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Il giorno del cactus

Da Miwako
IL GIORNO DEL CACTUSBevo un caffè caldo alla finestra, sempre col consueto pizzico di cannella nella miscela, mentre fumo la sigaretta migliore della giornata.Molte le zanzare, troppi i pensieri che mi fanno compagnia.Maggio è un mese bellissimo.Il sole tramonta tardi, pur senza essere ancora troppo invadente.L'aria profuma di fiori, di nettare, di aspettativa, di sabbia non troppo lontana e interminabili notti impunturate di stelle e parole.Oggi mi hanno regalato un cactus.La cassiera di un supermercato che non frequento abitualmente, dopo averle sussurrato "coraggio, è quasi finita" vista l'ora e la fila di ultiminutisti, mi ha sorriso, ha preso una piantina dal banchetto vicino alla cassa e mi ha detto "Tieni, questa te la regalo".Ho guardato quei cactus per cinque minuti, pensando a quanto è bello decidere di comprare una pianta e tornarsene a casa sorridendo con la spesa sotto braccio e una pianta fra le mani; poi ho avuto compassione di loro, sapendo che la sopravvivenza dei cactus, nonostante mi fregi di un pollice quanto meno verdolino, è un territorio che mi è sempre rimasto oscuro.Ma si vede che era destino, per il cactus ed il mio pollice verdolino, d'inconrtrarsi da vicino.
La radio è accesa, mentre inforno il dolce a tema di questa giornata, ci ho messo cacao, yogurt e una cucchiaiata di nutella; il tutto, una volta raffreddato, verrà farcito con crema di latte e panna.Entra un vento lieve dalla finestra spalancata sulla città che dorme, si mescola alle note di Jingle Bells che escono da Radio Tacoma Oldies e al profumo di vaniglia e cioccolato che si propaga nella cucina. Per un attimo, complici i pensieri che si sono infilati dove ancora non osano le aquile e tanto meno le parole, non mi sembra neppure di essere dove sono.Irreale questa casa deserta, il profumo di cacao e fiori, la musica natalizia, le braccia nude per l'estate che ormai scalpita, i cerchi concentrici della mia mente che orbitano attorno alla mia testa come gli anelli che abbracciano saturno.
I pensieri sono in vena di free climbing stasera, le emozioni pure. Si aggrappano al cuore, alle vene, alle pareti, e mi lasciano inebetita. Come con la salsa di soya, sento la dolcezza, l'agro, l'amarognolo, tutto in maniera indistinta.Felicità e tristezza finiscono a far l'amore, di quando in quando.Le ultime giornate sono state dense di cose che non so dire. Probabilmente perché quando son cose che non succedono ma sono, invisibili e palpabili, è molto più complicato metterle in tavola come si farebbe con un poker d'assi.Nemmeno mi preme, a dirla tutta. Voglio solo tataure questa carta posticcia con quello che sento in questo esatto momento.La pioggia cadeva al contrario solo due giorni fa, proprio come le mie lacrime, che scendono verso l'interno per paura di essere scoperte. Acuta, sfacciata, quasi imbarazzante questa felicità che coincide con una fine annunciata. Le labbra piene di risate, le mani intrecciate, le parole mozzate.Sarà che più si sente, meno si è in grado di esprimerlo.Sarà anche che al mio corpo sembra di essere in carne viva, ricoperto da un miliardo di cuori, tutti vivi, attivi, ricettivi.
Il cuore è uno zingaro e va, cantavano Nada e Nicola di Bari oltre 40 anni fa. Ma per andare serve una bussola. E se la bussola è il cuore, chi fa da bussola al cuore?Che ne sa lui, avrà mica sempre ragione?Non me la dite la risposta, per carità.
La torta è pronta da un po', fa caldo, Eartha Kitt cinguetta Santa Baby dalle casse del computer, ed io preparo quella crema di latte e panna che mi piace tanto. Beppino il Cactus, osserva il tutto interdetto, non lo sa ancora che è finito con un aspirapolveredistelle un po' particolare.Magari è il NataleBis a farmi quest'effetto.Si, dev'essere così, è pure il 25 oggi.

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