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Il Giorno dell'Apocalisse - 2

Da Marcar

 

IL GIORNO DELL’APOCALISSE – romanzo di Marco Caruso – Ogni diritto riservato

 

puntata numero 2

 

***

 

Parcheggiando la Mercedes noleggiata fornendo un nome di comodo, Willhelm Henkel pensava, con soddisfazione, a quanto sia facile sfruttare le altrui debolezze.

Il Pentagono! Il centro di potere che decide il destino del mondo intero! Io l’ho sedotto, battuto e derubato del più importante dei suoi segreti! E’ bastato l’aiuto di due puttane ed una piccola organizzazione che ha agito come un cancro all’interno della CIA. Un vero capolavoro d’intelligence spionistica.”

 

Il Tedesco scese dalla macchina, si passò le mani sui lunghi capelli bianchi e si aggiustò gli occhiali scuri sul naso; a settant’ anni, la sua figura era ancora imponente e robusta. In quel momento si trovava di fronte all’Eldorado Hotel, di Salvador, capitale dello stato di Bahia. Quindici giorni prima, una donna aveva prenotato per lui una camera del secondo piano.

 

Henkel alzò gli occhi al cielo. Brutto tempo: nuvole veloci e minacciose promettevano pioggia in abbondanza, forse un uragano, ed egli respirò con voluttà l’aria già elettrica.

Entrato nella piccola hall, un vecchio meticcio gli rivolse un sorriso tanto artefatto da fare schifo.

- Mi chiamo Alan Parker. Dovreste aver ricevuto via telefax una prenotazione a mio nome. – disse Henkel in un discreto portoghese.

- Sì, mister Parker – rispose il vecchio portiere – e le abbiamo riservato la camera migliore del piano desiderato, il secondo. Quanto conta di fermarsi?

- Non lo so. Il tempo di concludere un piccolo affare. Rappresento articoli industriali. – rispose, firmando il registro. Si fece accompagnare in camera dopo aver pagato tre giorni anticipati.

- Non c’era nemmeno bisogno di prenotare – commentò il portiere mentre lo precedeva sulle scale – Purtroppo c’è poca gente, come anche negli altri alberghi di Bahia. C’era più turismo, un tempo…

Un tempo… prima che l’AIDS venisse a distruggere la vostra industria principale: la prostituzione” pensò Henkel – Non voglio esser disturbato per nessun motivo. – disse al vecchio meticcio mentre gli allungava un dollaro di mancia – E domattina, sveglia alle sette in punto.

Aveva appena dieci ore per riposare e riprendersi dal cambio di fuso orario; la mattina dopo si sarebbe recato all’appuntamento con il professor Hautzer, che viveva dall’altra parte di Salvador già da parecchi anni, da quando la CIA aveva deciso di pensionarlo. Ormai, il piano Apocalisse era gia stato ritenuto troppo pericoloso per essere attuato, ed i capoccioni dell’Amministrazione Reagan erano troppo impegnati a gioire per il progressivo sfaldamento dell’Unione Sovietica. L’URSS non era più il nemico da battere, ma un immenso mercato da conquistare, ed il Piano fu quindi accantonato, sepolto tra i tanti segreti del Pentagono finché Henkel, casualmente, ne scoprì l’esistenza.

Per uno come lui, ideare il modo di trafugarlo e progettare il sistema per ricavarne vantaggi inimmaginabili si era rivelato uno scherzo…

 

La Croce e la Spada

 

  

 

Ho lasciato l’automobile poco prima del Colosseo, per proseguire a piedi lungo l’omonima via. Una grande insegna al neon sopra il pesante portone di legno intarsiato indica il ristorante La Notte dei Maghi. Mi secca presentarmi da solo: Claudine è sparita senza lasciare traccia. A casa sua non c’è ed alla Star Film l’hanno congedata ieri a mezzogiorno, subito dopo il provino. Comunque, spero di poter presto chiarire la vera natura dei suoi rapporti con Deschi; inoltre, ho la sgradevole sensazione che qualcuno stia cercando di farmi fesso. Beh, ragazzi, non ci siamo proprio! Innanzitutto, amo il lavoro che faccio e non mi va che una qualsiasi sgualdrinella venga a complicare le mie relazioni professionali. E, per quanto riguarda Sara, il discorso è chiuso e non intendo riaprirlo per nessun motivo. La incontrerò, semmai, per dirle che non c’è niente da fare, savia o no che sia. In quanto a Sandro, meglio che impari a farsi gli affari suoi. Ma ora spero di passare una serata rilassante e di mangiare bene.

Cerco di entrare, ma il portone è chiuso. Non vedo campanelli ed allora busso. Aprono dall’interno solo un curioso spioncino triangolare. Vedo un’orribile faccia di vecchia, rugosa, incorniciata da un’assurda massa di capelli lunghi, biondi. La guardo, stupefatto, e la vecchia grugnisce:

- Come si chiamano le due colonne del Tempio di Salomone?

I suoi occhiacci celesti, slavati, mi fissano con una strana intensità. Non rispondo alla sua domanda, lei mostra una certa irritazione e richiude lo spioncino. Busso di nuovo, spazientito, e stavolta si apre il portone.

- Giovanotto – farfuglia, costernata – non avendo risolto l’indovinello della serata, non potrà cenare gratuitamente! Peccato. – e se ne va, lasciandomi, solo, in una minuscola saletta rettangolare costituita da pareti di vetro rosso, dietro le quali sembrano ardere fiamme molto alte. L’effetto c’è di sicuro, sconvolgente, realistico. Comincio ad avere lo stomaco in subbuglio, e vorrei uscire all’aria aperta, ma il portone non presenta né maniglie né serrature. Non mi resta che seguire la vecchia, scomparsa dietro un pesante tendaggio di velluto ovviamente rosso. Trovo dunque una scala che sale fino al piano superiore: qui trovo un ambiente del tutto diverso. Dall’inferno al paradiso.

Mi accoglie un vecchio altissimo, vestito da una lunga tunica di raso bianco.

- Il mio nome è Arcaus. Sono l’angelo della sua serata, signore. Benvenuto nel paradiso della buona cucina. E perdoni la stravaganza di Zaira, la nostra portiera.

Gli rispondo di tagliar corto e indicarmi il tavolo prenotato dal dottor Lanza; il vecchio si inchina leggermente poi mi scorta fino ad uno dei venti tavoli della sala, vicino al piccolo palco. Non vedo nessuno. Ringrazio il cameriere che, dopo un altro inchino, se ne va. Mi guardo intorno: la sala, troppo vasta per soli venti tavoli, è arredata quasi sfarzosamente. Stoffa azzurra alle pareti, tende di seta alle finestre. I tavoli e le sedie sono in stile Impero e sulle tovaglie ricamate vedo porcellane finissime e posate d’argento. L’illuminazione è assicurata da centinaia di candele profumate contenute da eleganti candelieri. Una giovane cameriera sta preparando il mio tavolo (a giudicare dal nome scritto in caratteri gotici d’oro su sfondo nero, sul biglietto posato sotto un calice) con i coperti per tre persone. Meno male che ho portato la carta di credito: altro che locale simpatico! Questo è un posto adatto solo a gente come Sandro!

Altri tavoli si stanno riempiendo lentamente, e nel massimo silenzio. Questa quiete comincia a darmi sui nervi. Alla mia sinistra, un signore piuttosto maturo, in smoking, mi fissa con una certa continuità. Ho la netta sensazione di averlo conosciuto molti anni fa, ma non riesco a ricordare quando e dove, e forse lui sta pensando la stessa cosa.

Mi sento toccare lievemente la spalla sinistra.

Volto il capo e vedo una meravigliosa femmina mora, alta oltre la media, che mi sorride. Emana una sensualità quasi animalesca ma dolce e rassicurante quanto il seno materno, oltre ad un profumo che mi ricorda l’essenza di verbena.

- Ciao. Sono felice di vederti.

Cristo Santo, questa è Sara!

- Sono arrivata un po’ in ritardo… Hai visto Sandro?

Non riesco a risponderle, e mentre si siede, continuando a conversare amabilmente, non riesco a far altro che fissare la scollatura del suo delizioso vestito azzurro, le labbra piene e rosse, il sorriso dolcissimo. Sto provando la stessa emozione di tanti anni fa, quando m’innamorai di lei.

Pian piano, lottando tenacemente, esco da questo imbarazzante stordimento. Del resto, questa donna non è più mia moglie!

Ma Sara continua a parlare con tono soave.

-… Sai, Mario, vengo spesso in questo ristorante e ti garantisco che rivederti qui è una sensazione meravigliosa!

- Ti sei messa d’accordo con Sandro, vero? Ed il motivo di quest’incontro?

Sara mi guarda un po’ stupita e continua a parlare di mille cose, sorridendo, manifestandomi la tenerezza che una madre riserva al proprio bambino.

-… Pensi che abbia fatto male a parlarne con Sandro? – chiede poi, concludendo un breve mea culpa sulla fine del nostro rapporto, facendomi credere di voler tornare indietro, di ottenere una seconda possibilità. So che non sta bene, ma non posso fare a meno di risponderle con un’altra domanda:

- E perché ti sei comportata a quel modo? Perché disgustarmi, costringermi a divorziare?

Sara fa una smorfietta deliziosa, come per schernirsi – Errori di gioventù… un forte esaurimento nervoso… pensa quel che vuoi. Sappi, però, che io non t’ho mai tradito, e non esiste, per me, altro rapporto possibile. Io voglio te. Voglio unirmi in matrimonio con te, indissolubilmente e senza ripensamenti, stavolta.

Mi sale alla gola, bruciante, tutto il risentimento che provai per lei, tutta la sofferenza gratuita sopportata in nome del nostro amore. – Ma che stai dicendo? Siamo ormai separati, persone che hanno preso strade diverse. Che senso avrebbe rimetterci insieme? Comunque, penserò alla tua proposta; ora, vorrei parlare delle tue… ehm, dei tuoi vecchi disturbi. Come ti senti?

- Sto benissimo! Non mi vedi? – ed in effetti, sembra una ventenne, orgogliosa del suo corpo e della sua femminilità. Si alza e gira un paio di volte su sé stessa: è splendida. Mi fissa, serena, con i suoi grandi occhi neri, e si risiede, ma vedere solo il suo viso non mi calma affatto. Brucia in me un desiderio assoluto, struggente.

- C’è un’altra donna nella tua vita?

Vorrei non risponderle, e cerco comunque di usare un certo tatto – La solitudine è una brutta bestia. Del resto, hai deciso di lasciarmi solo…

Per fortuna, il cameriere vestito da angelo viene a prendere le ordinazioni; non ho fame, e non guardo nemmeno il menù. Lascio scegliere a Sara anche per me. Prima d’andarsene, il cameriere si china per sussurrare al mio orecchio:

- Ha telefonato il dottor Lanza: si scusa di non potervi raggiungere causa un’emergenza sanitaria. M’ incarica di dirvi che si onora di offrirvi la cena che gradirete consumare.

L’irritazione torna a crescermi dentro. Trattato come un bambino recalcitrante, senza poter scegliere liberamente neanche quali sentimenti coltivare.

- Sara, ti prego, sii onesta: cosa vuoi da me?

E per tutta risposta, esclama, radiosa:

- L’ho già detto: sposarti!

- Davvero… cosa hai fatto in questi anni?

- Oh, tante cose: ho lavorato per entrambi. Ed ho incontrato persone meravigliose, che mi hanno aiutato, preparandomi per la nuova vita. Ho imparato moltissimo.

- Ti hanno aiutato a far cosa?

Ora, la povera demente sembra titubante, perplessa – Non te l’ha spiegato il nostro amico Sandro?

- No. Il bravo Sandro si è limitato a combinare quest’appuntamento!

Sara abbassa gli occhi sul piatto ancora vuoto, seria, muta per qualche minuto. Poi, improvvisamente, dichiara:

- Ho promesso di non spiegarti niente se non dimostri di poter capire!

- Che cosa dovrei capire?

Scuote la testa, tristemente. Sembra affranta. I suoi occhi sono pieni di lacrime.

- Ma non ti sei accorto di niente? Non vedi che sono diversa? Io sono cambiata davvero!

Mi sento gelare. Ora la sento lontanissima, estranea, mentre la malattia riaffiora a sconvolgere la sua povera mente. Il viso delizioso si trasforma in una maschera grottesca, ridicola.

- Ora tocca a te, amore – riprende, cambiando tono – Devi dimostrare la tua buona volontà: io non sono più la pazza di una volta, ma tu? Quando guarirai? – Tira fuori dalla borsetta di raso una fiala verde: dev’essere la Vitatrina, la sostanza brevettata da Sandro.

- Questa ti aiuterà – esclama, entusiasta, nel rompere la fiala per versarne il contenuto in una coppa – Non basta, certo, ma ti aiuterà!

- Sara…

- Bevila, ti prego! – implora.

Devo avere una brutta cera, ed il mio malessere attira l’attenzione di una signora dal fare aristocratico che si alza da un tavolo vicino. I capelli candidi, lo sguardo sereno ed altero, insieme al lungo vestito di seta grigia mi fanno ripensare al ritratto ottocentesco di una mia lontanissima antenata ritrovato casualmente anni fa nella soffitta della nonna.

- Signore, si sente poco bene? – chiede, premurosamente, la signora sconosciuta

Sara abbassa la coppa e lo sguardo; si sta ritraendo come intimorita dall’anziana figura. Una musica dolcissima invade la sala, diffusa dagli altoparlanti ai lati del palcoscenico dove una decina di ballerine mascherate iniziano ad ondeggiare avvolte da veli dorati.

- Solo un lieve sbandamento – rispondo cortesemente – Forse il lavoro… - guardo Sara, contrita, ammutolita. Povera creatura, penso, mentre la signora si presenta come la proprietaria del locale:

- Mi chiamo Clermont. Madame Clermont. Le piace il mio locale? Posso sedermi?

- Si accomodi. Il suo locale si può certo definire… elegante – rispondo, alzandomi per presentarmi.

- Bene, signor Bersani, è già qualcosa. Spero sempre che i miei clienti si sentano comodi e tranquilli. Se hanno dubbi o preoccupazioni, posso fornire qualche risposta: sono un’ottima cartomante.

- Davvero?

Madame Clermont estrae un mazzo di carte da una tasca del lungo vestito da sera – Vuole conoscere il futuro? E’ un servizio del tutto gratuito per i nostri clienti.

- Sì, per chi ci crede…

- Non crederà finché non prova. Cosa vuole sapere?

- Va bene – le concedo, pur di togliermela al più presto da torno – Faccia pure.

- Benissimo – esulta – Del resto, conoscere il proprio futuro equivale ad accettare una sfida: non rassegnarsi supinamente al destino! – ed inizia a mescolare le carte, invitandomi poi a dire un numero compreso tra uno e settantotto.

- Vuole fare una domanda? Altrimenti le carte risponderanno alle questione che più le stanno a cuore in questo momento. – chiarisce dopo aver sentito il primo numero che mi viene in mente.

- Lasciamo fare alle carte, allora.

- Questo è il metodo della Croce e la Spada – continua, imperterrita – e dobbiamo scegliere la carta che funge da significante. Ha qualche preferenza? Voglio dire: quale carta tra i 78 Tarocchi la rappresenta meglio?

- Non ne ho la più pallida idea.

- In questo caso, scelgo io: Il Cavallo di Spade! La carta giusta per lei… - estrae la carta dal mazzo e me la mostra, compiaciuta – La poniamo proprio al centro dello schema, sul tavolo, e di seguito, tutte le altre carte…

La cartomante estrae altre dieci carte, disponendone sei a croce e quattro verticalmente – La prima, cioè quella che copre la sua identificante è il XVIII° Arcano: La Luna, che ci descrive la sua situazione attuale. Dunque, possiamo capire che gran parte dei suoi affanni derivano da un tormento che sta vivendo la sua anima, anche dipeso da forti influenze esteriori. La Luna simboleggia il mondo psichico e quello onirico; l’inconscio individuale minacciato da forze esterne insidiose e potenti. E’ vero?

- Può darsi. Vada avanti.

- Vediamo la seconda carta, che incrocia direttamente quella già descritta: il II Arcano, La Papessa. Un mistero da svelare, antico, importante quanto la sua stessa vita! E la terza carta, Il Nove di Spade predice gli avvenimenti recenti e ci parla di desolazione e violenza… che può riguardare lei o una persona amata: questo chiarisce la carta successiva, il Due di Spade rovesciato. E la quinta carta, disposta sul braccio superiore della nostra croce, indica gli sviluppi futuri di questa situazione con l’Asso di spade capovolto! Pessima carta, che annuncia una lotta violenta, impari, forse vana, contro avversari infidi e crudeli. Ed infatti, la sesta carta mostra l’insieme delle influenze che, nell’immediato futuro, agiranno in questo contesto: è uscito Il Diavolo, e ciò è molto grave…

Madame Clermont si ferma e mi guarda attentamente; si aspetta forse di scorgere sul mio viso un’espressione preoccupata?

- Il Diavolo – riprende con voce greve – qui rappresenta un pericolo mortale proveniente da un circolo di forze contrarie e malvagie che generano morte, rovina e dissoluzione. Forse, signor Bersani, lei avverte già l’avvicinarsi di questa nefasta influenza. La settima carta, cioè la prima delle carte disposte verticalmente, è La Torre, e ci annuncia un cambiamento, tanto repentino quanto traumatico ma non necessariamente negativo; La Torre, infatti, è un edificio di carne colpito da un fulmine celeste: l’orgoglio e la superbia tipici della condizione umana si rivelano e vengono puniti. La carta successiva, La Morte, illustra il culmine del processo rinnovatore cui sarà sottoposta la sua anima. Per vivere una nuova esistenza, si deve prima morire! – e così dicendo, la cartomante solleva la carta e la porta a pochi centimetri dal mio viso: vedo uno scheletro vivente, ripugnante, che taglia arti e teste umane con una lunga falce in uno scenario di orrori e sofferenze indicibili.

- La Morte, caro amico, non aspetta a lungo, e buon per lei che stasera abbia potuto vederla e prenderne coscienza senza subirne il tocco nefasto!

Sono stufo del gioco ed anche del potere suggestivo di questa megera, che riprende:

- Ed ora, arriviamo alle ultime due carte del nostro dispositivo divinatorio. La nona carta uscita indica le sue speranze ed anche il comportamento più adatto da tenere nella circostanza: Il Due di Coppe, infatti, è la carta del vincolo amoroso, dell’amicizia passata e del soccorso amorevole e sincero. Si lasci aiutare da chi le manifesta amore, signor Belli, non si opponga ai pochi influssi favorevoli che si manifestano in questo momento tanto difficile! Ed infine, finalmente, ecco la carta che risponde a quanto lei ha richiesto, inconsciamente o deliberatamente, ai Tarocchi: L’Arcano senza numero, Il Matto, personaggio vestito in maniera stramba che cammina verso un abisso… Ora, mi stia a sentire…

- No! Mi stia a sentire lei: se c’è una cosa che odio è passare per imbecille. E’ evidente che questa serata, organizzata dal dottor Lanza, è giunta al termine, almeno per quanto mi riguarda. – mi alzo e getto sul tavolo la prima banconota che trovo nel portafoglio – Penso che sia sufficiente a ricompensarla per lo spettacolino divinatorio!

- Mario, cosa fai? – Sara sembra atterrita. Sta tremando.

- Puoi chiamarmi a casa – le rispondo – Ma piantala di recitare. Del resto, tra noi è finita da tanto tempo, e ti prego di ricordarlo anche al tuo sponsor e nostro comune amico! Buonasera.

- Signor Bersani! – ribatte Madame Clermont, parandomisi davanti – Fa molto male a non ascoltare per intero il responso dei Tarocchi! Il Matto, quale ultima carta del dispositivo, è la più importante ed esauriente risposta ai suoi dubbi, per quanto angoscianti siano!

- Vada al diavolo!

- Non si rende conto di cosa sta rischiando! – insiste, alzando la voce – L’avverto che in gioco non c’è solo la sua vita personale, o il suo futuro sentimentale! Tenga bene a mente ciò che le dico stasera!

- Benissimo. Ora si tolga dai piedi. Voglio uscire.

Cerco l’uscita ma Sara mi raggiunge per aggrapparsi alla mia giacca, piangendo a dirotto. Nella sala, tutti i tavoli sono ormai occupati. La gente guarda la scena in silenzio.

La rabbia e l’imbarazzo superano anche la pietà per questa donna malata, e mi libero bruscamente di lei, spingendola a lato. Esco correndo dal ristorante, nell’aria fresca della notte.

 

FINE SECONDA PUNTATA

 


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