Dal diario di un sopravvissuto
Sesto San Giovanni, un tempo conosciuta per le sue industrie, non esiste più.[Fonte: Edizioni XII]
La Sesto che conoscevo è andata perduta. Ma quello che è successo oggi… no, non esistono parole per descriverlo. Quando sono usciti dal tunnel e la gente ha incominciato a morire. Cristo, non ho mai visto niente di simile.
Erano tanti, erano troppi. Non abbiamo capito subito cosa fossero, pensavamo a dei rifugiati, dei senza tetto, forse. Ma quando hanno iniziato a mordere la gente e a divorarla… è allora che è iniziato il delirio. Ho visto una bambina sbranata davanti ai miei occhi! Cristo Santo, una bambina!
La gente correva di qua e di là, urlavano tutti quanti, calpestavano quelli che erano caduti, indifferenti gli uni agli altri. Ma i morti… i morti erano troppi. Continuavano a essere vomitati dalla galleria. Sembravano non finire mai. Sono scappato sulle scale. Credo di aver calpestato qualcuno – per un momento ho sentito qualcosa di morbido sotto le scarpe, e un rumore, come di un ramo spezzato – non mi sono fermato. Non mi sono guardato indietro. Ho continuato ad avanzare, come in un sogno. Ho continuato a correre mentre il sangue mi schizzava attorno e imbrattava le pareti. Ho raggiunto il piano terra, ma i morti erano già arrivati anche lì.
Ho provato a nascondermi in uno sgabuzzino, ma loro… era come se sentissero dove eravamo. In un momento di confusione sono riuscito a raggiungere la superficie. Il sole, che sollievo il sole! Che poi, c’erano solo nuvole e il cielo era grigio, e il sole era solo un ricordo, ma uscire dalle gallerie… è stata una liberazione.
Poi, sono usciti anche i morti.
E la follia è continuata anche all’esterno.
Il piazzale si è trasformato in un mattatoio. I morti che circondavano la gente e la facevano a pezzi, senza rimorso, senza fermarsi nemmeno per un istante. Da dove traevano la loro energia?
Un camion ha sbandato e si è andato a schiantare contro… contro qualcosa. Qualcosa di grosso. Mi sembrava di essere chissà dove. Non stava succedendo davvero. Non nella mia città. Quella – l’immagine del camion – è stata l’ultima cosa che ho visto. Era nauseato, avevo paura, volevo solo andarmene di lì e dimenticare. Sono corso via, mentre la gente moriva attorno a me e chiedeva aiuto.
Adesso sono rinchiuso in casa. Ho abbassato le tapparelle e tengo la luce accesa. Il mio sole immaginario. Ho il televisore acceso, continuo a passare da un canale all’altro, per cercare qualche spiegazione dal notiziario. Ma non dicono niente. È come se il mondo, là fuori, non sapesse cosa sta succedendo qui…