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Evento ben noto a livello internazionale, il Gay Pride è mosso dall'orgoglio gay, dal desiderio di lotta all'omofobia e dalla rivendicazione dei diritti omosessuali.
Ho voluto assistervi volutamente spinto dalla curiosità e così, alle quattro del pomeriggio, mi sono ritrovato in piazza del Duomo con in mano la macchina fotografica e la voglia di scoprire personalmente cosa aveva da offrirmi questa manifestazione.
Sono arrivato a quese considerazioni: all'alba del 2010 tendiamo ancora a fare dei falsi moralismi, si sa non è una news.
Non solo ritengo sia inutile, ma anche ipocrita, ridicolo e di cattivo gusto.
Siamo bombardati in continuazione da tette e culi 24 ore su 24 sette giorni su sette, e questo ci sta bene e ci ridiamo sopra con i nostri figli, ma abbiamo da ridire su una manifestazione che, per quanto colorita o "volgare" come molti sostengono, ha comunque vada uno scopo sociale e anti raziale.
Decisamente penoso e segno di molta poca intelligenza, per non parlare degli scandali di pedofilia legati alla Chiesa che ci stanno letteralmente massacrando in questo ultimo periodo, come fosse roba fresca fresca quando invece va avanti da tutta una vita.
E poi c’è un’altra cosa interessante: è stato dimostrato che nel nostro paese una percentuale altissima di persone nell’arco della propria vita non ha mai aperto e letto un libro che fosse uno. Parallelamente, queste stesse persone sono informatissime e presissime da certi reality show (e con certi intendo TUTTI) dove costantemente la “libertà” di sesso, emancipazione e realizzazione personale sono il cardine portante della trasmissione.
Per logica quindi, nel nostro paese, dovrebbe esserci una libertà di pensiero e un’apertura mentale da fare invidia al resto del mondo.
Invece non è così.
Una cozza attaccata ad uno scoglio è meno chiusa, e anche meno bigotta.
Ma come? Quello/a che nell’ultima edizione del Grande Fratello si è sbattuto/a tutti gli abitanti del condominio, amministratore e addetto alle pulizie inclusi, solo per fare audience, non solo è diventato/a famoso/a, ma si è trasformato/a in una specie di modello da seguire in quanto simbolo di massima libertà e genuinità (questa poi), mentre uno che sfila in difesa dei propri diritti viene visto come “minaccia” solo perché omosessuale e vestito da donna, o viceversa?
Evidentemente il pensiero liberale entra in gioco solo quando fa più comodo.
Ritengo ci sia qualcosa che non va, qualcosa di grosso.
Mi sono trovato in mezzo alla cosa tra carri, balli e coriandoli divenendo un tutt’uno con la manifestazione, ma quello che più mi ha colpito è stato il silenzio che la città di Milano ha rivolto a queste persone.
Si certo, la gente si fermava e guardava, ma con aria di giudizio e disapprovazione più che di curiosità.
Non è questione di essere omosessuali o eterosessuali, come non è questione né di educazione nè di morale, che vuol dire tutto e non vuol dire un tubo.
È piuttosto questione di rispetto e empatia umana allo stato puro, una cosa che ormai sembra essere finita in fondo al cesso su tutti i fronti, insieme alla coerenza.
Mi sono divertito non solo a scattare, ma anche a respirare quell'atmosfera di apertura mentale volta al desiderio di comprensione reciproca.
Bello il saluto finale rivolto dal responsabile della manifestazione agli eterosessuali presenti quel sabato pomeriggio a Milano; mi sono sentito rispettato in quanto essere umano, anche se etero in una folla omosessuale.
Non ci si sentiva più al Gay Pride, ma ad una grande festa dove tutti erano i benvenuti.
In barba ai finti preti, magari fosse sempre così.
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