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Il grande Walter Chiari raccontato dal figlio Simone Annicchiarico

Creato il 28 febbraio 2012 da Fabry2010

Pubblicato da lapoesiaelospirito su febbraio 28, 2012

Il grande Walter Chiari raccontato dal figlio Simone Annicchiarico

di Guido Michelone

A vent’anni dalla scomparsa di Walter Chiari (1926-1991), si torna a parlare del grande comico veronese, utilizzando diverse maniere di racconto biografico: dopo il bel saggio critico di Michele Sancisi Walter Chiari. Un animale da palcoscenico (Medine, Milano 2011) e accanto allo sceneggiato Walter Chiari per la regia di Enzo Monteleone con Alessio Boni che Rai Uno manda in onda il 26 e 27 febbraio (con probabile uscita in DVD nei mesi prossimi), ecco Walter e io. Ricordi di un figlio, le memorie di Simoncino, ovvero Simone Annicchiarico – questo, all’anagrafe, il vero cognome di entrambi – unico figlio nato nel 1970 dal matrimonio con Alida Chelli. L’autore che, come i genitori, intraprende giovanissimo la carriera nel mondo dello spettacolo, ritagliandosi in tempi recenti un notevole spazio da entertainer televisivo, rinuncia alla narrazione sistematica, per evocare invece i momenti più belli vissuti accanto alla figura paterna, la quale viene ulteriormente esaltata dalle informazioni indirette e giunte alle orecchie di un bambino e, poi, di un ragazzo che si trova nel bel mezzo di uno show business italiano in via di transizione: un momento particolarissimo, di cui Walter Chiari è protagonista e vittima al tempo stesso. Quando Simone nasce, il papà è in galera per scontare tre mesi che gli cambieranno la vita: accusato di uso e spaccio di droga (cocaina), viene prosciolto, ma la carriera è ormai rovinata; per lui gli anni Settanta e Ottanta rappresenteranno un punto di inesorabile declino artistico, l’esatto contrario di quanto accaduto nei due precedenti decenni che lo vedono trionfatore al cinema, nel varietà, in una televisione nascente, che egli stesso tende a nobilitare con un umorismo colto e popolareggiante al tempo stesso. Annicchiarico junior non entra però nei dettagli dell’artista e nemmeno dell’uomo, ma racconta quasi esclusivamente il padre; un padre assente per grandi periodi, ma capace di dare tutto se stesso, sia pur alla sua maniera, girovagando il mondo in aereo o portando il figlioletto assieme a giovani conquiste nei posti di vacanza più esclusivi. Ed ecco quindi che il libro più che il ritratto del padre è davvero il ricordo del figlio (come dice il sottotitolo) o meglio la visione e i sentimenti che una persona, da zero a vent’anni, riesce a provare verso un genitore che gli insegna una filosofia di vita per molti versi condivisibile, quando ad esempio si tratta di amore familiare vero, di generosità verso il prossimo, di rispetto per gli animali, di serenità verso l’ora della morte, di equidistanza tra le parti politiche in un Paese dove bisogna sempre essere schierati, pena l’accusa di fascista o qualunquista. Simone talvolta sfiora il panegirico o l’agiografia, eliminando i tratti più scuri (la tossicodipendenza, in primis) di una vita eccentrica che vede un grande attore sperperare il proprio talento come pure le ricchezze accumulate in poco tempo, buttate al vento con altrettanta velocità e nonchalance. Però alla fine, pur non aggiungendo niente o quasi (se non qualche aneddoto minimale) alla storia dell’uomo e dell’artista, Walter e io resta una testimonianza affettuosa, sincera e appassionata di un figlio che perde il padre troppo presto e che per questo non lo dimenticherà mai.

Simone Annicchiarico, Walter e io. Ricordi di un figlio, Baldini & Castoldi, Milano 2012, pagine 181, euro 18,00.


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