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Andrea Molaioli affronta la sua seconda opera cinematografica. Stra premiato dal suo primo film: “La Ragazza del Lago”, si riprende Toni Servillo e lo affianca a Remo Girone scegliendo questa volta di raccontare una delle pagine più importanti della cronaca del nostro paese: il crac finanziario della Parmalat. “Il Gioiellino” infatti, nonostante i nomi fittizzi che potrebbero fuorviare, non è altro che una ricostruzione abbastanza fedele di quel grande fallimento che ha visto colpire economicamente milioni e milioni di italiani. E quindi se la Leda è la Parmalat, l’Amanzio Rastelli di Remo Girone è Calisto Tanzi e l’Ernesto Botta di Toni Servillo è Fausto Tonna. Ma non sono gli unici ad avere un personaggio sotto falso nome presente nel film.
Parte bene “Il Gioiellino”, nel descrivere il momento d’oro di una società andata ben oltre le sue aspettative –"il latte non è un prodotto che fa guadagnare molto" è una frase ripetuta più volte–, mostrandone anche i suoi lati più loschi -come l'acquisto "invisibile" di una macchina di lusso-. Sogni, e illusioni legati ai progetti di un espansione impossibile, colpa di una mentalità troppo provinciale, palesata ancor di più nel momento in cui, per ragioni economiche e familiari, viene affiancato al personaggio di Toni Servillo quello di Laura Aliprandi (Sarah Felberbaum), la nipote di Rastelli. Personaggio alquanto particolare, di cui ancora rimangono oscuri alcuni comportamenti.
Il pregio principale del film è una storia molto interessante che si lascia seguire sempre con molta attenzione, in particolare nel momento in cui la Leda inizia la discesa che la costringe ad aggrapparsi ad ogni tipo di salvataggio possibile. Qui viene mostrata la difficoltà e allo stesso tempo la facilità con cui alcune società possono (e riescono), in maniera non proprio legale, a rimanere a galla nonostante l'evidente insufficienza economica che le affligge. Coperta solo parzialmente da enormi favoritismi e sostanziose mazzette fatte alle persone giuste. Peccato che nella seconda parte il film subisca alcuni cali di ritmo. La storia mantiene l'interesse, ma con un po' più di fatica rispetto a come lo aveva fatto precedentemente. Un difetto questo, già presente anche nel primo film di Molaioli e probabilmente un suo tallone di Achille.
Ma nell’insieme “Il Gioiellino” funziona bene, è molto intrigante e capace di spiegare dettagliatamente ogni passaggio tecnico relativo alle scelte dell’azienda di Rastelli. In modo da far comprendere a chiunque, anche ai meno esperti, ogni tipo di passaggio che porterà al futuro fallimento. Sorretta da due ottimi protagonisti (Servillo e Girone), la seconda opera di Molaioli supera di gran lunga quella del suo esordio. Una buona iniezione di fiducia per chi, fino a pochi anni fa era "solo" l’aiuto regista di Nanni Moretti!
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