da qui
All’università teologica ragionavano spesso sulla profezia: si affannavano a spiegare che non si tratta di una previsione del futuro, ma di parlare a nome di Dio, secondo l’etimologia. Il profeta vede la realtà da un’altra prospettiva, coglie sfumature che sfuggono ai comuni mortali. Ho un amico veggente, dunque non è un profeta: prevede il futuro, ma solo quello altrui. Il talento non gli reca alcun vantaggio, anzi, sembra perseguitato dalla fortuna avversa. Mi chiede preghiere per risolvere questo o quel problema. Con lui mi sento eternamente in debito, perché, quando bruciarono don Mario, mi disse che non sarebbe morto mentre tutti affermavano il contrario, compresi i luminari della scienza. Vedeva le cose da un punto di vista alternativo, forse quello di Dio. Il confine tra veggenza e profezia, a volte, è impercettibile: in ogni caso si tratta di un’angolatura sorprendente, che sfugge alle maglie troppo larghe della sapienza umana, ne svela il lato ridicolo, che inutilmente si cerca di occultare.