Mi domando: se avessi l’opportunità di conoscere il mio futuro prossimo, poniamo fra due o tre anni, vorrei davvero sapere cosa ne sarà di tutti noi? Se, per ipotesi, fosse oscuro e pieno di difficoltà, come potrei vivere il presente?
E se, sempre per ipotesi, avessi la possibilità di modificare il passato, lo farei?
Domande inutili, questo lo so, ma è un gioco che ho sempre fatto fin da bambino. A sette, otto anni il mio orizzonte si accontentava di immaginare come sarei stato a quattordici; alle scuole medie immaginavo quando avrei potuto finalmente scoprire l’universo femminile e come sarebbe stato, visto che l’immaginazione può arrivare fino a un certo punto, ma diventa quasi impossibile pensare come potrebbero essere cose di cui non si è mai avuta esperienza. Poi, durante il liceo, la curiosità era rivolta alla mia vita da giovane uomo. Mi sarei mai sposato? Avrei avuto dei figli? Un lavoro appagante o semplicemente un lavoro? In questo campo non osavo spingermi oltre un impiego come impiegato, otto ore al giorno per cinque giorni la settimana, invece la realtà ha superato le aspettative, con un lavoro instabile, difficoltoso, con anni e anni di gavetta, ma creativo oltre ogni aspettativa. Da adulto, la precognizione si sforzava di misurare la vita in termini di longevità, dato che il duemila mi sembrava così lontano e io, che avrei avuto trentotto anni, così insopportabilmente vecchio. Infinite volte ho rimuginato su quel “Nel mezzo del cammin di nostra vita”, che tanto mi aveva martoriato durante la scuola, e cercavo di trovare un valore numerico a quella ipotetica metà. Trent’anni? Quaranta? Ormai il mezzo del cammin è indubbiamente superato da tempo, quanto non so immaginare. Tutto questo però mi ha insegnato che la vita è indicibilmente più sorprendente rispetto alla più fervida immaginazione, nel bene e, putroppo, anche nel male.
Ecco perché non sono affatto certo di volerne sapere più di quanto ne so oggi. Il futuro potrebbe riservare ancora innumerevoli gioie, soddisfazioni e imprevedibili successi, ma molto facilmente, altrettante sorprese quanto mai sgradite o drammatiche. Non ho mai amato guardare un film o leggere un libro sapendo già come andrà a finire, perché, il più delle volte, è il mistero stesso a rendere così appassionanti le cose. Che gusto ci sarebbe nel sapere come si concluderà una storia che non ha nessuna possibilità di essere modificata? Karma? Destino? Non credo a nessuno dei due, come trovo ridicole domande del tipo: “Cosa farebbe se sapesse di avere solo dodici ore di vita?”. Probabilmente mi sparerei.