Magazine Cultura

Il gene dell’immortalità 6

Creato il 06 marzo 2014 da Davide

Capitolo II :Volevamo stupirvi con effetti speciali (parte 4)


Di Flavia Busatta

Il caso dei maiali è più interessante in quanto non solo vede l’uso dei fattori di crescita ormonali legato all’aumento in peso dell’animale (o, come per le mucche da latte, l’aumento della produzione del latte), ma anche alla modificazione del prodotto, cioè la carne. La spinta commerciale scaturì dall’aumentata domanda dei consumatori di prodotti carnei più magri (a basso colesterolo). Secondo alcuni studi la somatotropina porcina (PST), un ormone peptidico naturale, dovrebbe promuovere la crescita dell’animale diminuendone il contenuto in grasso.
Negli anni 1930 anche per i maiali si scoprì che la velocità di crescita aumentava con iniezioni di somatotropina estratta della ghiandola pituitaria; anche in questo caso per molti anni la sola sorgente di PST furono le ghiandole pituitarie degli animali macellati con il solito rischi che, se l’animale da cui si estraeva la PST era malato, la malattia si espandeva a tutti quelli trattati, distruggendo l’intero branco. La PST ottenuta per estrazione dalla ghiandola pituitaria era scarsa e molto costosa.
Con la scoperta del DNA gli scienziati individuarono quale gene nei maiali controllasse i “codici” per la produzione di PST. Essi isolarono il gene e, tramite la tecnologia del DNA ricombinante, lo inserirono nell’E.Coli, un microrganismo che vive nel tratto intestinale degli animali (anche gli umani) e che agisce come una piccola fabbrica producendo quantità controllate di PST in condizioni controllate di laboratorio. Il PST ottenuto viene purificato ed è pronto per essere iniettato nell’animale1 . Con questa tecnologia il PST è diventato disponibile in quantità industriali e non c’è più il rischio di contaminazioni da animali infetti dato che, come affermato dall’OMS nel 2000 la PST nativa e quella ricombinante sono biologicamente equivalenti e le loro strutture molecolari sono identiche.
Nel 1991 si dimostrò che la somministrazione quotidiana di PST ai suini ne aumentava la crescita media e nel contempo produceva una diminuzione di grasso sottocutaneo e intramuscolare nei tagli di carne destinati al consumo, senza che vi siano significative variazioni o alterazioni nella qualità della carne fresca, o almeno così sembra agli assaggiatori ingaggiati ad hoc2. Il grasso intramuscolare che si otteneva era più insaturo di quello degli animali cui non era stata somministrata la PST; questo dato era giudicato più conveniente dal punto di vista nutrizionale, ma poteva causare reazioni nel consumatore per le possibili variazioni di consistenza ed aroma. Poiché buona parte della carcassa del maiale è utilizzata per prodotti lavorati (pancetta, insaccati ecc.), furono effettuati test su tali prodotti provenienti da maiali trattati con PST: i risultati furono incoraggianti, non essendosi rilevata alcuna alterazione nel livello di saturazione degli acidi grassi sottocutanei e perirenali, ma una diminuzione complessiva degli strati di grassi saturi in corrispondenza della decima costola; si notò inoltre anche un aumento del contenuto d’acqua e proteico. Nel complesso si notò una minore quantità di grasso nel pannicolo adiposo della schiena del maiale3, una maggior quantità di filetto e di muscolo. Pancetta e salami mostravano una miglior grana, magrezza, sofficità e resa alla cottura, e non veniva rilevata traccia dell’ormone PST nei prodotti suini. I maiali trattati con PST crescevano di una media del 15,2% consumando meno del 21,1% di mangime,ma questo necessitava di un aumento di aminoacidi e proteine nella loro dieta per sostenere l’aumentata crescita4.
Come al solito la maggior preoccupazione è sulla sicurezza della carne di maiale trattato con PST per il consumo umano. Diciamo subito che la somatotropina porcina, PST, è una componente naturale del corpo di un maiale, esattamente come la somatotropina umana, o ormone della crescita, lo è del corpo umano. La ricerca ha dimostrato che le somatotropine sono molto specifiche: la PST è attiva SOLO nei maiali, e NON lo è negli umani, nei bovini etc. Essendo una proteina la PST viene digerita e resa inattiva quando mangiata tramite gli enzimi della digestione. Anche la cottura distrugge la capacità della PST di funzionare biologicamente.
Poiché la PST non è assorbita intatta per somministrazione orale e non ha attività biologica se presa per via orale, per essere efficace, la PST (nativa o ricombinate) va iniettata il che aumenta notevolmente i costi, come pure li aumenta il fatto che i margini devono essere più proteici.
In quanto ormone della crescita la PST, somministrata tramite iniezioni, stimola direttamente la proliferazione cellulare e indirettamente ha un effetto sul fattore della crescita simil-insulinico IGF-I: la somministrazione di PST cambiano drasticamente la concentrazione di IFG-I nel siero, dato che la concentrazione di IFG-I nel siero è appunto regolata dalla somatotropina5. Studi effettuati su due generazioni successive di animali trattati da ricercatori del Dipartimento dell’Agricoltura USA hanno mostrato aumento del peso corporeo ed efficienza nella conversione del mangime, ma anche un’alta incidenza di ulcere gastriche, artrite, disturbi cardiaci e renali, dermatiti e modificazioni della sfera riproduttiva. Nel 2009 la FDA non ne aveva ancora approvato l’uso commerciale.
In Australia carne di maiali trattati con PST fu commercializzata già nel 1990, senza tuttavia il permesso del Genetic Manipulation Advisory Committee, da parte della Metrotec Pty Ltd. che è in parte proprietà dell’Università di Adelaide. Questi cinquantatré maiali transgenici erano la prole di un campione che però non esprimeva il gene introdotto; negli individui in cui il gene era espresso si notava una velocità di crescita aumentata del 17% ed un’efficienza di conversione del mangime fino al 30%.

Per quello che riguarda gli ormoni della crescita umani i più studiati sono i CSF (Colony Stimulating Factors), che sono il gruppo di proteine ricombinate con maggior prospettive nel campo clinico in particolare nella lotta ai tumori. Abbiamo poi i bFGF (Fibroblast Growth Factor beta) che pare possano aiutare nella cura della cecità sia ereditaria sia dovuta a forme degenerative attribuibili alla vecchiaia; gli EFG (Epithelial Growth Factor) possono essere usati come agenti per la rimarginazione di lacerazioni della cornea e gli NGF (fattori neurotrofìci).
Ma indubbiamente quello che allo stato attuale desta maggior interesse è lo hGH (Human Growth Hormone).
Quando la Genentech6 cominciò le ricerche, esso sembrava un prodotto destinato a poche persone affette da nanismo ipofisario, un mercato che si prevedeva di circa un miliardo di dollari. Successive ricerche dimostrarono che l’ormone hGH, responsabile della crescita dell’essere umano e secreto dalla ghiandola pituitaria fino all’adolescenza, può essere correlato ai processi di invecchiamento. Dopo i trenta anni infatti la secrezione di hGH cessa (menopausa dell’ormone della crescita) e comincia la tendenza inversa, cioè la fine della crescita e l’inizio dell’invecchiamento le cui degenerazioni sembrano apparire indipendentemente e contemporaneamente in tutti gli organi. Si è verificato che mediante iniezioni di hGH si ottiene un aumento della massa muscolare e di alcuni organi, dell’elasticità della pelle e dello spessore delle ossa e si riducono i tessuti adiposi. Alcuni sessantenni volontari trattati presso l’università del Wisconsin diedero segni di un ringiovanimento di circa 10 – 20 anni. Un successivo campione di uomini adulti7 tra i 61 e gli 81 anni di età dava risultati altrettanto stupefacenti. Malgrado vi siano moltissimi lati oscuri circa eventuali effetti collaterali, in particolare possibilità di insorgenza di forme di tumori, l’ipotesi che l’hGH possa essere un efficace farmaco antinvecchiamento dà stime di mercato impressionanti. Alla produzione sono interessate oltre alla Genentech e alla Eli Lilly, che negli USA si spartiscono il mercato, la DuPont e la Merck mediante una joint venture su brevetto sviluppato dalla BioTecnology General a capitale israeliano e statunitense. Tuttavia l’ostacolo maggiore all’approvazione del farmaco eventuale basato sul hGH oggi viene dalla troppa genericità della eventuale dizione farmacologica: “farmaco antinvecchiamento”. Sta comunque già sorgendo una disputa sull’uso di proteine transgeniche come “cosmetico” invece che come farmaco ed è ben noto l’abuso di somatotropina umana ed eritropoietina da parte di atleti e culturisti. Per far fronte all’abuso da tempo l’ormone è stato dichiarato fuorilegge dalla NFL, dal Comitato Olimpico statunitense e dalla US National Collegiate Athletic Association e in seguito da tutti gli organismi sportivi ufficiali internazionali e nazionali. Attualmente la sola diga di confine all’abuso di massa è l’alto costo, ma cosa succederà se si confermerà anche un farmaco dell’eterna giovinezza e gli effetti collaterali saranno eliminati?

Un altro interessante campo di ricerca è quello relativo al trapianto di geni. Nel 1990 iniziò la prima prova clinica di terapia basata sul trasferimento di geni nei centri del National Institute of Health. Nel settembre del 1991 questa terapia, detta di “trapianto genetico“, è stata sperimentata su bambini afflitti da deficit dell’enzima adenosina deaminasi (ADA-scid) (SCID), una patologia causata dall’alterazione per alterazione della funzione dei linfociti B e T, a causa di un difetto dell’enzima adenosindeamminasi. La malattia è monogenica: il gene è localizzato sulla parte terminale del braccio lungo del cromosoma 20 nella regione q13, ma sono state individuate anche delezioni a livello del promotore. I bambini affetti da tale patologia vengono chiamati anche “bambini bolla”. Globuli bianchi ottenuti con modifiche di ingegneria genetica, che si avvalgono dell’utilizzo di retrovirus, in modo da contenere una copia correttamente funzionante del gene furono trasfuse in una bambina di quattro anni il cui sistema immunitario era affetto da ADA-scid. I primi risultati, ottenuti trasfettando cellule staminali midollari o linfociti T periferici con una copia del gene non mutato inserito, insieme ad un promotore, in un vettore, hanno evidenziato a breve termine un aumento dell’attività dell’enzima e dell’immunità del soggetto dopo un anno. Nel medio periodo la terapia ha mostrato di mantenere la sua efficacia.
La terapia genica prevede l’uso del DNA come un farmaco per trattare una patologia immettendo DNA terapeutico nelle cellule del paziente. L’uso più comune della terapia genica prevede di utilizzare del DNA che codifichi un gene funzionale per rimpiazzare un gene mutato (quello che genera la patologia). Il DNA che codifica la proteina terapeutica è impacchettato dentro un vettore che serve per inserire il DNA nelle cellule dentro il corpo. Il vettore può essere un plasmide, un vettore virale, un cosmide o un cromosoma artificiale.
Un modo diretto di inserire un gene estraneo, al fine di manipolare una cellula, consiste nel farlo passare attraverso la membrana cellulare. Perché il DNA inserito possa esprimersi, deve ovviamente integrarsi con il DNA della cellula ospite e i geni devono possedere segnali di controllo compatibili con gli enzimi della medesima, in particolare con l’mRNA polimerasi, per poter essere replicati come DNA cellulare.
Il problema dunque consiste nel selezionare la caratteristica genetica che vogliamo esprimere in una cellula, ciò che vogliamo trasmettere nel corredo genetico di una specie, nel creare questo DNA da inserire e nel metterlo nel vettore giusto in modo che penetri nell’ospite.
I vettori sono delle molecole di DNA che provvedono a propagare un frammento di DNA nella popolazione cellulare in crescita. Un buon vettore deve essere in grado di replicarsi nella cellula ospite, di accogliere del DNA estraneo senza perdere le funzioni replicanti, deve potersi inserire con facilità nella cellula ospite dopo essere stato manipolato in vitro, contenere un marcatore che permetta l’individuazione delle cellule manipolate e solo un sito che possa fungere da obiettivo per una o più endonucleasi restrittive.
Vi sono due differenti classi di vettori: i plasmidi e i batteriofagi, ma i plasmidi sono quelli che danno al momento più possibilità di intervento.
La creazione di un plasmide come vettore, inizia con la creazione del plasmide stesso tramite una endonucleasi che permetta l’apertura dell’anello del DNA e successivamente, in presenza del tratto da inserire, attraverso l’azione di una ligasi che provveda a chiudere covalentemente l’anello del plasmide con inserito il segmento di DNA estraneo. Perché l’operazione abbia successo il segmento tagliato deve avere le estremità compatibili con le estremità del plasmide aperto, il che si ottiene utilizzando la stessa endonucleasi, o con modificazioni chimiche sia del plasmide aperto che del DNA mediante l’uso di adattatori o linkers ottenuti per sintesi. Poiché è necessario clonare molte cellule identiche contenenti il plasmide per isolare caratterizzare e utilizzare la sequenza di DNA che interessa, e poiché è possibile inserire in un vettore, ad esempio delle cellule di E coli solo un singolo plasmide, è essenziale che il plasmide sia in grado di replicarsi nella cellula ospite in crescita. Perché ciò avvenga è fondamentale inserire in esso una sequenza nucleotidica detta “origine della replicazione” che dirige e controlla la duplicazione, in modo che ogni cellula ospite contenga alla fine un ragionevole numero di copie del plasmide (in genere 30). Il plasmide ibrido o DNA ricombinante può essere inserito in batteri o in lieviti e può replicarsi nella cellula dando ibridi clonati o può produrre proteine. E importante anche inserire un marcatore di selezione che possa permettere di selezionare rapidamente e in modo certo le cellule contenenti i plasmidi, permettendo di iniettare nel mezzo di coltura delle sostanze che uccidano le cellule prive di plasmidi e invece favoriscano la crescita di quelle portatrici della mutazione.
I successi che si stanno ottenendo dopo il 2006 hanno stimolato l’ottimismo circa la terapia genica. Allo stato attuale le patologie che promettono le migliori possibilità di trattamento sono quelle provocate dalla presenza di un singolo gene danneggiato, che, una volta identificato e clonato, può essere “sostituito” con un altro “sano”.
Questi includono trattamenti di pazienti con la patologia retinica amaurosi congenita di Leber, la agammaglobulinemia autosomica recessiva, la ADA-SCID, adrenoleucodistrofia,la leucemia linfocita cronica (CLL), leucemia linfocita acuta (ALL), il mieloma multiplo, l’emofilia e il morbo di Parkinson.
Nel 2012 in Occidente non era stato posto in commercio nessun farmaco per terapia genica. L’unico che ha ottenuto l’approvazione (2012) per uso clinico da parte della UE, il Glybera8, viene commercializzato dalla olandese UniQure che si è quotata a Wall Steet il 5 febbraio 2014.
La Cina invece aveva già approvato l’uso commerciale della terapia genica nel 20039. Nel 2003, infatti, la Shenzhen SiBiono GenTech (Shenzhen, Cina), ottenne una licenza dalla State Food and Drug Administration of China (SFDA; Beijing, China) per la sua terapia genica con il ricombinante Ad-p53 ideato per il carcinoma a cellule squamose del collo e della testa (HNSCC), un tipo di cancro che colpisce circa il 10% dei 2,5 milioni di malati di cancro all’anno in Cina10. Venduto sotto il nome di Gencidine fu sperimentato per cinque anni e in accordo alla letteratura medica cinese il 64% dei pazienti in fase avanzata mostrò una completa regressione e il 32% una regressione parziale.
Più di 25 anni dopo la fondazione delle prime società di terapia genica, non ci sono prodotti di terapia genica sul mercato negli Stati Uniti o dell’Unione europea. Sono state proposte molte ragioni per questo, compresi i limiti intrinseci sulla efficienza della inserzione del gene nelle cellule umane, gli eventi avversi riscontrati negli studi clinici, la mancanza di interesse e di investimenti da parte delle grandi aziende farmaceutiche, la preferenza del mercato per piccole molecole farmacologiche, ostacoli normativi, e le preoccupazioni per l’accettazione del mercato. Tuttavia modelli di analisi dei cicli di vita della tecnologia per le principali tecnologie di terapia genica suggeriscono che ora queste stiano raggiungendo il livello di maturità che è necessario per il successo del prodotto in altri settori tecnologici, tra cui anticorpi monoclonali. Inoltre, i recenti successi nel trattamento di malattie ereditarie rare rappresentano il tipo di successi, che consentono a tecnologie mature di ottenere primo ingresso nel mercato.
Restano tuttavia ancora dei problemi nella tecnologia della terapia genica.
1) La natura di breve durata della terapia genica: Prima che la terapia genica possa diventare una cura permanente per qualsiasi situazione, il DNA terapeutico introdotto nelle cellule bersaglio deve rimanere funzionale e le cellule contenenti il DNA terapeutico devono essere di lunga durata e stabili. Vi sono problemi nell’integrazione del DNA terapeutico dentro il genoma e la naturale rapida suddivisione di molte cellule impedisce alla terapia genica di raggiungere tutti i benefici a lungo termine. I pazienti devono perciò sottoporsi a più cicli di terapia genica.
2) Risposta immunitaria: Ogni volta che un oggetto estraneo viene introdotto nei tessuti umani, il sistema immunitario viene stimolato ad attaccare l’invasore. Il rischio di stimolare il sistema immunitario e di ridurre perciò l’efficacia della terapia genica è sempre una possibilità. Inoltre, la capacità del sistema immunitario di aumentare la sua risposta contro invasori che ha visto prima, rende difficile ripetere la terapia genica negli stessi pazienti.
3) Problemi con i vettori virali: I virus, vettori di scelta nella maggior parte degli studi di terapia genica, possono presentare una serie di potenziali problemi per il paziente: tossicità, risposte immunitarie e infiammatorie, controllo del gene e questioni di targeting. Inoltre, c’è sempre il timore che il vettore virale, una volta all’interno del paziente, recuperi la sua capacità di causare malattia.
4) Patologie multigeniche: Patologie che derivano da mutazioni in un singolo gene sono i migliori candidati per la terapia genica. Purtroppo, alcuni dei disturbi più comuni, quali malattie cardiache, ipertensione arteriosa, morbo di Alzheimer, artrite e diabete , sono causati dagli effetti combinati di variazioni in molti geni. Malattie multi gene o multifattoriali come queste sono particolarmente difficili da trattare in modo efficace utilizzando la terapia genica.
5) Per i paesi in cui la terapia genica germinale11 è illegale, le indicazioni che la barriera di Weismann12 (tra la linea somatica e quella geminale) possa essere violato sono rilevanti. Una diffusione nei testicoli, per esempio, potrebbe influire sulla linea germinale contro le intenzioni della terapia
6) Possibilità di indurre un tumore (mutagenesi inserzionale): Se il DNA è integrato nel posto sbagliato13 nel genoma, ad esempio in un gene soppressore del tumore, potrebbe indurre un tumore. Questo si è verificato in studi clinici per pazienti con X-linked immunodeficienza combinata grave (X-SCID), le cui cellule staminali ematopoietiche furono trasdotte con un transgene correttivo utilizzando un retrovirus; ciò portò allo sviluppo di leucemia su cellule T in 3 su 20 pazienti. Una possibile soluzione per questo è di aggiungere una funzionale gene soppressore del tumore sul DNA da integrare, tuttavia, questo pone dei problemi, in quanto più lungo è il DNA, più difficile è integrarlo efficacemente in genomi cellulari. Lo sviluppo della tecnologia CRISPR nel 2012 ha permesso ai ricercatori di rendere molto più precise modifiche a posizioni esatte nel genoma.
7) Il costo: solo un piccolo numero di pazienti possono essere trattati con la terapia genica a causa del costo estremamente elevato (Il Glybera, per esempio, avendo attualmente un costo di 1,6 milioni dollari per paziente, è risultato nel 2013 essere il farmaco più costoso del mondo.

Note
1In: http://www.biotech.iastate.edu/publications/biotech_info_series/bio4.html
2La Iowa State University condusse parecchi test di “sapore” presso i consumatori per valutare le qualità organolettiche della carne di maiali trattati con PST. Nel 1989 il 62% del campione preferiva le salsicce da maiali trattati con PST e nel 1990 tra il 54 – 60% dei consumatori preferiva la tenerezza, la succosità e il sapore della carne trattata. Nel 1990 108 famiglie di De Moines (Iowa) accettarono di far parte dell’esperimento assaggiando arrosti di maiali trattati e non; essi confermarono che gli arrosti da animali trattati erano più grandi e magri e non notarono differenze circa la succosità e il sapore, ma preferivano la carne di maiali non trattati per la tenerezza.(In: http://www.biotech.iastate.edu/publications/biotech_info_series/bio4.html)
3Lo spessore del grasso dorsale, o lardo dorsale, è usata come indice della quantità di grasso dell’intera carcassa.
4In: http://www.biotech.iastate.edu/publications/biotech_info_series/bio4.html
5WHO, International Programme On Chemical Safety, “Toxicological Evaluation Of Certain Veterinary Drug Residues In Food”, Who Food Additives Series: 43, Geneva, 2000 in http://www.inchem.org/documents/jecfa/jecmono/v43jec06.htm
6Genentech Inc. (nome nato dalla contrazione di Genetic Engineering Technology) è una società specializzata in attività biotecnologiche fondata nel 1976 dal capitalista Robert A. Swanson e dal biochimico Dr. Herbert Boyer, segnando un passo importante per l’evoluzione del settore della biotecnologia e nel campo della tecnologia del DNA ricombinante. Nel 1973, Boyer e il suo collega Stanley Norman Cohen dimostrarono che gli enzimi di restrizione avrebbero potuto essere utilizzati come “forbici” per tagliare frammenti di DNA di interesse da una fonte, per poi essere inseriti in un vettore-plasmide. Mentre Cohen proseguì i suoi studi ritornando nell’ambito del mondo accademico, Swanson venne contattato da Boyer per fondare la società. Boyer lavorò con Arthur Riggs e Keiichi Itakura dalla Beckman Research Institute, e il gruppo diventò il primo ad esprimere con successo un gene umano nei batteri producendo l’ormone somatostatina nel 1977. David Goeddel, Roberto Crea e Dennis Kleid sono stati poi aggiunti al gruppo, contribuendo al suo successo con l’insulina umana sintetica nel 1978. A partire dal febbraio 2011, Genentech impiega più di 11.000 persone. Il conglomerato farmaceutico svizzero Hoffmann-La Roche ora possiede completamente Genentech, dopo aver completato il suo acquisto il 26 marzo 2009 per circa 46,8 miliardi di dollari. (http://it.wikipedia.org/wiki/Genentech_Inc.).
7Al momento non vengono assunte donne volontarie per le difficoltà che possono creare ai test le modificazioni ormonali legate all’apparato riproduttivo femminile e alle maggiori possibilità di insorgenza di tumori allo stesso.
8Il Glybera, nome commerciale per il principio attivo Alipogene tipavovec è un trattamento di gene terapia che compensa la deficienza di lipoproteina lipase (PLD) che causa gravi pancreatiti.
9http://www.nature.com/nbt/journal/v22/n1/full/nbt0104-3.html
10Il carcinoma a cellule squamose (SCC) è il più frequente tumore maligno della regione della testa e del collo. HNSCC è il sesto tumore per incidenza mondiale. Ci sono 500000 nuovi casi l’anno nel mondo. Due terzi si verificano nei paesi industrializzati. HNSCC di solito si sviluppa nei maschi tra i sessanta e i settant’anni. La versione nasofaringea è la prima causa di morte nei giovani nella Cina sudorientale e a Taiwan. E’ causato da tabacco e il consumo di alcol e l’infezione con i tipi ad alto rischio di papillomavirus umano (HPV), ma si sospetta che anche il masticamento di noci di Betel aumenti il rischio. SCC si sviluppa spesso da preesistenti lesioni displastiche. Il tasso di sopravvivenza a cinque anni dei pazienti con HNSCC è di circa 40-50%.
11Germinali ovvero tramite cellule sessuali come oociti o spermatozoi. La caratteristica saliente delle cellule germinali è quella di dare luogo, attraverso un processo riduzionale del patrimonio genetico detto meiosi a gameti contenenti solo una quota N del patrimonio 2N delle cellule. Le cellule che non sono nella linea germinale sono chiamate cellule somatiche. Tali sono, per esempio, tutte le cellule del fegato. Se vi è una mutazione nella linea germinale, ci sono determinate probabilità che possa essere trasmessa ai figli, mentre una modifica in una cellula somatica no.
12/sup>La barriera di Weismann è il principio, proposto da August Weismann, per cui l’informazione ereditaria si muove solo dai geni alle cellule del corpo, e mai in senso inverso. Nella terminologia più precisa l’informazione ereditaria si muove solo dalla linea germinale delle cellule alle cellule somatiche (cioè, è impossibile dalle somatiche al feedback germinale). Questo non si riferisce al dogma centrale della biologia molecolare che afferma che nessuna informazione sequenziale può viaggiare da proteine di DNA o RNA. La barriera Weismann è molto importante in quanto ha implicazioni nel campo della terapia genica. Se la barriera di Weismann è permeabile, i trattamenti genetici delle cellule somatiche possono effettivamente produrre un cambiamento ereditabile nel genoma, con conseguente ingegneria genetica della specie umana e non solo singoli individui. L’impenetrabilità della barriera di Weismann è stata messa in dubbio dalla tecnologia della trascrittasi inversa e in recenti studi del sistema immunitario.
13In realtà non si può garantire che il DNA introdotto sia inserito nel sito giusto del DNA del paziente, cioè esattamente nel tratto in cui c’è il pezzo di DNA sbagliato, se vogliamo dire così, (ciò avviene con la frequenza di uno su mille). Per ovviare a questo problema si sta soprattutto tentando una terapia basata sull’incremento genico del genoma. In questo caso si rinuncia ad inserire fisicamente il gene sano nel segmento di DNA lesionato, ma lo si induce a esprimere il prodotto che il gene danneggiato dovrebbe fornire. Un vantaggio di queste tecniche sta nel fatto che la terapia è efficace anche se il gene corrotto non viene sostituito in tutti i miliardi di cellule dell’organismo, infatti certi geni vengono espressi solo in un determinato tipo di cellule sul quale si può intervenire. Non solo, il danno causato dalla scarsa sintesi di una proteina, che dovrebbe essere prodotta in ogni cellula, può essere supplito dal corretto funzionamento di solo una parte di cellule, quelle ove la carenza assume un aspetto devastante. Vi è però il problema che il gene corrotto resta in ogni singola cellula e che quello sano introdotto può posizionarsi in siti tali da disgregare il funzionamento di un altro gene essenziale o persino innescare inavvertitamente geni cancerogeni latenti o bloccare geni soppressori di un tumore.


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