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Il funambolo e lo Zen

Da Observingthenet

Il funambolo e lo Zen

Riporto uno scambio di mail tra me e un mio caro amico avvenuto mentre ero in spiaggia a gustarmi il primo giorno di mare della stagione. Questa conversazione è ancora più attuale dopo aver ascoltato ieri un illustre professore della Bocconi:

Luk:

Ciao sono in spiaggia ma anche qui sono connesso non solo in senso tecnologico

:-)

Stavo riflettendo sul tema del rapido mutamento della società in chiave Zen, e in particolare estremizzando gli impatti derivanti dall’applicazione di un modello “on line” al sistema manageriale, in altre parole al senso profondo di essere “always on” per un manager.

Quando le organizzazioni operano all’interno di contesti economici, di business e di mercato che non sono stabili, non risulta di nessun aiuto cercare di apprendere attraverso la logica del modello, poiché i termini del problema cambiano più rapidamente di quanto sia possibile prevedere in anticipo.

Oggi il margine tra riflessione, decisione e azione è sempre meno ampio, anzi spesso l’azione è contemporanea alla decisione: si decide in tempo reale con l’azione.

Pertanto è solo compiendo azioni che si può capire qualcosa del mercato, dei clienti, dei concorrenti.

Viene meno la vecchia logica della pianificazione.

Un saggio indiano sosteneva che un funambolo per camminare su una corda non può camminare dritto, se cammina dritto sicuramente cade. Deve andare ora a destra ora a sinistra. Questo continuo spostamento gli permette di andare dritto.

A questo punto cosa ce ne faremo della pianificazione e del budget come strumenti che ci insegnano a priori a scegliere tra alternative che proiettate nel futuro verranno considerate mete?

Forse l’approccio è di considerare il momento presente per coglierne il potenziale d’azione immergendoci pienamente nel “qui e ora” mantenendo e mai interrompendo la precisa consapevolezza di quello che ci circonda, lasciandoci la possibilità di cogliere il potenziale d’azione e scoprire che la naturale evoluzione degli eventi ci ha permesso un altro agire.

Risposta:

Luk, concettualmente ineccepibile.

Tuttavia è più una categoria del “politico”, come peraltro la storia ci insegna, che del mondo economico.

Non si può prescindere dal momento dell’analisi per la comprensione, e per prendere buone decisioni d’indirizzo.

E proprio tu, come puoi pensare di rottamare il budget?

La storia dell’alpinismo ad esempio ci insegna che vette altissime si raggiungono solo con una perfetta preparazione e pianificazione.

Da sempre chi fallisce le grandi ascese si ascrive errori “tecnici” e cattiva pianificazione, quasi mai circostanze esterne sopravvenute.

Ma anche per andare domattina in un rifugio alpino di media difficoltà devo sempre decidere cosa mettere nello zaino, come prepararmi agli imprevisti e come bilanciare l’essenziale (sto leggero e faccio meno fatica), con il “troppo” (per non farmi mancare nulla di ciò che mi potrebbe servire è mancanza di senso pratico, m’affosso prima ancora di partire…..).

Tutto questo per dirti che l’hic et nunc mi lascia perplesso: mentre è una condizione ideale degli stati emotivi, viceversa non asseconda bene la capacità di indirizzo di cui tutti abbiamo bisogno prima di intraprendere un cammino o un’opera. Ma dobbiamo anche intenderci sui termini: l’uso pseudo-harvardiano che si è fatto negli ultimi 50 anni dello strumentario sotteso alla cultura manageriale della pianificazione e del budget è assolutamente orribile, poco calzante alle circostanze e quando ben utilizzato (raramente), spersonalizzante per gli individui che compongono le organizzazioni aziendali. Per non dire che quando poi è dolosamente “malinteso”, è addirittura fuorviante, come la grande crisi finanziaria di questi anni ci ha insegnato.

So che il mio approccio è poco “zen”…. Del resto il saggio indiano introduce il concetto di flessibilità e adattamento alle circostanze, ma non rinuncia alla fissazione dell’obiettivo è camminare sulla corda per attraversarne certamente un pezzo predefinito…..

Ma solo osservando la luna posso alzare lo sguardo e provare a elevarmi oltre il dito che la indica.

Replica:

Ammetto che mi diverte punzecchiarti sulla tua “presunta” avversione ai principi orientali. Da buon occidentale dai valore ai comportamenti, mentre in oriente si da più valore alla consapevolezza. Poi quando sei in presenza di una contraddizione manifesti disagio e ti affretti a risolverla perché la tua logica non accetta il paradosso.

Il mio stimolo è rivolto a cercare, sia in fase di definizione della strategia sia nei conseguenti momenti di pianificazione, una strada che porti dritto a coniugare consapevolezza, intuito, ragione ed emozione per sviluppare la propria e altrui crescita personale e contribuire ad espandere i confini organizzativi verso nuovi orizzonti di business e di mercato.

Anche se quanto ho scritto sembra una contraddizione, in termini aziendali la questione di fondo è che non abbiamo ancora risolto alcuni paradossi quali: la necessita di gestire il presente e progettare il futuro; il bisogno di conciliare da un lato la coerenza e la focalizzazione nei comportamenti delle persone e dall’altro lo sviluppo autonomo di pensieri e azioni originali; il contrasto oppositivo tra razionalità ed emozioni.

Il problema di fondo è che le aziende hanno difficoltà a rendere le differenze individuali la leva vincente di gruppi interdisciplinari, perché invece di apprezzare il valore dell’unicità di ogni persona, hanno paura che ciò impedisca un’unione del Team.

Allora ecco che la pianificazione ed il budget entrano in gioco per dire cosa bisogna fare evitando accuratamente ogni aspetto emotivo ed individuale puntando su asettici modelli di comportamento e sistemi di valutazione.

Quando parliamo di “collective empowerment” come ha scritto Gartner, parliamo del potenziale che ogni singolo individuo con la sua unicità può concretamente contribuire al bene comune.

Una leadership basata sul qui e ora si basa invece sul concetto di restare focalizzati nel distinguere ogni unicità di prestazione come un contributo fondamentale per un’armonica applicazione della strategia aziendale.

Einstein diceva “non penso mai al futuro, arriva molto in fretta”.

Un leader illuminato è colui che coglie immediatamente le sinergie che si sviluppano tra vissuto, percepito e richieste organizzative.

Quindi forse la soluzione in un epoca complessa, mutevole ed incerta (le montagne fortunatamente sono ferme! Pensa se nel bel mezzo di una scalata la vetta si sposta di chilometri) ci si deve basare su un sistema di pianificazione a scenari alternativi considerandone tutte le probabili implicazioni. In altre parole saranno vincenti le aziende che sapranno prepararsi sviluppando parecchi actions plan strategici diversificati (offensivi e difensivi) non solo uno e non solo di un tipo. In questo modo appena il futuro si svela, con rapidità è possibile buttarsi sull’opzione più coerente tra quelle precedentemente individuate.

Ecco che il valore di un leader è mantenere una forte consapevolezza nel presente al fine di cogliere ogni segno anche debole di mutamento.


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