Il galateo non l’ha previsto
Creato il 24 febbraio 2011 da Tnepd
Talvolta scrivo sul sito dell’Associazione Italiani in
Madagascar il cui redattore, che è anche segretario del sodalizio, si è tanto
raccomandato che io non parli male dei malgasci poiché, essendo ospiti, nessun
italiano come anche nessuno straniero ha diritto di criticarli e giudicarli.
Capisco e condivido
questa esigenza oserei dire deontologica. Anche gli etnologi, già a partire
dall’Ottocento, si astenevano dal giudicare il comportamento delle tribù native
(una volta avrebbero detto primitive) per non ottenere descrizioni viziate
dalla mentalità eurocentrica. Faceva parte della loro professionalità ma cosi’,
col passare dei decenni, certe parole
sono diventate via via politicamente scorrette e non vengono più usate.
Ma io non sono un
etnologo di professione e non tutti i siti s’impongono regole rigide di
rispetto, a tutti i costi, verso determinate categorie. Su TNEPD posso concedermi qualche strappo alla
regola, perché se si dovessimo usare i guanti di velluto con tutti, a
prescindere che ci ospitino o meno, per il solo fatto che sono esseri umani,
allora non potremmo essere obiettivi con i comportamenti di certe categorie
tipo pedofili, stupratori, spacciatori di droga, zingari e albanesi che fanno
rapine in villa e cia andare. Ne soffrirebbe la verità dei fatti. Dire ‘pane al pane, vino al vino’ resta
secondo me la soluzione migliore. La schiettezza, di per sé, non è
negativa. Si tratta di trovare il giusto mezzo e di sforzarsi almeno di essere
obiettivi e imparziali nei propri giudizi, altrimenti succede come a quegli
utenti di certi giornali di provincia che criticano gli animalisti dicendo loro
che amano più le bestie che i cristiani, dimenticando che la rabbia e le
critiche degli animalisti vanno verso quei “cristiani” che alle bestie fanno
cose disdicevoli
e crudeli.
Lor signori dimenticano anche che un
assassino sceglie, con il suo gesto violento, di uscire dal consesso degli
uomini civili, per cui non può più essere giudicato con lo stesso criterio
riservato a questi ultimi. Per il solo fatto di appartenere fisicamente alla
razza umana, un criminale non può godere di trattamenti di clemenza, perché non
è più uno di noi, non è più quello di prima. Lui lo ha scelto, consapevolmente
o con leggerezza, senza pensarci. Altrimenti cosa dovremmo dire di esseri umani
(almeno nell’aspetto) come Hitler
e Stalin?
Premesso questo e
volendo analizzare la condizione di chi è ospite di un paese straniero, la
prima cosa che va detta è che in linea di principio, secondo le regole del
galateo, non si deve sputare nel piatto dove si mangia e la buona educazione è d’obbligo anche quando il padrone di casa si comporta
da vero cafone. Infatti parlare male dei malgasci, da parte degli italiani
residenti o dei turisti, sarebbe come per un marocchino che vive in Italia
parlar male degli italiani o, peggio, riunirsi in moschea con altri musulmani
per organizzare attentati terroristici (ammesso che i marocchini abbiano mai
fatto una cosa del genere come ci è stato detto dai telegiornali). Per fortuna
gli italiani
residenti o di passaggio in Madagascar non si sono mai riuniti per
organizzare attentati: basta già la polizia per questo e la realtà di
sperequazione sociale che pur esiste ed è sotto gli occhi di tutti. Di chi almeno
gli occhi li ha. L’unica cosa che gli italiani in Madagascar fanno è brontolare
e recriminare. Lo faccio anch’io... ma lo faccio, anche se può sembrare strano,
spinto da nobili ideali, da purezza d’intenti. Benché le mie recriminazioni non servano a cambiare il mondo, almeno mi
fanno sentire bene, mi fanno sentire
dalla parte giusta. A volte, passeggiando con mia moglie malgascia su
marciapiedi che porterebbero alla disperazione un paraplegico ottimista, le
dico: “Fatemi presidente della repubblica
e vi metto a posto io le cose su quest’isola!”. Lei ride e mi risponde: “Tsimety!”, non è possibile! Tsimety e’
una parola che si sente spesso sulla bocca dei malgasci ed è la prima che i vazaha (gli stranieri) imparano.
Così, di fronte alle
palesi ingiustizie viene spontaneo fare affermazioni di principio e anche se noi
italiani in Madagascar non imbracceremo mai il mitra per fare la rivoluzione
(ne avremmo la necessità prima a casa nostra, senza andare ad esportarla come
tanti piccoli Che Guevara), almeno che ci sia lasciata la possibilità di
esplicitare il nostro malumore, senza sputare veleno indiscriminatamente verso
tutti i malgasci, ma solo verso chi lo merita in maniera palese.
Diciamoci la verità:
tutti gli stranieri parlano male dei malgasci, tranne quella ragazza canadese
che ho incontrato sul treno nella tratta Fianarantsoa-Manakara e che, con
sguardo angelico e con gli occhi che le luccicavano, mi disse perentoria e
serafica: “I malgasci sono un popolo
meraviglioso!”. Al che avrei voluto domandarle cosa si fosse fumata, ma non
lo feci. Stetti a guardarla per alcuni secondi in silenzio come si guarda,
rispettosamente, un’opera d’arte e pensai che probabilmente viveva la sua
esperienza di volontaria con i bambini in un ambiente protetto in cui tutti le
volevano bene e la rispettavano senza cercare di imbrogliarla sui prezzi. In
alcuni ambienti missionari certe situazioni possono verificarsi, ma il giorno
in cui dovesse essere violentata – Dio non voglia! – forse cambierà idea. Per
la verità... in Madagascar è più facile che venga rapinata piuttosto che
violentata, a differenza di ciò che succede a Roma, dove le turiste vengono stuprate
in pieno giorno.
Cosa dovrebbe dire una
ragazza straniera che subisce una violenza sessuale mentre e’ in visita nelle
nostre città d’arte? Che tutti gli italiani sono stupratori? E se la violenza è commessa da stranieri,
residenti legalmente o clandestini, ci sentiamo forse meno coinvolti? Ci
sentiamo assolti? In realtà, il male, da chiunque commesso, turba gli animi
degli astanti, come già disse il Manzoni.
Di tutti i giudizi
negativi pronunciati da italiani nei confronti dei malgasci, il record della
spietatezza spetta a questo: “I malgasci
hanno preso il peggio degli africani e il peggio degli indonesiani”, frase
che fa riferimento alla loro origine estremo orientale, zona Borneo e Sumatra.
Tuttavia, se noi italiani non risparmiamo le critiche nei confronti dei
malgasci, i francesi, loro ex padroni, fanno ancora di peggio e per mostrare
quanto categorici e inappellabili siano i loro giudizi mi basta citare una
barzelletta di fonte transalpina.
Un missionario cattolico, un sant’uomo che aveva dedicato
tutta la vita a fare del bene alle popolazioni del Madagascar, muore, si
presenta al cospetto del Padreterno che gli dice:
- Grazie alla tua
lodevole condotta, hai diritto a chiedermi un favore. Chiedi, dunque, figlio
mio.
Il missionario chiede a Dio:
- In verità, vorrei chiederti due favori, Altissimo. Per
prima cosa, vorrei che Tu costruissi l’autostrada Marsiglia-Tananarive.
- Aspetta, aspetta, non
puoi pretendere che stravolga la geografia di interi continenti. Ciò che mi
chiedi è veramente troppo, ma dimmi, quale sarebbe la tua seconda richiesta?
Vediamo se almeno in questa posso soddisfarti.
- Ecco, vorrei tanto che Tu facessi diventare i malgasci
buoni e intelligenti.
- Senti – gli rispose
sbrigativamente Dio, spazientito - facciamo
così: dammi un paio di giorni e ti faccio l’autostrada, d’accordo?
Qual è il limite oltre il quale le critiche cessano di
essere costruttive e diventano distruttive? Qual e’ il limite entro il
quale possono essere pronunciate a fin di bene e a scopo d’insegnamento, senza
diventare velenosa maldicenza? Insomma, alla fin fine, esistono le critiche
costruttive? E hanno giocato un qualche ruolo benefico nella storia
dell’umanità, nel far avanzare il progresso e la crescita morale della gente?
Credo che se
interrogassi ciascun italiano facendogli queste precise domande, ciascuno mi
darebbe delle risposte diverse, indi per cui dovrò tenermi i miei dubbi
e accettare che il redattore del sito AIM mi ponga dei paletti, dei limiti alle
mie esternazioni. Non è il massimo in fatto di libertà di pensiero, ma è un
buon criterio comunque. Quindi, sul sito AIM non potrò dire che i conducenti di
risciò, localmente chiamato pousse pousse,
devono fare una fatica boia non solo a trascinare il loro mezzo per pochi
soldi, con a bordo persone, cose e animali, ma lo devono fare su strade
sconnesse, piene d’immondizia e di buche che si riempiono d’acqua dopo le
piogge e con brandelli di asfalto risalenti alla dominazione francese e che
quasi quasi converrebbe raschiare via dalla sede stradale. E devono farlo
spesso scalzi, beccandosi negli orecchi il clacson di grossi fuoristrada
guidati da funzionari governativi che girano con la macchina vuota e con l’effige
di qualche organizzazione umanitaria sulla fiancata pigliandosi, in un certo
senso, oltre al danno la beffa. Uno schiaffo morale a persone che faticano per
guadagnarsi il pane da parte di funzionari a bordo di costosi 4 x 4, comprati con i soldi dei nostri aiuti
umanitari. Va bene l’autocensura, va bene il rispetto che si deve al padrone di
casa, ma a volte certe ingiustizie gridano vendetta al cospetto di Dio. Tacere sarebbe complicità.
Nei giorni scorsi ero in
una città del sud del Madagascar. I conducenti di pousse pousse erano scesi in sciopero perché il municipio voleva costringerli
a pagare una tassa (noi diremmo una ‘una tantum’) di 40.000 ariary, pari a
circa 15 euro. Non so se alla fine l’hanno pagata, ma se gli pavimentassero le
strade allora avrebbe senso, come avrebbe senso farla pagare anche ai tassisti
o ai ciclisti, ma fintanto che il Comune non fa nulla per migliorare la
viabilità, lasciando che le pozzanghere ristagnino per giorni dopo un semplice
acquazzone, la pretesa di far pagare le
tasse diventa semplicemente iniqua e si
configura solo come una specie di sciacallaggio da parte degli enti
governativi. Più o meno quello che succede anche da noi, con la differenza che
le nostre strade sono ben drenate e non dobbiamo camminare con i piedi in
ammollo: a noi buttano addosso direttamente le piogge chimiche torrenziali e le alluvioni,
senza che neanche scioperiamo per questo e pagando le tasse zitti zitti.
Il giorno del mio
matrimonio, il 4 febbraio, sulla scrivania del sindaco di Tulear c’era un
cestino di vimini per la raccolta delle offerte. Mia moglie mi disse che il
denaro raccolto era per i poveri. Ma chi vogliono prendere in giro? Voi come
avreste reagito, se non con stizzito scetticismo? Dissi alla mia neomoglie: “Guarda che il sindaco e le sue segretarie vanno a farsi la pizza, alla
faccia dei poveri!”. Non capì e non mi credette, come non mi crede tutte le
volte che le faccio notare qualcosa di storto e di ingiusto, qualcosa che ai miei occhi è storto e ingiusto mentre ai
suoi è solo naturale e sacrosanto. Io mi chiedo come fanno i malgasci ad
essere così ingenui. Ed è forse esattamente quello che si chiedono i tedeschi
con noi: come facciamo noi italiani a essere così ingenui e votare Berlusconi? [Consoliamoci pensando che anche i tedeschi,
da qualche parte, hanno qualcuno che si chiede: ma come faranno questi crucchi
ingenui a votare la Merkel?, nota di TNEPD]
Prendiamo, per fare un
altro esempio di idiosincrasia fra le nostre rispettive mentalità,
l’amministrazione della giustizia. Quando spiego a mia moglie che legare le
mani dietro la schiena agli arrestati, farli inginocchiare e sparargli un colpo
di pistola alla nuca non è una cosa carina, lei mi dice che invece la polizia
fa bene ad agire così perché i malaso,
i ladri di bestiame, devono smetterla di rubare gli omby, gli zebù, ai poveri contadini. E insiste che se non lo
facesse la polizia, lo farebbero i contadini stessi esasperati dai furti di
bestiame. Talvolta, in effetti, si sentono notizie di linciaggi di giovani
ladri da parte di folle inferocite, solo che in quei casi si tratta di furti di
poco conto, come quella lampada a petrolio rubata da un ragazzo a un conducente
di pousse pousse. Era proprio il caso
di ammazzarlo di botte per una lampada? Anni fa, in Etiopia, le autorità
tagliarono una mano e un piede a un ragazzo che aveva rubato un foulard: la legge coranica applicata a
regola d’arte.
Quando poi spiego a mia
moglie che i poliziotti, dopo l’esecuzione sommaria degli arrestati, danno
fuoco ai corpi per cancellare le tracce - caso mai dovesse arrivare qualche
rompicoglioni di vazaha a fare delle
indagini - lei mi guarda come se l’ingenuo fossi io. Lei non sa nulla della
Convenzione di Ginevra, dell’ONU e delle altre agenzie umanitarie, e non vuole
sapere nulla: sono tutte stronzate dei
bianchi [Non ha tutti i torti, nota di TNEPD]. Qui si
tratta di ladri di zebù, base dell’economia familiare malgascia, mica di
fanfaluche.
L’anno scorso me ne
stavo tranquillamente in camera a leggere, quando entra mia moglie tutta
eccitata e mi dice:
- Dai, prendi
l’apparecchio fotografico e vieni che andiamo a vedere il malaso morto!
- Cosa, cosa? Aspetta, stai dicendo che posso fotografare
un cadavere?
- Certo, dovrai dare una
mancia al comandante della polizia, ma farai le foto che piacciono a te! Hanno
messo il ladro morto su un tavolo, in ufficio, e tutta la gente va a vederlo.
E’ tutto tagliato.
Mia moglie mi prese alla
sprovvista e non me la sentii di seguirla: nel mio schema mentale non è
prevista la visita a un uomo assassinato, benché ladro, ricoperto di ferite.
Quando volli assistere alla sterilizzazione di una mia cagnetta, il
veterinario, dopo aver affondato il bisturi nel pancino della cagnolina, mi
disse guardandomi in volto: “La vedo un
po’ pallido. Forse è meglio se esce a prendersi una boccata d’aria!”. Per
la cronaca, il corpo del malvivente era pieno di tagli, inferti dalla folla
inferocita con i coltelli, prima che arrivassero i poliziotti a finirlo.
In un’altra occasione ne
catturarono uno vivo, uno che aveva dei precedenti di una certa gravità: aveva
ucciso un poliziotto. I gendarmi, mentre era seduto a terra legato come un
salame, pieno di lividi, gli dissero:
“Preparati. Di’ le tue preghiere, ché nel pomeriggio ti portiamo a fare un giro
nella brousse (boscaglia)”. Ma vi
rendete conto?! La polizia, agenti di pubblica sicurezza pagati con denaro del
contribuente, come i peggiori mafiosi, come neanche nei film di Coppola se ne
vedono! E queste cose, sul sito dell’AIM, non credo che potrei dirle, ma su TNEPD sì, per fortuna.
Pochi giorni prima del
matrimonio, la mia donna fu aggredita da un ladro che le diede un calcio ad una
gamba e le morse un braccio per farle cadere il portamonete che teneva in mano.
All’interno, 30.000 ariary e un anello d’oro. Lei riconobbe il malvivente: era
un ragazzo della famiglia di suo padre, un lontano parente insomma. Siccome i
gendarmi avevano la macchina rotta, mia moglie dovette per ben due volte pagare
il taxi, farci salire due agenti e mostrare loro dove abitava il ragazzo. Al
secondo giro i gendarmi scesero di corsa e catturarono il ragazzo, che non
aveva avuto il tempo di scappare. Il ladro, com’è consuetudine da quelle parti,
la prima notte dormì con le sole mutande addosso, direttamente sul pavimento
degli uffici della polizia, poi fu condotto in carcere. I giorni seguenti mia
moglie andò a farsi rilasciare un certificato medico per completare la denuncia
contro il suo aggressore: i lividi sul braccio e sulla gamba si vedevano bene.
Dopo di che mi disse: “Ho appuntamento
con i genitori del ladro. Vengono a casa mia a discutere, a chiedermi di
ritirare la denuncia”. Io, pensando che fosse per lo meno strano che i
parenti dell’aggressore andassero a far visita a casa della vittima, le
risposi: “Beh, se ti restituiscono il
maltolto, forse se ne può parlare”.
Poi seppi che
all’appuntamento non si erano presentati, ma erano andati a parlare
direttamente con suo padre affinché intercedesse a favore del loro congiunto
che era appunto parente del padre di mia moglie. Una situazione a dir poco
pirandelliana. Chiesi alla mia
compagna, dopo qualche giorno: “E il
portamonete?”
“No, quello se lo tengono, perché hanno saputo che sono
la moglie di un vazaha e loro sono
poveri”.
“Andiamo bene! Già che c’erano potevano ucciderti, o
violentarti, ché tanto sei la moglie di un vazaha! E meno male che era un tuo
lontano cugino! Pensa se fosse stato un estraneo!”
Quando cammino per le
strade di Tulear, scacciando mosche e mendicanti e beccandomi da parte di
centinaia di conducenti di pousse pousse
il reiterato invito a salire sul loro mezzo di trasporto, vedo galline, anatre
e tacchini portati a mazzi per le zampe, caricati sul portapacchi di macchine e
taxi brousse o sul manubrio di moto e
biciclette. Spesso pigolano e starnazzano di dolore e paura. Anche in questo
caso la mia mania di grandezza mi viene in aiuto per sconfiggere la sensazione
d’impotenza di fronte a tanta incosciente cattiveria e mi viene da pensare che se fossi presidente della repubblica
vieterei di trasportare in tal modo il pollame, come vieterei di frustare gli
zebù che trainano le carrette e di tirare sassi ai cani. Vieterei tutte le forme di maltrattamento agli animali, che sono
l’anticamera del maltrattamento agli esseri umani, benché molti che si credono
esseri umani non se ne rendano conto e mi accusino, in maniera superficiale, di
preoccuparmi più delle bestie che degli uomini. Vieterei il maltrattamento, ma
il divieto sarebbe applicato? Chi farebbe rispettare le leggi? I poliziotti per
caso? Quegli stessi poliziotti che fanno giustizia sommaria degli arrestati? O gli
agenti della guardia costiera che, se li chiami quando vedi una tartaruga
marina trascinata a riva dai pescatori, arrivano - con molta calma - e si
mettono comodi a mangiarla insieme ai pescatori e se tu vazaha non ti levi dai piedi fanno la multa a te?
Cotali agenti di polizia
giudiziaria dovrebbero far applicare le leggi contro il maltrattamento del
pollame? E allora, poiché va bene essere idealisti, ma non essere scemi del
tutto, non mi resta che recriminare, masticare veleno e pensare con
rassegnazione che tutto il male che i malgasci fanno alle bestie Dio lo fa ai
malgasci. E che, se continuano a maltrattare e uccidere le creature di Dio, è
giusto che Dio li punisca con la lebbra, la tubercolosi, il colera,
l’idrofobia, la malaria e la miseria. E dunque, benché mi renda conto che è un
ragionamento un tantino superstizioso, ne consegue che gli aiuti umanitari sono moralmente sbagliati, dato che tutte le
miserie e la corruzione e la criminalità e la povertà in cui i malgasci si
dibattono, sono volute da Dio. E chi siamo noi per opporci al Suo volere?
Niente ospedali, niente dispensari e medicine, niente medici e infermieri. Sia
fatta la volontà di Dio. Questi pensieri andavano bene nei secoli bui del
nostro medioevo, lo so bene, ma almeno hanno una loro logica, se ha senso il
principio dell’occhio per occhio, dente per dente. Tu malgascio frusti uno
zebù: nella prossima vita nascerai zebù e qualcuno frusterà te. E intanto, in
questa vita, ti becchi la lebbra o la malaria. Non fa una piega, come
ragionamento.
Peccato che non ci sia
nessun Dio, che i malgasci restino cattivi e poco intelligenti (e nessuno li
potrà cambiare) e che il sito dell’AIM non mi pubblichi queste considerazioni,
mentre quello di TNEPD sì. Chissà!
ALF
per TNEPD
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