazione è che ha salvato l’Italia dal baratro, o piuttosto da Silvio Berlusconi, il suo predecessore». Se il calo dei rendimenti dei titoli ha giocato un ruolo in questa “narrativa”, «la maggior parte degli italiani sa che deve questo a un altro Mario – Draghi, il presidente della Banca Centrale Europea».
A sinistra, intanto, è notte fonda: Bersani «ha sostenuto l’austerità», anche se «di recente ha cercato di prenderne le distanze», dopo esser stato anche «esitante sulle riforme strutturali». L’unico tema economico della campagna elettorale del Pd? La lotta contro l’evasione fiscale e il riciclaggio di denaro. Fuori discussione, per Bersani, la permanenza dell’Italia nell’Eurozona: «Vi è una minima probabilità che abbia più successo nel battersi con la Merkel perché è in una posizione migliore per collaborare con François Hollande, il presidente francese e collega socialista», ma si tratta appunto di una posizione debole, senza un piano organico per affrontare la crisi. Idem Berlusconi: «Ha consegnato un messaggio anti-austerità che ha fatto vibrare le corde di un elettorato disilluso», ma senza offrire una chiara via d’uscita, anche se «continua anche a criticare la Germania per la sua riluttanza ad accettare un eurobond e a consentire alla Bce di acquistare incondizionatamente obbligazioni italiane».
Berlusconi dunque è per l’opzione-due? Rinegoziare l’euro-debito oppure uscire? No, non c’è da fidarsi: «Conosciamo Berlusconi fin troppo bene. E’ stato primo ministro abbastanza tempo per aver avuto la possibilità di fare simili proposte in precedenza. Per diventare credibile, dovrebbe presentare una strategia chiara che tracci le scelte in dettaglio. Sinora tutto quel che abbiamo sono solo slogan televisivi». Sicché, visti i sondaggi, «il risultato più probabile delle elezioni è la paralisi, forse sotto forma di una coalizione di centrosinistra Bersani-Monti, possibilmente con una maggioranza di centrodestra nel senato, dove si applicano regole di voto diverse. Questo renderebbe tutti, più o meno, responsabili. Nessuno avrebbe il potere di attuare una politica, ma ognuno avrebbe il diritto di porre il veto».
Se così fosse, continua il “Financial Times”, l’Italia continuerebbe a “tirare avanti”, «fingendo di aver scelto di rimanere nell’euro» ma «senza creare le condizioni per rendere l’adesione sostenibile». Nel frattempo, c’è da aspettarsi che cresca un consenso politico anti-europeo: il futuro “partito No-Euro” potrebbe vincere le elezioni successive o comunque provocare una radicale crisi politica, dice Munchau, secondo cui il peggiore in campo resta il capo del “governo tecnico”, così incapace da non “vedere” nemmeno il pericolo sociale che la sua disastrosa politica di rigore sta creando. «Quanto al signor Monti – chiosa Munchau – la mia migliore ipotesi è che la storia gli assegnerà un ruolo simile a quello di Heinrich Brüning, cancelliere tedesco nel 1930-1932», l’uomo del “rigore ad ogni costo” che esasperò i tedeschi, spianando così la strada all’ascesa di Hitler. «Anche lui era parte di un consenso prevalente nell’establishment», stolidamente convinto «che non vi fosse alternativa all’austerità».
Fonte: http://www.libreidee.org/2013/01/financial-times-monti-il-peggiore-sa-solo-sfasciare-litalia/
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