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Il giorno in cui diventai omofoba

Creato il 30 gennaio 2016 da Valentina Orsini @Valent1naOrs1n1
 Il giorno in cui diventai omofoba
Questa è la storia di come diventai omofoba.
Inizia così:
C'era il sole e c'era il pc aperto sul tavolo.
La bacheca di facebook non aveva da raccontare nulla di interessante.
Finché...
Un articolo mi incuriosisce.
Titolo: "Davide e Alessia, la coppia trans che va in Ucraina per affittare l'utero".
Nemmeno una volta, in vita mia, ho storto il naso davanti a un concetto d'amore che non fosse identico al mio. Mai.
Ma questo cos'è?
Amore?
No.
Quando Oriana Fallaci ammetteva di essere "fissata con la maternità", molti le ridevano in faccia.
Io non rido.
Io la capisco.
Questo non è amore.
La maternità è un'altra storia, non mi fa riflettere sulla legittimità di un amore, sull'intimità tra due corpi, su una vita fatta di due. Piuttosto, mi fa riflettere sul corpo che abito, che io amo e maledico spesso.
Il problema, vedete, è che io ho una cosa che molti non hanno. Certo, parlo degli uomini.
Io ho l'utero.
L'articolo racconta di una giovane coppia. Lui era una lei e lei era un lui.
Cosa importa?
Si amano, in fondo.
Eppure qualcosa mi spossa le viscere, fino a disfarmi.
«Andremo in Ucraina e prenderemo un utero in affitto. Abbiamo scelto un pacchetto da poco meno di 30.000 euro che ci sarà regalato dal padre di Davide». Un gesto generoso che permetterà ai due futuri sposi di coronare un sogno.
"Uè papi, me lo compri un utero? Daiiii... ti vi ti bi. Ti ti ti ti bi".
Aspetta aspetta!
Io l'ultimo pacchetto che ho preso era compreso di massaggio di coppia e ingresso alle piscine calde calde e fumanti pure d'inverno. Com'è che si chiama... ah, sì. Centro benessere, SPA!
Era una cosa fighissima, wow!
Ma cosa vuol dire "pacchetto"?
Cazzo, parlano dell'utero. Di quella cosina che ho qui dentro ed è avvolta dal peritoneo. Io ce l'ho pure retroverso, ma i dottori dicono sempre che non è nulla. Però lo dicono.
L'utero... quella cosa che sembra una pera rovesciata, che poi diventa prugna, arancia, pompelmo e melone.
Non è il lieto fine di una serata perfetta che sa di macedonia e si scioglie in bocca.
Si chiama GRAVIDANZA.
E a me l'amore diverso dal mio mi sfiora, delicatamente. Mi fa sentire viva, mi ricorda che è una forza universale, democratica, che vuole tutti e non ti leva prima le mutande e poi ti prende per mano. Il contrario.
Ma questo non è amore, non lo è!
Oggi la gente scende in piazza in difesa della famiglia tradizionale. Io sorrido e nemmeno commento, i diritti civili non si discutono.
La famiglia è dove c'è amore.
Ci credo anch'io.
Ma oggi ho provato a dire qualcosa di diverso, ad esprimermi liberamente come fanno tutti, confidando in quella tanto ambita uguaglianza e parità di diritti.
Perché anche io ho dei diritti, vero?
Li ho?
Che storia sciatta e priva di pathos, direte voi.
Chiedo scusa.
Ma è una storia vera come è vero che respiro in questo momento, come è vera la luce del sole che si smorza e infreddolisce le dita.
Per me nemmeno l'amore si compra, figuriamoci un figlio.
Quando ho provato a dirlo, qualcuno, ha reagito davvero male.
Condivido su facebook il seguente stato:
"Anche se non ho bambini mi sento usata, sfruttata, come una mucca che partorisce vitelli destinati al mattatoio. E nell’immagine di due uomini o di due donne che col neonato in mezzo recitano la commedia di Maria Vergine e San Giuseppe vedo qualcosa di mostruosamente sbagliato. Qualcosa che mi offende anzi mi umilia come donna, come mamma mancata, mamma sfortunata. E come cittadina. Sicché offesa e umiliata dico: mi indigna il silenzio, l’ipocrisia, la vigliaccheria, che circonda questa faccenda. Mi infuria la gente che tace, che ha paura di parlarne, di dire la verità. E la verità è che le leggi dello Stato non possono ignorare le leggi della Natura. Non possono falsare con l’ambiguità delle parole «genitori» e «coniugi» le Leggi della Vita".
E aggiungo,
Oriana Fallaci, e quel coraggio unico di pensare e dire.
Chiedo umilmente scusa a voi tutti, ma io ho sempre pensato che lei avesse le palle. Ammiro questa donna professionalmente e umanamente. Ammiro la sua verità maledetta. Il suo coraggio.
E infatti quanti la odiavano per questo?
Tanti.
Io invece amo il coraggio.
E il coraggio è in un letto caldo, a prescindere dalle bocche che vi sospirano.
Amo il coraggio in tutte le sue forme.
Eppure un "amico" ha lasciato il suo commento e poi si è congedato. Da me. Da quella libertà appena assaporata. Dal quel coraggio di cui vado così fiera.
Non sei manco bona, ti levo l'amicizia. Noi siamo qui ad aspettarti, quando decidi di uscire dal Medioevo. Cordialità.

I cavalieri non ci sono più, nemmeno in questo mio Medioevo. Nemmeno mi sono mai sentita tanto BONA da pretendere la tua amicizia, caro amico virtuale...
Però che cazzo!
Come puoi pretendere rispetto con una simile premessa?
Dalla finestra arriva solo il freddo e l'ombra, non mi resta che riflettere su questa storia appena nata e forse già conclusa.
Per un attimo ho pensato al giorno in cui qualcuno, curiosando in rete, potrà addirittura cercare un utero su Google. Che ne so, "utero cercasi", "affittasi utero - offerta sensazionale - entrate e scoprite di più!"
Brividi. Conati di vomito. Sgomento.
Entrate. Accomodatevi pure...
In fondo è solo il mio corpo, il mio utero retroverso. La mia pera che poi diventa melone.
La mia vita.
"Sei solo un'omofoba di merda!"
E dicono che biologicamente quel figlio non sarà mai mio, mio di donna che ha scelto volontariamente di affittarsi al miglior acquirente. Che l'ho voluto io. Che sono felice. Che sto facendo del bene. Che credo nell'amore. Che credo nell'uguaglianza. Che tanto io i figli li posso fare e loro no. Che in fondo che male c'è. Che io c'ho l'utero e loro poracci no. Che io sono donna e non devo essere così egoista da pensare che un figlio possa partorirlo solo e soltanto io.
Che lo spermatozoo nemmeno serve, che basta l'ovulo.
Cerca di comprendere il loro stato d'animo.
Peace & Love e volemose bene.
Ma non ti permettere mai più di dire che non sei favorevole.
Mai più.
Love & fine.
Nel senso che è finita.
Il giorno in cui diventai omofoba.

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