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Il futuro della storia dell’arte nelle scuole italiane

Creato il 29 dicembre 2013 da Retrò Online Magazine @retr_online

Mariastella Gelmini, ministro dell’Istruzione dal 2008 al 2011, con la riforma del 2009 sminuiva pericolosamente l’insegnamento della storia dell’arte. Riduzione drastica nelle scuole primarie di secondo grado, totale scomparsa dagli istituti tecnici e turistici e dai ginnasi del Liceo Classico. Una lacuna non indifferente per un paese che, nella tutela del patrimonio culturale e nella sua diffusione, veste un ruolo secolare. Dall’antica Legge Bottai del 1939, che introduceva l’obbligo di tutela verso un oggetto che presentava un valore storico o artistico, all’art. 9 della Costituzione Italiana, che recita:

«La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione».

La successiva riforma del ministro Carrozza, varata nel gennaio 2012, reintroduceva le 66 ore annue di storia dell’arte nel triennio degli istituti professionali. Ma non è sufficiente. “Riparte l’istruzione!” – questo il nome della riforma – ma la storia dell’arte continua a rimanere ferma. Nemmeno la petizione con più di 15.000 firme per il ripristino della materia nelle scuole, che conta la firma di personaggi onorevoli nel mondo dell’arte quali Salvatore Settis, archeologo e direttore della Normale di Pisa dal 1999 al 2010, sembra aver sensibilizzato veramente gli animi di coloro che, a quanto pare, hanno il potere di cancellare la tradizione di una disciplina che viene insegnata fin dal 1923, anno della Riforma Gentile. Oltre che alzare l’obbligo scolastico a quattordici anni di età, primo passo verso una scolarizzazione quasi totale e il più possibile completa e omogenea, la Riforma Gentile codificava per la prima volta proprio l’insegnamento della storia dell’arte nelle scuole italiane.


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