Uscito nelle sale italiane nel 2000, Il grande botto non ha mai ottenuto il successo che, molto probabilmente, avrebbe meritato. Girato da Leone Pompucci, che ne ha steso il soggetto insieme al comico Paolo Rossi ed all’attore Gennaro Nunziante, è un film che racconta con ironia ed un filo d’amarezza una storia di provincia in cui la fortuna cammina a braccetto con la sfortuna, la passione per il calcio si incrocia con le disavventure sentimentali ed i cammini individuali si fondono in un sogno comune.
Perché ciò che unisce le vite dei cinque protagonisti del film – un barista tradito dalla moglie, un mutilato in cerca di lavoro, un professore dal carattere tendenzialmente infantile, un autista di scuolabus che cerca di risparmiare soldi per pagare le cure della moglie malata ed un ex calciatore di Serie A – è, essenzialmente, l’amore per il calcio. Lo praticano a livello dilettantistico, e l’ultimo di loro – Antonio Nunziante, interpretato da Claudio Amendola – è, in qualche modo, il loro punto di riferimento “morale” per via dell’aura di mito conferitagli dall’aver giocato (addirittura!) nell’Inter. Ma un giorno capita “il grande botto”: giocano in comune una schedina al Superenalotto, raggiungono l’agognato “sei” da 86 miliardi ma Nunziante sparisce con la schedina. Parte una goffa ma determinata caccia all’uomo in cui i restanti quattro amici percorreranno tutta l’Italia facendosi guidare dall’album in cui Mario Sapone (l’autista di scuolabus, interpretato da Alessandro Di Carlo, che per Nunziante ha una specie di venerazione) ha raccolto gli articoli che, nel corso degli anni, hanno parlato di lui.
Ne viene fuori un viaggio in cui i quattro amici scoprono i volti dell’Italia del calcio minore dal vivo, scoperchiano il passato di Nunziante – non roseo come avevano creduto fino ad allora – e vengono a sapere cose del loro stesso rapporto che, in precedenza, non avrebbero nemmeno immaginato. L’esito del film – che, per ovvie ragioni, non starò qui a svelare – mostra che, però, il loro vero “grande botto” non sarà il ritrovamento della schedina (che avviene in modi a dir poco rocamboleschi), ma la possibilità di calcare anche loro l’erba di San Siro.
Si tratta di un bellissimo film, a tratti assai divertente ed in grado, in alcune scene, di sfiorare momenti di autentica poesia.