Magazine Diario personale

Il futuro della cultura

Da Rici86
Vorrei condividere con tutti voil'ultima parte dell'editoriale del numero di agosto 2011 di ArcheoNews, scritto da Mario Serra.
"E se l'archeologo vede il proprio futuro non proprio roseo è, per gran parte colpa sua.  È responsabile quando accetta gli incarichi a prezzi stracciati. È responsabile quando pensa al proprio orticello senza guardare agli ettari di terreno che lo circondano. È responsabile quando accetta gli incarichi gratuiti solo per compiacere questo o quel docente nella speranza che possa un giorno ricompensarlo equamente, forse, con un incarico. E meno male che di docenti così ne esistono pochi e circoscritti in altrettante pochissime Università. Tutte le professioni legate ai beni culturali sono atipiche dal punto di vista professionale ed economico. Ma soprattutto vivono una contraddizione di fondo: lavorare con il più grande patrimonio del mondo e non guadagnarci nulla o quasi per poi abbandonare entro cinque anni dalla laurea. Forse è giunto il momento di trovare una soluzione comune ad una situazione che non farà altro che generare quella guerra tra poveri che è, probabilmente, già in atto."

Il futuro della culturaIn Italia noi professionisti dei beni culturali siamo atipici. Dobbiamo occuparci del maggior patrimonio culturale mondiale senza fondi nè retribuzione. Dobbiamo lavorare senza guadagnare, ma se non lo facessimo, cosa ne sarebbe della nostra cultura, dei nostri musei, dei nostri siti archeologici, dei nostri monumenti? Si innesca qui un terribile circolo vizioso. Come uscirne? Con la guerra tra poveri di cui parla Mario Serra? Forse con una generalizzata lobotomia di massa, che modifichi alla radice la mentalità diffusa, che non ha considerazione se non marginale per la cultura?
Io penso che ciascuno di noi possa dare il suo piccolo contributo e che sommati tutti insieme questi contributi possano migliorare le cose. Lavorare gratuitamente non è giusto. In nessun caso. Gestire un patrimonio culturale arrangiandosi senza fondi è da funamboli.
E noi siamo bravi.
Noi, i professionisti della cultura italiani, siamo bravi a fare i miracoli per proteggere, preservare, salvaguardare il patrimonio culturale. Non possiamo fare diversamente. O così, o la morte dei nostri beni culturali. E, con la loro morte, non ci sarebbe solo la morte di una professione, ma la morte della nostra identità, della nostra anima.
Per questo penso che sia basilare far conoscere il patrimonio culturale ai più piccoli, insegnare loro ad amarlo e rispettarlo. Il rispetto è la base della coscienza collettiva del futuro. È la base di quella piccola rivoluzione delle coscienze che è necessaria a risollevarci dal baratro in cui stiamo inevitabilmente precipitando.
È l'arte, in tutte le sue forme, che ci eleva al di sopra della sopravvivenza per farci imparare a vivere.
Il futuro della cultura

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