Grillo ha già convocato “tutti gli italiani” nelle piazze, gridando al golpe. E’ veramente allarmato nella sua esaltazione aberrata e stravede. Anche la mia ex moglie preoccupatissima, mi ha telefonato perché è stata a sua volta chiamata e le hanno detto che c’è in atto un colpo di Stato.
Tale è il potere che ha Grillo di influenzare gli italiani che molti ormai gli credono in parola e la sua verve compulsiva rischia di far credere a molti che le allucinazioni di cui gode il capo di cinque stelle siano tante e tali che non è possibile sperare nella serenità di giudizio di un comico che aspira a fare anche il politico.
Non c’è rischio di golpe per il curriculum di un uomo che, nel bene e nel male, è stato protagonista della storia del movimento operaio e democratico italiano, già dalle origini della nostra Repubblica. Comunista dal 1945 e deputato dal 1953, entra nel Comitato centrale del Pci di Palmiro Togliatti, sottoponendo uno dei fatti più tragici della storia del Novecento europeo alla prova della sua esperienza politica: la rivoluzione ungherese del 1956, quando si schierò con l’Armata rossa contro gli insorti di Budapest. Ma fu su questo versante che arrivarono a maturazione definitiva le scelte per una via italiana al socialismo che in Napolitano si definirono nel pensiero comunista e liberale di Giorgio Amendola. E da lì il suo è stato sempre un percorso liberale coerente con la costruzione della democrazia nel nostro Paese. Fino a prova contraria. Certo, non tutto in lui è trasparente. Non lo è quando, venendo a consegnare la medaglia d’argento alla famiglia di Placido Rizzotto in Sicilia, ha dimenticato le altre svariate decine di sindacalisti e di caduti nella lotta contro la mafia, che non ebbero nulla da lui, neanche una promessa di verità. Morti che ancora aspettano giustizia, verso i quali la Repubblica nata dalle ceneri del fascismo è sempre stata gravemente debitrice. E non fu certo generoso quando per salvare i suoi colloqui con Mancino, sparò ad alzo zero contro i magistrati di Palermo, accusandoli di ledere gli interessi del Quirinale, salvaguardati dalla Costituzione. Napolitano ha mille altri difetti. Ma il neo capo dello Stato, eletto a tale carica una seconda volta, caso unico nella nostra storia, non può certo essere accusato di tramare per un golpe. Perciò Grillo pensi a se stesso e agli errori che ha fatto, bistrattando i suoi interlocutori dall’alto dei suoi palcoscenici. Soprattutto impari da questa vicenda non ricercata da Napolitano né, tanto meno, da Bersani, che si era sottoposto alle umiliazioni di Lombardi e Crimi, incontrandoli quasi supplichevole. Impari a capire che in questa casa che è l’Italia hanno lo stesso diritto di stare anche quelli che la pensano diversamente da lui e che vogliono risolvere i problemi piuttosto che trasformarli in palude. Anche se a questa, come a una ineluttabile condanna, i grillini vorrebbero abituarci puntando il dito sempre contro tutti. Che imparino, almeno, a fare il mea culpa.
GC