Sì, ci sono arrivata in ritardo. Ma finalmente son riuscita a vedere il film Anna Karenina diretto da Joe Wright.
Da dove potrei iniziare?
Per me è molto difficile essere critica con qualsiasi cosa venga tratta da questo romanzo. Forse perché l’ho amato troppo, forse perché datemi un classico russo e vi sarò grata per tutta la vita.
Sta di fatto che gli adattamenti cinematografici li ho visti tutti e mancava al mio appello proprio questo.
Che non mi ha deluso.
Sicuramente la scelta stilistica del regista è originale e “particolare”.
Centro della narrazione non sono i personaggi, e alla fin fine neanche le loro storie, ma un palco. Un vero palco teatrale, con tanto di sipario e scenografia immobile che mescola valzer, prati e rappresentazioni teatrali con la realtà. In alcuni momenti l’impressione è che si stia assistendo a uno spettacolo di marionette, manovrate dal regista e dalle musiche di Dario Marianelli (a proposito, Marianelli non sbaglia un colpo, insieme a Wright).
Poi vieni trasportato nella realtà, con i treni, i prati assolati, la neve e i rumori.
Sì, i rumori. Quando la musica tace, si sentono i passi, i fruscii delle gonne, i cappotti, lo schioccare delle dita.
I dialoghi sono quasi essenziali, ridotti a quel minimo indispensabile a non perdere il filo. Ne esce fuori una narrazione frammentata, molto dilatata nel tempo e una maggiore attenzione ai colori, ai costumi, alle espressioni del viso.
La Knightley, amore di Wright (nelle mie idee è così, quindi non accetto obiezioni), è un po’ “immatura” per il ruolo di Anna. Le manca quella sofferenza, quel tormento del volto che, per esempio, Sophie Marceau incarnava alla perfezione. Tuttavia, ha un crescendo e un miglioramento man mano che si avvicina alla fine.
Jude Law, come Karenin (non come Vronskji, e a me questa cosa ha un po’ destabilizzato), di contro è più “calato” nel personaggio, più attento alle sfumature.
Domhnall Gleeson invece è quasi perfetto come Levin, seppur giovane, e la Vikander è una Kitty insipida e fredda come nel romanzo. La loro scena del “gioco” per riuscire a comunicare durante un ricevimento, però, è quella migliore, quella da cui vien fuori con forza il sentimento del romanzo di Tolstoj.
Quasi paradossalmente, mentre il romanzo si concentra su un personaggio per volta, il film diventa quasi corale, in cui tutti interagiscono nello stesso momento, ma su un palco in cui per forza di cose devono avvicendarsi.
Insomma, per me ne è valsa la pena, anche dopo mesi.
Tre stelline e via il pensiero.
Solo una cosa: cosa accidenti c’entra Cara DeLivigne in Anna Karenina? Joe, potevamo risparmiarcela??
Un’ultima cosa: un bacio, il bacio tra Anna e Vronskji per me vince. Il bacio che più comunica quanto Anna Karenina non sia un romanzo d’amore, né romantico. Il romanzo di Tolstoj è un romanzo di denuncia, politico, narrante una storia di un paese al declino, e sullo sfondo, quasi per caso c’è l’amore. O per meglio dire, la lussuria.