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Baz Luhrmann non è un regista prolifico. In poco più di venti anni di carriera ha realizzato solo cinque lungometraggi. Caratterizzato da uno stile fiammeggiante, barocco e kitsch, Luhrmann è diventato uno degli araldi del cinema post moderno nonostante la sua scarna filmografia. Non piace a tutti, è destinato sempre a dividere il pubblico. Tra chi lo considera ridondante e irritante e chi invece geniale e poetico. Questo suo ultimo lavoro non fa ecce
zione, c’è tutto il meglio e il peggio del suo autore. La storia ricalca grosso modo quella del romanzo da cui è tratto. Siamo negli anni ’20 del secolo scorso tra Long Island e New York. Seguiamo le vicende del miliardario Jay Gatsby, uomo affascinante dal passato oscuro diventato celebre per le sue feste maestose ed esagerate. Dietro i lustrini e lo sfarzo però si nasconde un uomo insicuro e fragile che farebbe di tutto per incontrare di nuovo il suo antico amore Daisy, ora sposata ad un ricco possidente. La vicenda è narrata dal punto di vista di Nick, cugino di Daisy e vicino di casa di Gatsby. Coinvolto suo malgrado nelle pene di amor perduto di Jay, ne diventerà anche l’unico sincero amico.
Il grande Gatsby si suddivide in due parti decisamente non equilibrate. I primi quaranta minuti sono lanciati ad alta velocità, è come salire su un ottovolante di immagini colori, suoni, dettagli, volti shakerati da un montaggio inarrestabile che lascia senza fiato. Si rimane storditi perchè tutto è troppo. I colori sono scintillanti, la messa in scena è esagerata, le inquadrature eccessive e sature di elementi, la colonna sonora ardita e martellante. La prima parte, dunque, è un susseguirsi senza sosta di feste, locali, corse a perdifiato con l’auto degne di fast and furious, tutto è sovraeccitato. La seconda parte invece, che coincide col tanto sospirato incontro tra Daisy e Gatsby, subisce una forte sterzata e il ritmo del film si adagia placidamente su toni di malinconia e mestizia . Se la prima parte è un Baz Luhrmann a 24 carati, autoreferenziale, pubblicitario e pacchiano fin che si vuole, la seconda si chiude nel melodramma in interni e diventa più scontata e tradizionale, e forse anche troppo lunga. Nonostante questo, credo valga la pena di vedere Il Grande Gatsby perchè il cast è di prim ordine e funziona in modo ottimo. Tecnicamente è ineccepibile e il coinvolgimento emotivo è assicurato. Siamo comunque dalle parti del grande cinema hollywoodiano, non esente da pecche o lungaggini di troppo, ma capace sempre di fare gran spettacolo.GLITTEROSO
Dr. Alan Feinstone
Regia: Baz Luhrmann – Cast: Leonardo DiCaprio, Tobey Maguire, Carey Mulligan, Joel Edgerton, Elizabeth Debicki – Australia/USA, 2013 – Durata: 142 min.