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Il lavoro è per l'uomo, non viceversa

Creato il 23 settembre 2011 da Cortese_m @cortese_m
Il lavoro è per l’uomo, non l’uomo per il lavoro: avere ben presente questo assunto e metterlo in pratica quotidianamente nel mondo del lavoro significherebbe cambiare radicalmente il mondo, la società tutta e non solo quella occidentale.
La dottrina sociale della Chiesa contiene questo principio nelle sue fondamenta, ma la vita quotidiana ci dimostra il contrario, porre al centro della vita l’uomo, che abbia come mezzo per arrivare alla sua realizzazione il lavoro, necessario certo, ma che rimanga tale, un mezzo non un fine!
L’uomo si abitua a tutto, è ormai abituato a tollerare, senza nemmeno più contrastare, questo meccanismo di sfruttamento, di mortificazione, di annientamento dell’essere umano in funzione del profitto.
La realizzazione del profitto giustifica le più basse manovre nelle quali l’uomo assume lo stesso valore di un utensile per avvitare un bullone, tutto questo produce malessere, ingiustizia, anti-valori…
M’interrogo spesso, maggiormente da quando sono padre, su cosa e come questa società pensi di fondarsi, sulle radici-volariali che pianta nel mondo, sul sistema di relazioni sociali che abbiamo e sul testimone che tra qualche anno passeremo ai nostri figli.
Credo che la società abbia bisogno di guardarsi allo specchio, i singoli devono farlo e trasferirlo gradualmente ai gruppi, alle organizzazioni, ai micro-mondi che compongono quell’enorme mosaico che è la società tutta.
Penso…
E se alcuni uomini rinunciassero a un pezzetto (piccolo..) del loro profitto per migliorare la condizione di altri uomini oggi utilizzati come macchine per produrre profitto?
E se invece di vivere a testa bassa, attenti ad accumulare enormi patrimoni, giorno dopo giorno, senza interrogarsi più di tanto sul risvolto della medaglia che produce una certa avidità, si provasse ad alzare la testa per guardare negli occhi l’essere umano che ci sta di fronte e che magari ci aiuta anche a produrre quel profitto? Se riflettessimo solo un attimo, che anche quell’essere umano ha dei bisogni, dei sogni, delle aspettative, un bambino che lo aspetta a casa la sera per saltargli al collo?
Io penso che questa sia una strada maestra per arrivare a far si che l’uomo ritorni nella sua posizione centrale, scalzando il profitto da quel posto che gli compete per natura.
Il miglioramento della società passa anche per un’altra strada, che ritengo altrettanto importante, quella cioè di ridare alle madri-lavoratrici la possibilità di tornare a dedicarsi alla cura e all’educazione dei figli.
Non voglio urtare la sensibilità di chi (donna) ha scelto la via del lavoro, della carriera, quale realizzazione personale, ognuno fa’ le sue scelte in coscienza, e non c’è nulla di male. Ma una rivalutazione del ruolo materno-educativo, poter riavere la possibilità di scegliere, ritengo sia un segno di civiltà, di democrazia, ma anche e soprattutto è un seme che si pianta per raccogliere poi i frutti di generazioni di figli diverse, nella quali certi valori siano stati coltivati con cura, cosa che non può avvenire o almeno non altrettanto bene quando un genitore è costretto a tornare a lavorare lasciando con altri soggetti - scuole, baby-sitter, amici, parenti - un bambino di appena 3 mesi, come prevede il nostro sistema previdenziale.
Il profitto non può essere l’arbitro della nostra vita, l’unico, abbiamo bisogno di riappropriarci di alcuni valori per poterci liberare da questa “amministrazione giudiziaria” ad oggi esercitata nei confronti della società tutta.
nanniIl lavoro è per l'uomo, non viceversa

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