lol free tibet… free the whole world!
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Fonte http://it.paperblog.com/dalai-lama-un-altro-mito-della-cia-180522/
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[...] il Buddhismo tibetano in generale, ma anche altre correnti buddiste, si sono spesso concretizzate in teocrazie oppressive che hanno schiavizzato, sfruttato e abusato della gran massa della popolazione.
In questo video sotto sono mostrate le foto della vecchia classe dominante tibetana:
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in quest’altro sotto invece sono mostrate le foto della classe lavoratrice, o meglio degli schiavi del vecchio Tibet:
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Quest’altro video ritrae la miserabile vita dei servi tibetani:
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Le foto che seguono sono state rilasciate dagli archivi; queste riflettono la vera vita della gente comune tibetana sotto il governo dei Lama:
La prima immagine mostra due schiavi Tibetani. Le loro mani e i loro piedi sono bloccati assieme dai proprietari di schiavi tibetani, al fine di prevenirne la fuga.
Sapete cosa sono questi? Queste sono le pelli del popolo tibetano! Il Dalai Lama utilizzava pelli umane per eseguire alcune cerimonie buddiste. I padroni di schiavi uccidevano i loro schiavi e tiravano via le loro pelli. In questa foto, ovviamente, la sinistra e la destra sono pelli di bambini, mentre quella centrale appartiene ad uno schiavo adulto. I padroni di schiavi erano disposti a fornire pelli umane al Dalai Lama, perchè credevano così di essere benedetti dal Dalai in accordo al buddismo tibetano
La terza immagine mostra uno schiavo le cui braccia sono state tagliate via. Quando i Dalai governavano il Tibet, le ossa umane erano trasformate in strumenti religiosi. La cosa più crudele è che i proprietari di schiavi tagliavano braccia e gambe dagli schivi tibetani che erano ancora vivi
Questa bambina morì di fame. I padroni di schiavi hanno cibo sufficiente e intenzionalmente lasciano morire di fame la schiava femmina, perché vogliono usare il suo cuore, fegato e altri organi per sacrifici. Inoltre la testa sarà trasformata in un contenitore di bevande
Sapete quanti anni aveva la schiava quando è stata scattata questa foto? La maggior parte di voi penserà che la donna avrà oltre i 60 anni. Ma questa schiava, Jiyang, aveva 35 anni quando fu scattata la foto. Senza dubbio fu la vita da schiava che portò questa donna a tale stato terribile
Ma queste notizie, nei salottini chic, new age e alternativi nostrani, non vengono certo divulgate. Le filosofie orientali alla maniera “occidentale” sono state opportunamente “depurate” della loro parte più scandalosa; così sono diventate un moda da sbandierare, una spilletta da mettere in bella mostra, un’appendice narcisistica per far vedere quanto si è più elevati e spirituali di altri. Tutto ciò si inserisce all’interno del movimento New Age che, come sappiamo, ha l’obiettivo di mutare la cultura e i valori, al fine di arrivare ad una Religione Unica Globale, che sarà il cemento per il Nuovo Ordine Mondiale, al pari di come il Cristianesimo diventò il cemento culturale per l’Impero Romano, specialmente dopo il Concilio di Nicea del 325 d.c .
Ovviamente, quando si critica il Tibet e il Dalai Lama, la pubblica disinformazione che ragiona per falsi opposti, crede che si stia dalla parte della Cina, in tutto e per tutto, oppure si è fondamentalisti Cristiani o peggio intolleranti religiosi; questa è una tecnica per dividere l’opinione pubblica sui fatti scomodi, per cui se non sei con noi allora sei con il nemico. Sappiamo benissimo, ad esempio, che tipo di regime turbocapitalista schiavista sia la Cina moderna, per non parlare dell’opprimente antico regime di Mao. E’ una tecnica ormai stranota; ad esempio se denunci il Signoraggio sei un nazi-fascista, solo perché dei gruppi estremisti hanno preso tale tema come il loro cavallo di battaglia, magari presentando anche studi documentati; se denunci i crimini della psichiatria allora sei un fondamentalista di Scientology, solo perché questa setta, attraverso il canale del CCDU, ha scelto di denunciare tali crimini, magari presentando anche studi documentati. Quella di dare in pasto a gruppi “impresentabili” le scomode verità che il sistema vuole occultare, è una delle tecniche più efficaci per il discredito totale di tali questioni. Per quanto riguarda l’accusa di intolleranza religiosa, la questione è davvero manipolatoria, infatti è la stessa mentalità che condanna come Antiamericani tutti coloro che denunciano i crimini dei vari governi degli Stati Uniti nel mondo da più di 60 anni. Allo stesso modo dovremmo essere etichettati come intolleranti religiosi se denunciamo i gravi crimini della teocrazia tibetana; insomma, dovremmo ‘tollerare’ tali crimini! Chi ragiona per dati di fatto la vede in un’altra maniera.
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La maggior parte della sua critica al buddismo è finalizzata al Dalai Lama e alla teocrazia feudale del vecchio Tibet. Di seguito sono riportati alcuni estratti del libro:
Il Tibet non era Shangri-La
“Molti Buddisti sostengono che, prima della repressione cinese nel 1959, il vecchio Tibet era un regno libero orientato spiritualmente, lontano dalla corruzione e dal materialismo egoistico che affligge la società moderna industrializzata. Le notizie dei media e i film di Hollywood hanno dipinto la teocrazia tibetana come una vera Shangri-La. Lo stesso Dalai Lama dichiarò che ‘l’influenza pervasiva del buddismo’ in Tibet ‘in mezzo agli ampi spazi aperti di un ambiente incontaminato, portò ad una società dedicata alla pace e all’armonia. Abbiamo goduto di libertà e soddisfazione.”
“Fino al 1959, quando il Dalai Lama presiedette per l’ultima volta il Tibet, la maggior parte della terra arabile era ancora organizzata in poderi feudali lavorati da servi della gleba e di proprietà di monasteri e di padroni secolari…Il comandante in capo dell’esercito Tibetano, un membro del Gabinetto laico del Dalai Lama, possedeva 4.000 Km quadrati di terra e 3.500 servi. Il vecchio Tibet è stato travisato da alcuni dei suoi ammiratori come ‘una nazione che non richiede alcuna forza di polizia perché il suo popolo osserva volontariamente le leggi del karma.’ In realtà, esso aveva un esercito professionale, seppur piccolo, che serviva soprattutto come un gendarme per i proprietari, al fine di mantenere l’ordine e dare la caccia ai servi in fuga.”
“Una donna di 22 anni, essa stessa una serva fuggiasca, riferisce:’Le ragazze serve carine erano solitamente prese dal proprietario come domestiche e utilizzate a suo piacimento’. I servi fuggitivi erano braccati dagli uomini del padrone di casa e picchiati senza pietà. I servi della gleba venivano tassati al momento di sposarsi e ad ogni nascita o morte nella famiglia. Essi erano tassati per piantare un albero nel loro cortile e per il possesso di animali, tassati per le feste religiose e per il ballo in pubblico, e tassati per essere mandati in prigione e dopo essere stati rilasciati. Coloro che non riuscivano a trovare lavoro erano tassati per essere disoccupati e se viaggiavano verso un altro villaggio in cerca di lavoro, pagavano una tassa di traversata.”
“Qualunque cosa siano stati i torti e le nuove oppressioni introdotte dai Cinesi nel 1959, essi abolirono la schiavitù e il sistema di servitù della gleba Tibetano di lavoro non pagato. Eliminarono le schiaccianti imposte dei padroni, iniziarono progetti di lavoro e ridussero grandemente la disoccupazione e la miseria. Istituirono centri sanitari e scuole laiche e costruirono impianti di acqua corrente e sistemi elettrici a Lhasa. Dal 1950 la popolazione tibetana raddoppiò e la durata della vita passò da 36 anni alla media attuale di 65 anni”.
“Sia il Dalai Lama che il suo consigliere e fratello più giovane Tedzin Choegyal, affermarono che ‘più di 1,2 milioni di Tibetani morirono a causa dell’occupazione cinese’. Il censimento ufficiale del 1953 – 6 anni prima della repressione cinese – registrò l’intera popolazione residente nel Tibet in modo opportuno a 1.274.000. Un altro censimento calcolava di inserire la popolazione del Tibet all’interno di circa 2 milioni di persone. Se i cinesi uccisi nel 1960 furono 1,2 milioni, sarebbe stato spopolato quasi tutto il Tibet, trasformato in un territorio mortale costellato di campi di sterminio e fosse comuni, di cui non sembra esserci alcuna prova. Quello che è difficile da procurarsi sono i dati oggettivi sul numero dei tibetani che potrebbero aver perso la vita a causa dell’occupazione cinese.”
Le connessioni del Dalai Lama con la CIA e i suoi finanziatori bancari
“L’organizzazione del Dalai Lama stesso alla fine ha ammesso di aver ricevuto milioni di dollari dalla CIA durante gli anni ’60″
“Durante il XXI secolo, il Congresso degli Stati Uniti ha continuato a stanziare fondi per la comunità tibetana in esilio attraverso il National Endowment for Democracy e altri canali che suonano più rispettabili rispetto alla CIA. Inoltre il Dalai Lama ha ricevuto denaro dal finanziere George Soros.”
Informazioni di base da Wikipedia
George Soros è stato un ex membro del consiglio di amministrazione del Council on Foreign Relations (CFR)
Il National Endowment for Democracy (NED) fornì regolarmente fondi ai candidati di opposizione nelle elezioni in paesi diversi dagli Stati Uniti. Secondo Allen Weinstein, uno dei fondatori del NED, “molto di quello che oggi noi facciamo [NED] 25 anni fa era fatto clandestinamente dalla CIA.” Sul suo sito ufficiale, nella sezione storica, è spiegata la sua differenzia dalla natura segreta delle attività della CIA:
“All’indomani della seconda guerra mondiale, di fronte alle minacce ai nostri alleati democratici e senza alcun meccanismo per incanalare l’assistenza politica, i politici statunitensi ricorsero a mezzi segreti, mandando segretamente consiglieri, attrezzature e fondi per sostenere i giornali e i partiti sotto assedio in Europa. Quando alla fine degli anni ’60 fu rivelato che alcune organizzazioni americane private su base volontaria ricevevano finanziamenti dalla CIA per condurre una battaglia di idee nel contesto internazionale, l’amministrazione Johnson concluse che tali finanziamenti dovevano cessare, raccomandando la creazione di un ‘meccanismo pubblico-privato’ per finanziare apertamente le attività all’estero”
Sostenitore delle guerre in Iraq, Afghanistan e del bombardamento della Jugoslavia
“Cos’erano gli anni di carneficina e distruzione provocati dalle forze statunitensi in Iraq, una guerra condannata dalla maggior parte del mondo, anche da un papa conservatore? Il Dalai Lama era indeciso:”La guerra in Iraq, è troppo presto per dire giusta o sbagliata.” In precedenza aveva espresso il sostegno all’intervento militare US/NATO e ai bombardamenti della Jugoslavia durati 78 giorni e alla distruzione di quella vitale democrazia sociale. Egli sostenne anche l’intervento militare USA/NATO in Afghanistan.”
La controversia Karmapa
“Una differenza sorta sulla selezione del diciassettesimo Karmapa, capu tulku del Kagyu, con il Dalai Lama e altri che sostenevano un candidato e la maggior parte dei monaci Kagyu che ne sostenevano un altro, alimentò una dozzina di anni di conflitto, punteggiato da scontri intermittenti e dal saccheggio del monastero di Karmapa in Rumtek, India, da parte dei sostenitori del Dalai Lama.”
La controversia Dorje Shugden
“Il Dalai Lama manifestò una minore perfetta tolleranza per le altre confessioni religiose. Egli vietò il culto di alcuni vecchi maestri e divinità, sostenendo che tali devozioni causavano la degenerazione del Buddismo Tibetano nell’idolatria. Molti Tibetani che vivevano in India e che veneravano la divinità Dorje Shugden testimoniarono di essere stati vittime di minacce e percosse gravi. Le loro case e le loro colture furono date alle fiamme e i loro greggi furono portati via dagli autoproclamati sostenitori del Dalai Lama. Pur affermando di non aver mai sentito parlare di questi episodi di violenza, il Dalai Lama opinò che ‘se l’obiettivo è buono, il metodo, anche se apparentemente di tipo violento, è ammissibile.”
link articolo originale: http://shugdensociety.wordpress.com/2010/07/06/goodbye-shangri-la-excerpts-from-the-new-book-by-michael-parenti/
Il Dalai Lama e Geoge Soros
da http://shugdensociety.wordpress.com
traduzione: http://nwo-truthresearch.blogspot.com
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FEUDALESIMO BONARIO: IL MITO DEL TIBET
Vi consiglio di leggere l’ottimo articolo dal titolo FEUDALESIMO BONARIO: IL MITO DEL TIBET, sempre ad opera di MICHAEL PARENTI. In questo articolo si smantellano una volta per tutte una sequela di luoghi comuni che sono stati importati nella nostra società occidentale alla ricerca di cose esotiche e alternative. qui sotto ne faccio una sommaria introduzione:
Eccezionalità del buddismo?
Un colpo d’occhio alla storia rivela che le organizzazioni buddiste non fanno eccezione alle persecuzioni violente che hanno così caratterizzato i gruppi religiosi nel corso delle epoche storiche.
L BUDDISMO “POVERO”
Fino al 1959, quando il Dalai Lama presiedette l’ultima volta il Tibet, la maggior parte della terra arabile era ancora organizzata attorno a proprietà feudali religiose o secolari lavorate da servi della gleba. Addirittura uno scrittore come Pradyumna Karan, solidale con il vecchio ordine, riconosce che “una grande quantità di proprietà apparteneva ai monasteri, la maggioranza di essi accumulava notevoli ricchezze… Inoltre, monaci e Lama riuscirono ad ammassare individualmente notevoli ricchezze tramite la partecipazione attiva negli affari, nel commercio e nell’usura.”
IL BUDDISMO “CASTO”
Tashì-Tsering, un monaco, riferisce che era pratica comune per i bambini contadini essere abusati sessualmente nei monasteri. Egli stesso fu vittima di ripetute violenze sessuali perpetrate durante l’infanzia, non molto tempo dopo che fu introdotto nel monastero, all’età di nove anni.
IL BUDDISMO “FEMMINISTA”
il signore tibetano era solito selezionare fra il meglio della popolazione femminile di servitù della gleba: “Tutte le ragazze graziose della servitù erano solitamente prese dal proprietario come domestiche e trattate come lui desiderava.” Esse “erano soltanto schiave senza alcun diritto.”
IL BUDDISMO “TOLLERANTE” E “PACIFISTA”
Ecco alcune citazioni da “Sette anni in Tibet”, di H. Harrer (come si vedrà, caro amico dell’aristocrazia buddista, e quindi non certo interessato ad infangare l’immagine del Tibet): Mi raccontarono di un uomo che aveva rubato una lampada dorata al burro da uno dei templi di Kyirong. (…) Gli furono pubblicamente mozzate le mani, e il suo corpo mutilato, ma ancora vivo fu avvolto in una pelle di yak bagnata. Quando smise di sanguinare, venne gettato in un precipizio
I due volti del Dalai Lama
di Tilman Müller e Janis Vougioukas su “Stern”
estratto:
“Tuttavia il Tibet – ben altro rispetto alla rappresentazione che se ne ha in Occidente – non é mai stato un paradiso. Quando nel 1950 vi penetrarono le truppe cinesi, il Tibet si trovava nel più profondo medioevo. Monaci e nobili si spartivano il potere; la maggior parte degli uomini viveva come schiavi, servi della gleba o in schiavitù per debiti. Una brutale polizia religiosa proteggeva il sistema a manganellate e frustate. Molti monasteri disponevano di proprie celle di prigionia. Perfino l’amico del Dalai Lama Heinrich Harrer (il sopramenzionato comandante maggiore delle SS, ndt) rimaneva spesso scioccato: “Il potere dei monaci in Tibet é più unico che raro e si lascia paragonare solo con una ferrea dittatura. Sospettosi, questi sorvegliano su qualsiasi influsso che provenga dall’esterno che possa mettere in pericolo il loro potere. Sono saggi abbastanza da non credere loro stessi per primi alla illimitatezza delle loro forze, ma sono pronti a punire chiunque esterni dubbi in tal senso”. Harrer racconta di un uomo che aveva rubato una lampada d’oro in un tempio. Gli fu tagliata la mano pubblicamente. Poi “il suo corpo mutilato fu cucito dentro la pelle bagnata di uno yak. Quando la pelle fu asciutta, venne buttato nel più profondo burrone”.”
Tibet e strumentalizzazioni politiche
Alessandro Leoni (Comitato Politico Nazionale del Prc)Firenze, 19 marzo 2008
estratto:
“Nell’epoca dell’espansione colonialista-imperialista il Tibet finì nell’area d’ influenza britannica (1906 accordo, sponsorizzato dalla Francia in funzione antigermanica, fra Gran Bretagna e Impero zarista Russo sulla delimitazione delle zone d’interesse in Asia, dal Caspio all’estremo oriente! …) e il rappresentante diplomatico di Londra divenne l’ “unico” straniero ammesso a Lahsa. Il Tibet era, allora, un paese dominato da una casta “sacerdotale” (… i “monaci buddisti”, appunto! …) totalmente parassitaria che viveva, certamente in grande “spiritualità” (!?!), sul lavoro di una massa di popolazione “servile” cioè, praticamente, schiavi ! Inutile dire che non esistevano scuole, ospedali, infrastrutture, ecc…
La condizione femminile era tale da renderla di difficile descrizione: praticamente le donne erano considerate alla stregua del bestiame (i famosi yak!).
E’ noto l’ “interesse” del Terzo Reich nazista per la “spiritualità” buddista di rito tibetano! Un bel film di qualche anno fa ha ricordato/ricostruito il viaggio di una delegazione di ufficiali delle “S.S.” a Lahsa, poco prima dello scoppio della seconda guerra mondiale (1939). La collaborazione del “buddismo” lamaista con i, non propriamente gentili, “occupanti” giapponesi in Manciuria negli anni trenta e durante l’ultima guerra mondiale è fatto storico noto ed acquisito!”
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IL “SOMMO” BUDDISMO THAILANDESE
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Milioni di bambini sono sfruttati sul mercato della prostituzione e della pornografia. Nei casi più estremi, oltre ad essere gravemente esposte al lavoro schiavistico, le donne sono i soggetti maggiormente indifesi rispetto alle piaghe dell’abuso fisico e della schiavitù sessuale. Molte giovani donne, in particolare nei paesi poveri, sono entrate, ancora bambine, nel mondo della prostituzione a causa del circolo perverso nel quale sono state precipitate da genitori o parenti che ne hanno abusato sessualmente in tenera età. Nel suo libro “I nuovi schiavi. La merce umana nell’economia globale“ Kevin Bales, uno dei maggiori esperti di schiavitù moderna e Presidente di Free the Slave, spiega il legame tra il buddismo tibetano e la condizione di schiavitù femminile:
“Per il buddismo praticato in thailandia le donne sono nettamente inferiori agli uomini. Una donna, non può, ad esempio, raggiungere l’illuminazione, che è l’obiettivo supremo del credente. Nella scala dell’esistenza le donne stanno molto al di sotto degli uomini e solo prestando estrema attenzione la donna può sperare di rinascere come uomo nella sua prossima vita. Di fatto, reincarnarsi in un corpo femminile può significare che la vita precedente è stata particolarmente disastrosa o peccaminosa. In quelle che vengono considerate le sue parole ai fedeli, Buddha mette in guardia i discepoli dal pericolo rappresentato dalle donne: esse sono impure, carnali e corruttrici. Negli scritti buddisti la prostituzione è sanzionata; il vihaya, o regolamento monastico, elenca dieci tipi di mogli, i primi tre dei quali sono “quelle comprate col denaro, quelle che convivono volontariamente, quelle di cui si può godere o usare occasionalmente”. Questa dottrina non contempla la nozione di sesso come peccato; al contrario, il sesso è considerato una forma di attaccamento al mondo fisico e naturale, il mondo della sofferenza e dell’ignoranza. Il senso implicito è che se si deve praticare sesso, bisogna farlo nel modo più impersonale possibile.
il buddhismo thailandese è anche portatore di un messaggio di accettazione e rassegnazione di fronte al dolore e alla sofferenza del vivere. Le cose terribili che accadono a una persona sono, in fondo, il prodotto delle azioni individuali, la ricompensa per i peccati compiuti in questa o in precedenti vite. Tutto ciò che accade ad un individuo, è il suo irrevocabile destino, il suo karma. Per raggiungere la tranquillità necessaria all’illuminazione bisogna imparare ad accettare serenamente e completamente il dolore di questa vita. Per alcune bambine thai il dolore di questa vita comprende la prostituzione coatta.POSSONO COMBATTERE CONTRO L’ABUSO SUBITO MA PER LO PIÙ FINISCONO PER RASSEGNARSI, ENTRANDO NELLA PSICOLOGIA DELLA SCHIAVITÙ’ CHE ANALIZZEREMO IN QUESTO CAPITOLO.
La credenza nell’inferiorità delle bambine non è la sola regola che ne fa delle schiave. I bambini thai, in particolare le bambine, hanno un debito immenso nei confronti dei genitori. Il solo fatto di essere venuti al mondo è un grandissimo dono, così come l’essere nutriti e allevati; ci vuole una vita intera per sdebitarsi. In Thailandia è previsto da sempre che le figlie contribuiscano a pieno titolo al reddito familiare e onorino il loro debito di riconoscenza. In casi estremi ciò significa essere vendute come schiave, sacrificarsi per il bene della famiglia. Allo stesso tempo alcuni genitori non ci hanno messo molto a capire che, vendendo le figlie, si possono realizzare ottimi guadagni.
I pochi casi di bambine che in passato venivano vendute come schiave oggi si sono trasformate in un fiume in piena[...]
Oggi i genitori sentono una forte pressione a comprare beni di consumo di cui, anche solo vent’anni fa, nessuno aveva sentito parlare; la vendita di una figlia può con facilità finanziare l’acquisto di un nuovo apparecchio televisivo. Una recente indagine svolta nelle province del nord ha rilevato che due terzi delle famiglie che avevano ceduto le proprie figlie avrebbero potuto permettersi di non farlo, e tuttavia “avevano preferito comprarsi un televisore a colori e un videoregistratore“.
La domanda di prostitute è andata rapidamente aumentando…“