Il tutto è tornato a galla con la solita insipienza che caratterizza i giornalisti, non solo sportivi, nel corso degli Europei del 2012. Ad Antonio Cassano qualcuno chiede di commentare le dichiarazioni di Alessandro Cecchi Paone sulla presenza tra gli azzurri di due omosessuali e di altrettanti metrosexual, ovvero di uomini etero che curano tantissimo il proprio aspetto. Il figlio di Bari vecchia si adatta perfettamente alla parte del rozzo calciatore ignorante e con accento dialettale dice: “Che? I frouci? Sono problemi loro. Spero davvero che in nazionale non ce ne siano.”
Neanche un mese dopo in un’altra conferenza stampa un giornalista chiede a Francesco Totti di dire la sua su uno spiacevole episodio a carattere omofobo che ha visto protagonista Zarate. Il capitano della Roma non è Cassano, ma un po’ di problemi con l’italiano ce li ha anche lui e così l’esordio ”Io rispetto l’omofobia” fa il giro delle TV molto più del concetto che Totti vuole esprimere e che è puntualizzato dal resto del discorso riferito all’omosessualità: “rispetto la gente che vuole fare quella cosa, sono esseri umani e vanno rispettati”.
Del resto in Italia il dibattito sull’orientamento sessuale dei calciatori è buono solo per chiacchiere da bar e va trattato con intento derisorio anche perché il vero calciatore è virile, macho, non deve chiedere mai e se appare stanco è perché la modella o la velina di turno lo ha spompato. E in questo desolante panorama paradossalmente fa specie che l’allenatore della nazionale, Cesare Prandelli, abbia non solo auspicato il coming out di atleti e calciatori, ma abbia anche riconosciuto nell’omofobia la stessa matrice discriminatoria del razzismo, fenomeno che connesso al calcio ha più creditoa livello mediatico perché già da anni assurto allo status di “questione da affrontare”.[1]
Se guardiamo oltre confine l’Inghilterra sembra navigare nelle stesse cattive acque. Le recenti dichiarazioni di Robbie Rogers, ex terzino del Leeds United, sull’impossibilità di conciliare omosessualità e carriera calcistica hanno, infatti, riportato alla mente la triste vicenda di Justin Fashanu, primo calciatore nella storia a dichiarare pubblicamente la propria omosessualità nel 1990, morto poi suicida nel 1998 dopo che il mondo sportivo e non solo lo aveva isolato. Eppure oltre manica la Football Assiociation insieme ad alcune grandi squadre e ad altre meno conosciute[2] supporta da circa un anno la campagna Football vs Homophobia, che propone una lettura più avanzata del concetto di omofobia e si pone come obiettivo la rimozione di tutte le discriminazioni e i pregiudizi basati sull’identità di genere e sull’orientamento sessuale. Quindi un calcio che dai campetti di periferia ai grandi stadi sia inclusivo per tutti e tutte, “wheter we are lesbian, gay, bisexual, trans or heterosexual”.
Birgit Prinz
Ciò che, infatti, realmente serve non è la pubblica denigrazione da parte del mondo del calcio dell’omofobia, né il riconoscimento della bifobia o della transfobia. Non serve neanche garantire le pari opportunità o la pari visibilità a squadre come quella dei Pochos, la prima compagine napoletana formata interamente da gay. Avversari in campo e pubblico sugli spalti inveirebbero comunque contro le scelte sessuali di chi si è esposto, come oggi si inveisce contro i giocatori di colore anche se nessuno è ufficialmente razzista. Il nodo vero da sciogliere è nell’identità di genere che da sempre chi guarda, mangia e pratica calcio è abituato ad affibbiare a sé e alle altre persone che guardano, mangiano e praticano calcio.
In quest’ottica varrebbero forse più di tante parole episodi come quello accadutonel luglio 1911 in un derby giocato ad Asunción (Paraguay) tra Nacional e Olimpia, in cui il Nacional schierò una donna tra i suoi undici.[3] E servirebbero più personaggi come Luciano Gaucci che nel luglio 1999 affidò alla Morace la Viterbese, allora in C1, e nel 2003 condusse una lotta contro la UEFA per poter tesserare nel Perugia Birgit Prinz, fortissima giocatrice tedesca.
federico
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[1] Per la conferenza stampa di Totti cfr. qui, per le duchiarazioni di Prandelli cfr. qui
[2] Supportano la campagna 2013 una trentina di club di Premier League o Football League (tra cui Arsenal, Aston Villa, Liverpool, Manchester City, Norwich City, Sunderland, West Ham United, West Bromich Albion, Blackburn Rovers) e 14 club semi-pro o non professionistici, tra cui il FC United of Manchester
[3] L’identità della giocatrice non è nota. Per maggiori informazioni cfr, Clasicos, Vincenzo Paliotto, pag. 98, e qui.