Da Carmilla, Girolamo De Michele. Riprendiamo (e ringraziamo) dal sito uomo in polvere questa notizia, a commento del video soprastante (la notizia cui ci riferiamo viene data dal minuto 9:45, il post originario è qui):
«A luglio un notav di nome Alessandro Lupi viene ferito al volto da un lacrimogeno sparato ad altezza uomo durante una manifestazione a Chiomonte. Nei giorni successivi fa girare la sua storia sulle mailing list del movimento, e poco dopo inizia a ricevere le mail di un certo Alessio il quale, dicendo di essere dalla sua parte, sostiene però di avere visto che si è fatto male cadendo da solo (parliamo di numerose fratture ad ossa del viso). Alessandro denuncia per diffamazione questo ignoto, e pochi giorni dopo riceve una mail scritta con lo stesso stile di questo Alessio in cui l’autore si scusa ma ribadisce di averlo visto cadere da solo. Piccolo dettaglio, questa mail proviene dall’indirizzo di posta di Massimo Numa, ‘giornalista’ de “La Stampa”, per la precisione dal suo indirizzo di lavoro».
La notizia lascia a dir poco stupiti. Massimo Numa, giornalista di un quotidiano di peso come “La Stampa”? Sì, d’accordo: a Torino questo giornale è sempre stato noto come “la busiarda” – ma sembrava che queste illazioni fossero tramontate con la fine delle ideologie. E soprattutto, con l’arrivo a “La Stampa” di un direttore come Mario Calabresi, che aveva fatto dell’imparzialità e della professionalità la propria bandiera per il rilancio del giornale.
Quello stesso Massimo Numa considerato «profondo conoscitore del movimento No Tav», al punto da essere interpellato per confermare le cifre fornite dalle forze dell’ordine?
Quello stesso Massimo Numa che ha nel proprio palmares addirittura il “Premio Igor Man” per «l’accuratezza e la sensibilità» con cui informano i lettori?
Ebbene sì: proprio lui.
Quello stesso Massimo Numa che il 16 Novembre del 2001, contravvenendo all’art. 2 del Codice Deontologico dei giornalisti, si presentò nella sede dell’Associazione “Exit-Italia – Centro di studi e documentazione sull’eutanasia” sotto false spoglie, spacciandosi per tale Mario Ghiso, e munito di un registratore nascosto nella sua giubba di pelle, affermando di avere una madre in fin di vita (la denuncia completa è scaricabile in pdf qui)?
Quello stesso Massimo Numa che ha trascritto nome e cognome di un cittadino, accusandolo in un articolo su “La Stampa” di attività svolta il 14 agosto in Val di Susa, laddove questo stesso cittadino era ritornato da giorni al proprio paese, come ha denunciato con ampia serie di prove in diversi luoghi del web?
Quello stesso Massimo Numa che sarebbe stato riconosciuto nell’agosto 2010 come uno dei due individui che, giunti “su una scena del crimine”, vengono ripresi dalle telecamere mentre «con fare trafelato (e alquanto disperato) si appropinquano verso il cassonetto dei rifiuti di casa sua e come due barboni cominciano a rovistare tra tutta la sua spazzatura, analizzando scatolette, foglietti e liquami vari» (fonte: Indymedia Piemonte)?
Quello stesso Massimo Numa querelato per diffamazione da un cittadino che ha avuto la ventura di ritrovarsi su “La Stampa” improvvidamente – e in ogni caso in assenza di una sentenza giudiziaria – descritto come capo di una rete di prostituzione internazionale (la querela è qui)?
Pare proprio di sì.
Ha niente da dire il direttore de “La Stampa”, Mario Calabresi?
Ha niente da dire l’Ordine dei Giornalisti?
Ha niente da dire la magistratura piemontese, così solerte nel perseguire i militanti No Tav?