La nostra indagine coinvolgerà anche voi lettori (presto vi daremo dettagli sulla modalità), inoltre vi invitiamo a commentare e partecipare attivamente alla nostra riflessione.
È dunque con grande piacere che vi proponiamo l’ intervista a Mirko Oliveri, fondatore di Verticalismi.it, portale tra i principali punti di riferimento del webcomic italiano.
Mirko Oliveri in compagnia di un lupo
Mirko Oliveri nasce a Catania nel 1986. Studia Giurisprudenza. Cura incontri ed eventi legati al fumetto dal 2007. Nel 2009 fonda Verticalismi.it. Ha rappresentato Altan Moor al Napoli Comicon 2013, per la sua candidatura al Premio Micheluzzi.
Quest’anno sulla torta di compleanno di Verticalismi ci saranno quattro candeline, cosa è cambiato nel mondo dei webcomics in questi anni?
Quattro anni per il web e la tecnologia domestica sono davvero tanti, nel 2010 quando è apparso per la prima volta Verticalismi.it sulla rete era tutto molto diverso. Facebook era molto poco diffuso in Italia, il web per il fumetto italiano era inteso come un agglomerato di blog, e ogni autore, editore e critico “parlava” dalla cattedra del desk editor della piattaforma di blogging scelta per il proprio blog. All’epoca i miei abbonamenti ai feed reader erano chilometrici. Il fumetto digitale era seminale, esistevano solo Coreingrapho e Shockdom, sotto un profilo editoriale nessuno digitalizzava il proprio catalogo e questa strada sembrava fantascienza. Sono passati solo quattro anni. Il web è stato monopolizzato dai social network, i cataloghi digitalizzati dei maggiori editori tradizionali sono presenti nell’offerta degli e-commerce dei colossi della distribuzione cartacea e virtuale. Gli autori di ultimissima generazione sono eroi del web come Zerocalcare. Il premio per la migliore autoproduzione all’ultima edizione di Lucca Comics è stato assegnato ai Mammaiuto per la traduzione cartacea dei propri webcomics. Il catalizzatore di questo cambiamento è stato Facebook, il pubblico dei non lettori ha scoperto tra una ricetta e un Meme che i fumetti digitali sono bellissimi, quello che ha fatto Mirka Andolfo con SacroProfano è esemplare, ha pienamente riconosciuto il pubblico dei social e ha creato un fumetto per loro facendolo promuovere dai propri lettori carichi di entusiasmo per una lettura cosi divertente. Facebook ha sovvertito le logiche, nel bene e nel male ha cambiato il modo di consumare internet. Anche adesso molto probabilmente il lettore di questa intervista sta leggendo queste parole dallo schermo di uno smart-phone dopo aver seguito un link da Facebook.
In quale età si trova il webcomicdom italiano? Infanzia, adolescenza o età adulta?
Il fumetto digitale italiano sta vivendo la sua Infanzia, il meglio deve ancora venire, per autori ed editori in Italia è oggi troppo forte il richiamo della carta, i fumetti digitali troppo spesso sono opere che non sfruttano pienamente le possibilità di questo mezzo per restare compatibili con una eventuale edizione cartacea. Io credo che la musica debba essere un esempio per il mondo del fumetto. Il formato mp3 ha cambiato profondamente le etichette discografiche, ha rivoluzionato del tutto il modo di praticare l’industria musicale nel mondo. Noi “dei fumetti” siamo chiamati a individuare gli elementi identificativi del media fumetto e conservare solo questi elementi adattandoli agli schermi dei nostri computer, tablet e telefoni. Questi elementi a mio avviso sono l’immagine, il testo in forma diretta articolato in balloon e didascalie, infine ma non meno importante lo spazio bianco. È facile rendersi conto che conservando questi tre aspetti gli autori sono chiamati a sperimentare su un terreno pressoché vergine le innovazioni profonde che il fumetto ha dentro e che vanno solo scatenate. Questa forza espansiva di possibilità comunicativa è intrinseca nel fumetto stesso, non fosse cosi non saremmo arrivati a Promethea partendo da Yellow Kid. E se continuate a non credermi pensate alle mutazioni del fumetto da striscia syndacale ai volumoni da libreria.
Cosa manca, in concreto, al fumetto digitale italiano per maturare, quali strade percorrere?
Non so cosa manca, ti dirò cosa serve per colmare questo vuoto. Bisogna avere fiducia del fumetto, dobbiamo ricordare perché lo amiamo e condividerlo senza gelosie per il pubblico di varia. Dobbiamo accelerare la ricerca sperimentale, artistica ed economica su questa possibilità. Cosa fare in pratica cambia dalla propria occupazione. Agli artisti imploro di avere voglia di scoprire questo media, di giocare con questa enorme potenza inespressa che è il webcomic, di farlo emancipandosi dalla carta anche perché (in termini materiali) se il vostro fumetto avrà successo come innovativo fumetto web non mancheranno gli editori che vi proporranno di produrre una versione inedita per la stampa. Agli editori consiglio, se posso permettermi, di investire nel settore: capisco che è un’epoca atroce, che è difficile riuscire in attivo anche solo curando gli aspetti essenziali della propria azienda, ma forse un piccolo investimento oggi potrebbe rappresentare un grosso vantaggio domani. Ai lettori infine ricordo che sono l’anima di questo mondo che esiste perché esistono loro, e se apprezzano quello che i webcomics gli danno possono più generosamente promuovere i fumetti che leggono, anche con un semplice click su “condividi”.
La scelta di puntare sul formato verticale si è rivelata vincente: sulla base della mia esperienza personale, ritengo di poter affermare che la maggioranza dei webcomics (italiani e stranieri) abbiano adottato negli ultimi anni questo formato. Quali vantaggi dà tale formato e quanto è stato ad oggi sfruttato?
Il formato “verticalismo” è stato pensato per rendere appagante la lettura di un fumetto smaterializzato come quella di un fumetto stampato. Mi sono reso conto che i maggiori problemi legati ai fumetti digitali sono le sgradite interruzioni del flow della lettura dovute al caricamento della pagina successiva, o ancora peggio un meccanismo di zoom avanti e indietro per lo schermo con un effetto da convulsiva avanguardia cinematografica. Penso che dando al fumetto un limitato spazio orizzontale e uno possibilità irrefrenabile di sviluppo verticale il lettore detterà da solo i tempi della propria lettura (elemento indispensabile per rispettare lo spazio bianco di cui parlavo prima). Il verticalismo permette al lettore di interrompere la lettura solo per propria scelta e non per i limiti tecnici del mezzo. Credo che in questa ottica sia stato fatto molto poco, è vero che il formato verticalismo funziona benissimo anche con le tavole tradizionali, ma si può andare molto oltre i limiti della carta, e non parlo di snaturanti suoni o animazioni, due esempi di autori predisposti a questo cambio generazionale sono ad esempio quanto fatto da Cammello e da Alex Agni , ma ancora questo nuovo fumetto deve raccontare tutto, perché i mezzi espressivi del supporto permettono di raccontare tutto, anche la Bibbia.
Tratto da “Need Break” di Cammello
Quelli di sopra sono due ottimi esempi di fumetti che sfruttano il formato verticale. Nonostante ciò, come accennavi prima, sono ancora molti gli autori (e parlo di autori di tutto rispetto) che nella produzione dei loro webcomics hanno come punto di riferimento la tradizionale pagina cartacea. A tuo parere, si tratta di una scelta presa solo perché rende più facile una eventuale trasposizione in volume o è una scelta presa anche in virtù del pubblico, che magari è ancora troppo legato alla grammatica del fumetto cartaceo?
Credo che questa scelta per quanto riguarda i fumettisti professionisti sia dovuta al fatto di applicare (ed è lodevole) lo stesso metodo che usano per il lavoro editoriale alla produzione di webcomics. Del resto sono professionisti apprezzati per il loro rigore ed è giusto che rispettino i propri canoni professionali anche nei progetti non a diretto scopo di lucro. La rivoluzione deve partire dai giovani, non devono farsi prendere questa chance dai “grandi” ma devono avere il coraggio di studiare e poi dimostrarlo. Il nuovo fumetto sbalordirà tutti ma bisogna prendere il passato e manipolarlo, non va bene ossequiarlo con rigore accademico e neanche tralasciarlo. Riguardo il pubblico, nel passaggio tra carta e web e viceversa, rimane lo stesso solo in minima parte, io stesso cambio i miei acquisti a seconda dell’edicola in cui mi trovo a passare, perché sforzarsi di portare il pubblico della carta su web quando il web è pieno di potenziali lettori che non leggono fumetti stampati?
Con l’ultima risposta hai toccato una questione importante: la non coincidenza tra il pubblico del web e quello della carta. Oltre a una differenza quantitativa, ci sono tra i due altre differenze? Ad esempio nelle modalità di fruizione dei prodotti o nella disponibilità al pagamento del prodotto?
Sono due segmenti di mercato molto differenti. Proverò a tracciarne un superficiale profilo: il consumatore di fumetto cartaceo è un esperto, si dedica alla lettura che coltiva con molto godimento, acquista in base alla qualità di forma e contenuto, soffre di nostalgia e ha lo scopo di completare la collezione. Il segmento del consumatore web è quello di un soggetto disposto a spendere soldi per beni non collezionabili, ama divertirsi e intrattenersi, l’empatia lo fa stare bene, non vuole impelagarsi nel collezionismo, vuole solo divertimento. Sono due target che meritano entrambi di essere coltivati ma necessitano di prodotti differenti. Personalmente penso che se al target del pubblico “di varia” si propone un fumetto pensato per lui ma fatto bene secondo i canoni tradizionali del fumetto, conquisterà senza problemi anche la fiducia di molti lettori tradizionali. Ma ripeto, i numeri che compongono il secondo segmento sono cosi mastodontici da permettere da soli fatturati milionari.
“The Order of the Stick”, il webcomic di Rich Burlew è uno dei tanti che corrisponde al profilo sopra delineato. Nel febbraio 2012 fu oggetto di una campagna di raccolta fondi su Kickstarter per la produzione di un volume cartaceo, attraverso la quale l’autore raccolse oltre 1.250.000 $.
Il pubblico, dunque, predilige webcomic umoristici, cosa che tutti i dati sembrano confermare. Qualche tempo fa, tuttavia, in una intervista radiofonica mi venne chiesto un parere sui prossimi successi nell’ambito dei webcomics, io azzardai una scommessa sui webcomic non umoristici, ritenendo maturi i tempi per un loro primo successo. Ho secondo te qualche possibilità di vincere quella scommessa?
Ho ascoltato con molto interesse e apprezzato la tua intervista su Radio Siani, mi fai una domanda molto difficile, proverò a risponderti utilizzando il metodo di cui parlavo poco fa. L’evoluzione del fumetto è pronosticabile analizzando il mercato Italiano mediante la lente di altri tipi di industria dell’intrattenimento. Se prendiamo il cinema e teniamo a mente che Checco Zalone è l’attore protagonista delle pellicole più viste in assoluto nelle sale cinematografiche italiane in tutta la storia d’Italia (quindi i suoi film sono stati più visti de Il Padrino, più visti di Star Wars, per esempio), ho paura che per almeno il prossimo secolo l’intrattenimento italiano in tutte le sue forme resterà arroccato sulla commedia per famiglie. Spero di sbagliarmi, ma la mia impressione è questa. Il webcomic internazionale invece non è affetto dal limite della commedia (anche qui i generi sono limitati, ma il ventaglio di argomenti commercialmente forti è molto più ampio). Quindi ai web-fumettisti alla ricerca della pietra filosofale del fumetto digitale consiglio di determinare il genere narrativo del proprio fumetto in considerazione del pubblico di riferimento.
Presto o tardi, arriveremo a una industria dei webcomics indipendente, dunque, da quella del fumetto cartaceo e in grado di autosostenersi economicamente? Se sì, in che modo?
Quando i fatturati delle major dipenderanno dalla vendita di fumetti digitali piuttosto che di albi cartacei questa fase sarà conclusa, questo comporterà la scomparsa culturale dell’albo cartaceo ma anche la sua consacrazione a feticcio per collezionisti, che consistono in un altro mercato (molto più ridotto). Queste vicende commerciali che sto ipotizzando
“Batman ’66″ una serie DC Comics nata in digitale.
sono ispirate da ciò che è successo all’industria discografica. Oggi le major musicali fanno fatturati medianti canali di fidelizzazione di contenuti gratuiti dei propri artisti, questi canali si traducono in spazi pubblicitari, merchandising e concerti. La produzione e stampa di dischi vinili è segregata a un target di collezionisti. Le varie Opa (Online Product Approval, ndr) lanciate da Disney ai titolari dei diritti dell’immaginario collettivo contemporaneo sono un segno.
Verticalismi, ad esempio, ha deciso di mantenere gratuita la sua offerta. In futuro le cose cambieranno? Produrrete mai ad esempio dei volumi cartacei avvicinandovi al modello di casa editrice?
Il progetto Verticalismi è composto da due enti. Verticalismi.it che svolge l’attività di associazione senza scopo di lucro, è una piattaforma realizzata per promuovere il fumetto e sarà gratis per sempre. Il secondo è una startup, in questo progetto stiamo impiegando l’esperienza accumulata in questi anni di Verticalismi.it ma il progetto è differente e avrà un altro nome. In questa forma imprenditoriale abbiamo vinto lo Startup Weekend l’anno scorso a Catania e ottenuto l’incubazione presso Working Capital di Telecom Italia, abbiamo inoltre raggiunto la semifinale del Get The Ring, la coppa del mondo di impresa innovativa dell’Università di Rotterdam. Comunque le due realtà resteranno separate, Verticalismi.it è e resterà gratis per sempre. Riguardo i volumi cartacei per il momento non è questa la nostra prospettiva, anzi sproniamo gli autori a realizzare fumetti “non stampabili” in volume.
Come ti sembra il mondo dei webcomics fuori dall’Italia?
Per una volta sono fiero e orgoglioso di dire che l’Italia primeggia nel mondo circa la sperimentazione del fumetto digitale. Ad esempio leggendo i webcomics che hanno vinto negli ultimi anni l’Eisner Award per il fumetto digitale la mia impressione è che in Italia la conversazione artistica su questo mezzo sia molto più avanzata. Questo vantaggio è ribaltato invece nel profilo imprenditoriale, in Usa le case editrici già da qualche anno producono webcomics al solo scopo di promuovere i propri artisti e testate. Certo questo discorso è molto generalizzato. Ancora una volta Zerocalcare è un ottimo esempio: i suoi libri sono venduti in libreria (e in formato digitale), ma il suo pubblico se lo è sudato con un devoto lavoro di produzione di fumetti gratis consultabili dal suo blog personale. Le altre case editrici coglieranno questo nuovo tipo di promozione dei propri prodotti? Spero di si, anche Leo Ortolani ha intrapreso questo tipo di promozione, anche se in maniera meno frequente di Zerocalcare. Anche questa fase sarà conclusa nel momento in cui saranno gli editori a produrre i webcomics distribuiti gratuitamente come investimento promozionale. Volendo ricapitolare, secondo me, all’estero c’è maggiore predisposizione delle case editrici a investire moneta nel web-fumetto, in Italia gli artisti sono più avanti sulle potenzialità espressive del fumetto digitale ma mancano gli investimenti, che sono il motore primo immobile di ogni cosa.
Che ci sia una certa attenzione imprenditoriale all’estero è provato anche dal fatto che autori affermati come Mark Waid o David Lloyd hanno messo su le loro piattaforme, così come Brian K. Vaughan, Jeff Smith, Cameron Stewart, Victor Santos stanno esplorando il mezzo webcomic con storie create direttamente per il web. Se i webcomics erano in passato considerati una strada a senso unico utile per la promozione di esordienti e nuovi talenti, oggi sta diventando una strada a doppio senso di marcia?
I webcomics in passato erano esclusivamente un mezzo promozionale, oggi nelle mani di autori quotati sono prodotti commerciali, domani saranno la prima cosa che ci verrà in mente quando sentiremo la parola “fumetto”. Inoltre per i nomi che hai fatto, i webcomics hanno anche un’altra attrattiva: “l’effetto image”. Se un editore non è gravato da costi fissi, la carta, la stampa tipografica, la rilegatura e la distribuzione, è facile immaginare di quanto calino i capitali necessari per questo tipo di impresa, ecco perché Mark Waid o David Lloyd hanno intrapreso questa avventura, la possibilità di guadagnare di più e di pagare di più gli altri artisti coinvolti memori della loro esperienza personale. In futuro i fumetti saranno tutti digitali, e le edizioni cartacee saranno edizioni lussuose e costose piene di sorprese e action figures per collezionisti come succede oggi con i videogiochi.
Il logo della piattaforma capitanata da Mark Waid
Restando in tema di fumetti stranieri, a breve dovreste proporre la traduzione di Batman: The Deal, la fan story di Gerardo Preciado e Daniel Bayliss che ha fatto il giro del mondo. Pensi che la traduzione di webcomic sia un fenomeno destinato a crescere?
Sì ho personalmente tradotto The Deal ed è in fase di lettering. Anche in passato abbiamo tradotto fumetti stranieri, in particolare penso al russo Phobs di cui Alessia Palermiti ha curato la versione italiana delle sue opere per Verticalismi , oppure alla traduzione di Conflitti del serbo Stevan Subic , e oggi Stevan è un disegnatore della scuderia Bonelli per Adam Wild. I webcomics stanno crescendo e diventando realtà mondiale, proprio come l’editoria tradizionale. È un grande segnale il fatto che la Marvel stia vendendo i proprio fumetti digitali direttamente in italiano, probabilmente i maggiori editori diventeranno tutti curatori delle edizioni straniere dei propri titoli.
Come hai sottolineato sin dalla prima risposta, i social network hanno avuto un effetto dirompente per la diffusione dei webcomics. Una prima conseguenza è stato l’avvicinamento tra lettori e autori, il che ha permesso la nascita di schiere di fan, possibilità di feedback in tempo reale e così via. Sono stati fatti e sono in corso anche diversi esperimenti di avvicinamento tra lettori e processo creativo, ultimo in ordine cronologico Icon 1 e la squadra alpha promosso dall’Antro atomico del Dr. Manhattan. Pensi che sia un fenomeno destinato a crescere negli anni?
Credo moltissimo in questa potenzialità, pensa che Diego Cajelli ha conosciuto Valerio Nizi proprio per mezzo di un nostro esperimento che aveva lo scopo di far collaborare professionisti e aspiranti, oggi sono colleghi sulle pagine di Long Wei. Mi chiedi di Icon 1, stamani ho avuto il piacere di leggere il primo episodio, il livello qualitativo per una web serie è spaventoso, peccato per il formato retrò che non rende giustizia a lo spazio bianco di cui abbiamo già parlato, anzi ne approfitto per chiedere ufficialmente al Doc Manhattan che se intende dare spazio al suo fumetto su Verticalismi onde far godere gli antristi di una lettura scorrevole è inutile dire che è il benvenuto. Tornando alle collaborazioni, in ogni caso questo argomento va trattato con le pinze, bisogna distinguere le iniziative buone che permettono effettivamente una libera e autonoma autopromozione (ad esempio i 4Hoods di Recchioni) da progetti che mascherati dal vessillo del talent scout si concretizzano nell’assoldare mano d’opera di qualità a basso costo (cioè gratis). Come distinguere le iniziative buone da quelle cattive non è facile, ma l’autorevolezza del promotore è la prima cosa da verificare.
Per concludere, cosa diresti a un aspirante autore di fumetti che si sta chiedendo se scegliere o meno la strada dei webcomic?
Amico, fratello, artista, la via del successo è come quella dell’asceta, una vita di privazione e sacrifico, se senti che il fumetto è la tua strada mettici tutto te stesso, studia, fatica, regala il tuo lavoro ai tuoi lettori e creati un pubblico, questa è l’epoca in cui si fa come la Cina.
Si ringrazia Mirko Oliveri per la disponibilità.
Intervista condotta via mail, marzo 2014.
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