I sindacati chiedono l’intervento del Governo per evitare il trasferimento della produzione in Malesia
I lavoratori della multinazionale del silicio nei giorni scorsi avevano invocato l’intervento della Provincia per ridurre il costo dell’energia visto che la casa madre americana (7500 dipendenti nel mondo e 2,2 miliardi di dollari di fatturato) ha fermato a Sinigo la produzione di monocristallo (310 addetti) fino a inizio gennaio e, quello di policristallo (240 addetti) a tempo intederminato. “In attesa”, secondo le fonti ufficiali dell’azienda, “di abbattere i costi di produzione, in particolare il caro energia”. Memc consuma 500 milioni di kwH l’anno, l’elettricità in Italia costa il 25% in più rispetto alla Germania e l’unica soluzione concreta prospettata dalla Provincia è fare pressione su Terna (gestore dell’alta tensione) per collegare la rete italiana a quella austriaca al Brennero e a San Candido e a quella Svizzera a Curon Venosta.
L’alternativa è la chiusura del reparto che produce il policristallo, con 300 – 350 posti a rischio in fabbrica e altri 100 nell’indotto.
“A questo punto”, secondo quanto dichiarato da Maurizio Albrigo della Cisl al Corriere dell’Alto Adige, “resta una sola strada che discuteremo domani con azienda e assessore provinciale: coinvolgere il ministero delle attività produttive affinche autorizzi l’Autorità per l’energia e il fornitore della Memc, in questo caso Sel, a scendere sotto le tariffe minime, come è avvenuto un paio di anni fa per l’Alcoa in Sardegna. Memc, da parte sua, dovrebbe firmare un accordo sul mantenimento dell’occupazione per 30 anni”. “Altrimenti”, conclude Albrigo, “è vero che Memc sta costruendo un impianto low cost in Malesia e vuole smantellare Merano”.