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Il latte

Creato il 29 maggio 2014 da Framiner
lattosio
Un alimento quasi completo ad alto potere nutritivo in cui sono presenti proteine, grassi, zuccheri, sali minerali e vitamine.
Il latte è una complessa miscela contenente lipidi e vitamine liposolubili in fine emulsione, proteine in fase dispersa e, in soluzione, glucidi, sali, sostanze azotate non proteiche e vitamine idrosolubili. Come prodotto di secrezione delle ghiandole mammarie delle femmine dei mammiferi, assolve alle esigenze nutritive dei lat­tanti delle specie animali da cui è prodotto e rappresen­ta, quindi, per questi, l'alimento ottimale. In Italia, tuttavia, il suo consumo non è pari alla sua importanza alimentare. Il fenomeno è aggravato dal fatto che, una volta abbandonato il consumo di latte per un certo periodo di tempo, è difficile riprenderlo, se non molto gradualmente, in quanto ne risulta diminuita la digeribilità per ragioni che vedremo in seguito.
Definizione e composizione chimica - In termini merceologici, per latte alimentare deve intendersi il prodotto ottenuto dalla mungitura regolare, ininterrot­ta e completa della mammella di animali in buono stato di salute e nutrizione. Con la sola parola "latte" si definisce il latte vaccino, mentre quello di altri ani­mali deve portare la denominazione della specie a cui appartiene l'animale che lo fornisce (latte d'asina, latte di capra ecc.). La composizione chimica del latte varia da specie a specie, ma anche tra razze della stessa spe­cie, e addirittura dipende dall'età e dall'alimentazione dell'animale, dallo stadio della lattazione, dalla stagio­ne dell'anno.
Un litro di latte di vacca intero fornisce circa 650 Kcal, 35 g di lipidi, 35 g di proteine, 48 g di carboidrati semplici, rappresentati essenzialmente dal lattosio, cir­ca 7 g di sostanze minerali, tra cui 1,3 g di calcio e 0,9 g di fosforo e inoltre molti enzimi e vitamine lipo e idro­solubili.
I lipidi sono particolarmente ricchi di acidi grassi satu­ri a corta catena. Per alcuni di essi si ha una variazione quantitativa stagionale. I fosfolipidi, pur rappresentan­do una percentuale molto bassa dei grassi totali, rive­stono un'importanza particolare perché influenzano la qualità del latte e dei suoi derivati durante i trattamen­ti di risanamento e di conservazione.
Le proteine sono rappresentate per l'80% da caseina, dalla cui coagulazione si ottengono i formaggi; il re­stante 20% è costituito essenzialmente da lattoalbumine e lattoglobuline. Le proteine del latte sono comunque di ottima qualità nutrizionale, grazie al loro bilanciato contenuto in aminoacidi essenziali, e facilmente digeri­bili.
Il lattosio, zucchero caratteristico del latte, è un disac­caride formato da glucosio e galattosio; esso viene dige­rito lentamente prima di essere assorbito. La digestione consiste nella scissione dei due zuccheri componenti ad opera di un enzima, la lattasi, presente nella mucosa intestinale di tutti i mammiferi. Può accadere però che un individuo che non consumi latte per un certo perio­do di tempo, non sia poi più in grado di produrre que­sto enzima in quantità sufficiente e il latte risulti quindi poco digeribile. A volte, però, la mancanza di lattasi, diffusa prevalentemente tra gli arabi, i bantù, i giappo­nesi, gli indiani d'America e i filippini adulti, è un fatto congenito. Per ovviare a questo inconveniente è stato posto in commercio un latte il cui zucchero è predigeri­to, cioè già scisso nelle due molecole di zuccheri com­ponenti. Altrimenti si può ricorrere al consumo di yo­ghurt, in cui questa trasformazione è già effettuata a opera dei batteri lattici presenti in questo alimento. Il lattosio stimola l'assorbimento di alcuni minerali e in particolare del calcio, assai rappresentato nel latte; inoltre, poiché viene assorbito lentamente, serve da substrato per lo sviluppo di una microflora intestinale che sintetizza alcune vitamine del complesso B, succes­sivamente assorbite dall'organismo.
Le vitamine rappresentano un pregio indiscutibile del latte intero, mentre in quello scremato si perdono con i grassi anche le vitamine liposolubili A, D, E e K. Il contenuto di vitamine liposolubili, scrematura a parte, dipende molto anche da fattori esterni e, primo fra tutti, dalla alimentazione dell'animale; ad esempio, il contenuto di vitamina A nel latte in estate è fino a due volte superiore a quello invernale in quanto l'animale ingerisce con l'erba fresca un'elevata quantità di caro­teni, precursori della vitamina A. Tra le vitamine idro­solubili la più rappresentata è la riboflavina, ma alto è anche il contenuto di B12, mentre scarse e facilmente digeribili sono la vitamina C e le vitamine PP. Per quanto riguarda l'apporto in sali minerali, il latte rappresenta una ricchissima fonte di calcio e altri sali quali fosforo, potassio, magnesio, ma è carente di ferro. Non possiamo quindi affermare che sia un alimento veramente completo; tanto più che una dieta a base di solo latte sarebbe sbilanciata, cioè apporterebbe all'or­ganismo un quantitativo troppo elevato di lipidi e trop­po ridotto di glucidi rispetto alle quantità nutrizionali raccomandate.
Digeribilità del latte - In associazione con i cereali, ricchi in carboidrati, il latte diventa un alimento ottimo e completo, risultando tra l'altro anche più digeribile in quanto il coagulo che si forma nello stomaco, la preci­pitazione della caseina in ambiente acido, è meno com­patto e più spugnoso e come tale più facilmente digeri­bile da parte degli enzimi del tratto digerente. La dige­ribilità dei costituenti del latte diminuisce se il latte è bollito; non vi sono invece differenze consistenti a que­sto riguardo tra latte caldo e freddo. Il latte bollito non solo è meno digeribile, ma perde anche parte del suo valore nutrizionale per la degradazione di nutrienti ter­molabili (soprattutto proteine e vitamine). Le perdite dovute alla formazione della caratteristica pellicola su­perficiale e al deposito sul fondo che si manifestano durante l'ebollizione del latte ammontano per le protei­ne e il calcio al 15% e per la materia grassa al 20%. La perdita preziosa in vitamine dipende soprattutto dalla durata dell'ebollizione.
I latti non vaccini - Sebbene il latte di vacca sia il più largamente utilizzato, è opportuno menzionare altri ti­pi di latte che hanno trovato impiego come tali o per la preparazione di prodotti tipici da esso derivati. Tra questi il latte di capra, la cui composizione è simile a quella del latte vaccino, se si eccettuano il maggior contenuto in niacina ed il minor contenuto in vitamina B12; il latte di giumenta e di asina, che hanno composizione simile al latte di donna specie per quanto riguarda i rapporti tra i componenti proteici e lipidici, mentre presentano un maggior contenuto di vitamina C e per queste ragioni sono talvolta utilizzati in sostitu­zione del latte di vacca per l'alimentazione infantile; il latte di pecora, assai ricco in principi nutritivi, che viene usato essenzialmente per la preparazione di formaggio e ricotta; il latte di bufala, largamente sfruttato per la preparazione della mozzarella. Altri latti meno diffusi sono caratteristici di particolari zone geografi­che come quello di cammella, consumato nell'Africa centrale, il latte di yak in India e quello di renna utiliz­zato dai lapponi del Nord Europa.
La conservazione del latte - Il latte è un alimento facilmente deperibile in quanto, oltre ad avere una ca­rica batterica naturale, viene ulteriormente inquinato da fonti esogene durante la mungitura (mammelle, cu­te degli addetti alla mungitura, attrezzature, recipienti di raccolta ecc.) e per la sua particolare composizione chimica ben si presta allo sviluppo di una flora batteri­ca inquinante. È necessario quindi risanare il latte per garantirne l'igienicità, per prolungarne la conservazio­ne e consentirne una facile distribuzione. Il risanamen­to consiste nella distruzione parziale o totale dei mi­crorganismi presenti che avviene normalmente per mezzo del calore. In base al tipo di trattamento termico applicato ed alla conseguente conservabilità del latte, si distinguono: latte pastorizzato o fresco, latte uperiz­zato o a media conservazione, latte sterilizzato o a lun­ga conservazione.
La pastorizzazione consiste nel portare il latte ad una temperatura inferiore al suo punto di ebollizione per un tempo sufficiente a distruggere tutti i microrganismi patogeni e gran parte di quelli saprofiti (non patogeni). Normalmente il latte è riscaldato ad una temperatura compresa tra i 75 e gli 80°C per un tempo variabile tra i 20 e i 30 secondi. Dal momento che in queste condizio­ni non si ottiene un latte sterile, la conservazione in frigorifero è limitata a quattro giorni dalla data di con­fezionamento. Sui contenitori in vetro, in plastica o in cartone, distribuiti dalle centrali del latte, è impressa la data di scadenza, oltre la quale il latte non può essere venduto, ma ancora può essere consumato se è stato conservato in frigorifero nel contenitore chiuso. Oltre questa scadenza è conveniente bollirlo: un latte inacidito e non commestibile forma un coagulo alla bollitura. Le modificazioni di valore nutrizionale indotte dalla pastorizzazione sono modeste e solo a carico di alcune vitamine come la C, che si perde in parte anche per azione della luce, e la vitamina B12 che, pur essendo termostabile, è influenzata negativamente dalla pre­senza di vitamina C e di ossigeno. L'uperizzazione è un processo termico che ha sostituito quasi completamente il vecchio trattamento di steriliz­zazione in bottiglia; esso si basa sul risanamento del latte per iniezione di vapore ad altissima temperatura (121°C) e successiva evaporazione dell'acqua in ecces­so mediante il cosiddetto raffreddamento flash. Posso­no resistere al trattamento alcune spore batteriche, per cui il latte non è sterile in assoluto, ma è stabile a temperatura ambiente, in confezione chiusa, per un periodo massimo di quattro mesi dalla data di confe­zionamento.
L'uperizzazione, detta anche sterilizzazione UHT (Ul­tra High Temperature), benché arrechi al latte più danni della pastorizzazione, è da preferire alla steriliz­zazione del latte in bottiglia; per questo prodotto sono infatti previsti due stadi di sterilizzazione, prima e dopo l'imbottigliamento, che causano una perdita in vita­mine e proteine maggiore rispetto all'uperizzazione. Il confezionamento del latte uperizzato in cartoni spe­ciali o in bottiglie di plastica è asettico, cioè effettuato in condizioni di sterilità, e non necessita quindi di un ulteriore trattamento al calore.
Ognuno di questi tipi di latte può trovarsi sul mercato in tre diverse versioni in rapporto al contenuto di gras­so: intero (contenuto minimo di grasso del 3%), par­zialmente scremato (1-1,8%) e scremato (non superio­re allo 0,5%).
Durante i trattamenti di risanamento il latte viene omogeneizzato e deareato. Con l'omogeneizzazione si riducono le dimensioni delle goccioline di grasso in mo­do che queste non riaffiorino durante la conservazione; con la deareazione si eliminano i gas incondensabili e le sostanze maleodoranti eventualmente presenti e dovu­te sia all'alimentazione dell'animale, sia al riscalda­mento subito. Il processo consiste nel portare il prodot­to in condizioni di vuoto, con la produzione di vapore, che, eliminato, trascina via le sostanze volatili (strip­paggio).
Altri tipi di latte - In commercio si trovano altri tipi di latte. Si tratta per lo più di latti conservati mediante diminuzione del contenuto di acqua disponibile, che si può ottenere con una disidratazione più o meno spinta e con l'aggiunta di zucchero. Tra questi, il latte concen­trato si ottiene facendo evaporare circa i 2/3 dell'acqua. Il latte condensato è invece un latte pastorizzato, parzial­mente concentrato, cui si aggiunge saccarosio fino al 40%, per facilitarne la conservazione senza sottoporlo ad ulteriori trattamenti di riscaldamento. Riportato con acqua alle condizioni di diluizione originali risulta di più elevato valore calorico per la presenza di un contenuto maggiore di zuccheri. È distribuito in scato­la o tubetti e si conserva a lungo anche a temperatura ambiente. È indicato per decorare dolci, per preparare delicate creme; è ottimo anche, così al naturale, spal­mato su fette di pane integrale tostate. Il latte in polvere si ottiene per disidratazione quasi totale ed è di preparazione ed uso molto antichi. Notevole importanza ha assunto il latte in polvere "umanizzato" per l'alimentazione dei neonati, di composizio­ne più simile al latte umano.
Il latte nell'allattamento artificiale - Il latte di vacca sostituisce quello materno dopo lo svezzamento del bambino e la sua presenza nella dieta, proprio per il suo alto potere nutritivo, dovrebbe protrarsi per tutta la vita.
È possibile tuttavia usare per l'allattamento latti di specie diversa, purché la composizione del latte di se­conda scelta sia simile a quella specie-specifica. È da menzionare ad esempio l'allattamento artificiale dei neonati, effettuato prevalentemente con latte vaccino modificato, per renderlo il più possibile simile a quello materno. Dopo un periodo di particolare esaltazione dell'allattamento artificiale, si sta però tornando alla rivalutazione dell'allattamento al seno, sia per motivi di ordine nutrizionale che psicologico nei riguardi del bambino.
È da tenere presente che riprodurre il latte umano è ancor oggi un'impresa impossibile poiché non se ne conosce completamente la composizione e quindi con l'allattamento artificiale potrebbero venire a mancare alcuni fattori importanti per lo sviluppo; inoltre i punti di divergenza tra i due latti sono talmente numerosi da rendere quanto mai difficile una vera riproduzione del latte di donna.
Il latte umano, rispetto al latte vaccino, è più ricco in acidi grassi poliinsaturi, indispensabili per un adegua­to sviluppo del sistema nervoso, che si completa col primo anno di vita; per quanto riguarda le proteine il rapporto caseina/lattoalbumina è invertito rispetto al latte di vacca a favore di quest'ultimo, più digeribile; benché più povero di calcio, il latte materno ha più ferro, assorbito tra l'altro dall'organismo in percentuali maggiori, ciò che evita al neonato di incorrere in un'a­nemia; il lisozima, enzima con attività antiinfettiva, è presente in una quantità 3000 volte superiore; inoltre il latte di donna consente lo sviluppo del Lactobacillus bifidus, che interviene nella protezione della mucosa inte­stinale, inibendo lo sviluppo dei germi patogeni re­sponsabili delle diarree; infine, per quanto riguarda l'apporto vitaminico, le vitamine A, C ed E sono mag­giormente rappresentate che nel latte vaccino.

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