Buongiorno amici e colleghi stagisti, ho ricevuto proposte di stage da Zara italia, leader nel settore abbigliamento in tutto il mondo. 300 euro al mese x otto ore lavorative giornaliere. Per accrescere la professionalità in… commessa!!! Ora assumono con questa tipologia contrattuale». È il testo di un email apparsa nel forum della Repubblica degli stagisti (www.repubblicadeglistagisti.it). Un’ennesima testimonianza del «lavoro usa e getta» che è in auge in molte aziende e che ritroviamo anche nella vicenda dei metalmeccanici Fiom di Pomigliamo, riassunti per ordine del giudice ma costretti all’ozio punitivo, moderna forma di umiliazione.
Non ci sono solo, dunque, i precari dell’editoria come quelli giustamente denunciati da Chiara di Domenico a una recente assemblea del Pd. Anche se Chiara avrebbe fatto meglio a puntare il dito non sull’incolpevole figlia di Ichino, conquistatrice di un posto fisso, ma su un sistema che non premia solo i meritevoli ma soprattutto coloro che, magari oltre un affermato merito, godono del sostegno di parenti e amici. Resta da aggiungere, a proposito di questa vicenda, che non può essere addebitato, a Pietro Ichino, il sostegno al precariato. Occorre riconoscere che il giuslavorista ha sempre esposto le sue idee convinto di combattere in tal modo il precariato, senza dare risposte convincenti a chi lo contestava sostenendo che, con i suoi propositi, si sarebbero resi sostanzialmente precari tutti i posti di lavoro.
Ma per tornare alla realtà concreta dei nostri giorni si scopre che l’uso improprio degli stagisti non si limita al regno Zara ma trova riscontro in altre testimonianze. Così c’è chi racconta: «Ho lavorato come addetta vendite per una grande azienda e dopo due rinnovi di contratto (9 mesi di lavoro più tre con agenzia interinale) sono stata buttata fuori e rimpiazzata da una stagista… ». Spiega Ilaria Mariotti sulla «Repubblica degli stagisti» come basti fare un giro sul portale di Inditex (gruppo che comprende Zara, Pull&Bear;, Stradivarius e Massimo Dutti) per constatare che le offerte di stage per addetti vendita «sono pubblicate in bella vista (ed è curioso che ce ne siano solo per l’Italia e nessun altro Paese europeo)». Così a Sassari si cerca uno stagista «addetto alle vendite full time e con diploma o laurea conseguiti da non più di dodici mesi». La domanda legittima di Ilaria è: «Ma possibile che serva un titolo accademico, e un periodo di formazione aggiuntiva, per imparare a vendere o fare da assistente in negozio?».
Certo così facendo Zara risparmia: «Solo su Roma, utilizzando dieci stagisti a 300 euro al mese al posto di lavoratori regolarmente assunti, risparmia ben 9 mila euro al mese, che spalmati su tre mesi di stage fanno 27mila euro, e addirittura 54 mila su sei mesi». Non è un caso isolato. Il sito informa di un annuncio della multinazionale Kiabi che cerca per 400 euro mensili e un full time di cinque giorni settimanali – weekend inclusi – «studenti giovani e motivati che hanno voglia di imparare e fare una prima esperienza nel mondo della grande distribuzione». Con una condizione davvero paradossale: lo stagista dovrà essere «studente o neolaureato in lettere e filosofia». È interessante annotare come i «candidati» ad entrare nel regno di Zara siano, del resto, quasi sempre giovani reduci da studi intensi. Scrive uno di loro: «I ragazzi che erano con me erano tutti straordinari, il primo parlava quattro lingue ed era appena tornato dalla Spagna dove aveva fatto degli stage, la seconda era laureata in sociologia e ogni estate da quando andava al liceo andava a Cambridge a studiare inglese, la terza era laureata in fisica e stava girando il mondo ed ora voleva prendersi una “pausa”… ».
È il popolo dei giovani contemporanei, spesso etichettati come scansafatiche, fannulloni, intenti a fuggire dai lavori manuali ma che qui troviamo disposti a etichettare le merci, gestire il perimetro del negozio, nonché imparare la regola delle tre P (pieno, prezzo, pulito) nonché «l’aggressività del prezzo». il tutto a condizioni umilianti come quelle riservate agli stagisti. Un sistema, ripetiamo, basato sul lavoro «usa e getta». Un sistema che non aiuta nemmeno criteri di efficienza e produttività, non fa del «capitale umano» il motore della crescita. Ecco perché bisogna saper ascoltare anche i tanti giovani che seguono le sirene di Grillo e proporre loro la possibilità di un vero cambiamento. E i tanti moderati montiani dovrebbero capire che non ci si libera dalla crisi liberandoci di Vendola, Fassina o Camusso, bensì risolvendo i problemi di stagisti, precari, esodati, cassaintegrati, pensionati alle strette. Anche loro rappresentano un «debito» da assolvere e non basta dire alla maniera di Ichino «lasciateci la possibilità di licenziare voi e i vostri padri e noi vi assumiamo».