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Il Lessico sturziano per un rinnovamento morale e un rinascimento popolare alla luce degli intramontabili principi cristiani.

Creato il 16 maggio 2014 da Libera E Forte @liberaeforte

Palazzo Arcivescovile - Il Vescovo Mons. Paolo Romeo

Pubblichiamo il discorso di saluto del cardinale Paolo Romeo, Arcivescovo di Palermo, alla presentazione del “Lessico sturziano” avvenuta il 12 maggio scorso nella Sala Gialla del Palazzo dei Normanni a Palermo.

Noi cattolici italiani, noi Chiesa italiana, abbiamo un grande debito, equivalente a un obbligo morale, nei riguardi di don Luigi Sturzo: quello di dovergli rendere da tempo giustizia con il riconoscere l’ortodossia delle sue teorie, la correttezza delle sue riflessioni critiche e la validità delle sue sagge e lungimiranti proposte per il superamento delle permanenti disfunzioni politiche e sociali del nostro Paese. Sta qui la ratio che nel 2009, in occasione del cinquantesimo anniversario della morte del sacerdote di Caltagirone, spinse la Pontificia Facoltà Teologica di Sicilia ad assumersi l’impegno di contribuire, in qualche modo, a estinguere quel debito.

Si pensò, dopo varie e proficue consultazioni tra me, il preside e i docenti, di realizzare una summa del pensiero sturziano per consentirne, rispetto ai circa cinquanta volumi dell’Opera Omnia, una più facile e maggiore veicolazione tra il grosso pubblico. Il progetto, denominato Lessico Sturziano, trovò subito l’adesione e l’apporto di un centinaio di studiosi. E, oggi, ricco di circa duecento lemmi, vede felicemente la luce con i tipi della prestigiosa casa editrice Rubbettino. Esprimo, anche per conto della Facoltà Teologica di Sicilia, la mia gratitudine ai curatori, all’editore, ai collaboratori italiani e stranieri, appartenenti a Università Pontificie, Statali e Libere e ad altri centri di ricerca e formazione.

Si attende, ora, che il loro generoso lavoro possa presto dare i risultati sperati e sollecitare le nuove generazioni a occuparsi di Sturzo seguendone l’esempio e l’insegnamento. Nella situazione attuale di crisi morale, politica ed economica, di disorientamenti e incertezze, così gravi da mettere in rischio le sorti della nostra democrazia, lo studio e l’approfondimento delle teorie e delle vicende sturziane sarebbero una sicura ancora di salvezza.

Il Lessico si propone principalmente di farci conoscere quella spiritualità e quel corredo teologico che hanno forgiato la personalità dello statista siciliano e dato impulso alla sua opera, e di conseguenza offre tuttora interessanti spunti per la realizzazione di riforme ispirate al suo credo religioso e politico, quali in ispecie le riforme istituzionali, le leggi elettorali, le autonomie locali, il ruolo delle regioni e tanti altri odierni problemi. Occorre, a qualsiasi costo, recuperare l’autentico Sturzo, per uscire dall’eclissi dei valori e per dare ossigeno e speranza alla nostra società ammalata. Il Lessico Sturziano è stato concepito ed è nato con questi propositi.

All’intera attività teoretica e pratica del fondatore del Partito Popolare Italiano va posta come premessa fondamentale che questi fu, innanzi tutto e soprattutto, sacerdote nel senso proprio del termine, ossia uomo di Dio. Don Sturzo rimase fedele e ubbidiente alla Chiesa anche nei momenti più difficili della sua vita, allorquando egli, antifascista, dovette bruscamente interrompere l’azione politica, da lui abbracciata come missione e come servizio in favore del prossimo, e fu costretto a recarsi in esilio all’Estero. Accettò il martirio della lontananza dalla Patria, dalla famiglia e dagli amici. E affrontò le sofferenze morali e le privazioni economiche rifugiandosi nella preghiera e nello studio. Quando e dove egli poté, si prodigò per aiutare altri esuli senza guardare il loro distintivo politico. La figura sacerdotale di don Luigi Sturzo si staglia netta nello splendore della sua profonda Fede in Dio e nell’umiltà del costante servizio alla collettività per la realizzazione del bene comune, tanto che la Santa Sede il 3 maggio 2002 ha accettato la ben documentata richiesta di canonizzazione dando inizio al relativo processo.

«La missione del cattolico – egli scriveva sul quotidiano “Il Popolo” del 16 dicembre 1956 – in ogni attività umana, politica, economica, scientifica, artistica, tecnica, è tutta impregnata di ideali superiori, perché in tutto ci si riflette il divino. Se questo senso del divino manca, tutto si deturpa: la politica diviene mezzo di arricchimento, l’economia arriva al furto e alla truffa, la scienza si applica ai forni di Dachau, la filosofia al materialismo e al marxismo; l’arte decade nel meretricio».

È da troppo tempo, ormai, che il Servo di Dio – dopo avere subìto in vita, vittima del fascismo e di incomprensioni all’interno di alcuni ambienti ecclesiastici, un lungo e sofferto esilio fuori d’Italia – continua, post mortem, a patirne un altro più pesante in patria e in seno alla comunità ecclesiale.

Si tratta di un ingiustificato e avvilente esilio che provoca oblio e silenzio sull’operato e sull’insegnamento di don Luigi Sturzo. E, sebbene cresca il numero dei suoi studiosi in campo nazionale e internazionale, egli rimane sconosciuto alla grande massa e, in particolare, al mondo della politica. Si corre il rischio, nonostante l’attualitàe l’attuabilità del suo pensiero politico e sociale, di vederlo definitivamente collocato nel museo dei personaggi illustri e dentro una nicchia nel tempio della storia.

Si potrebbe dire che l’interesse scientifico, storiografico, per la biografia intellettuale di don Luigi Sturzo è inversamente proporzionale sia alla conoscenza che si ha di lui tra la gente, sia all’applicazione delle sue idee nella società. La stranezza di un tale fenomeno si spiega col fatto che il sacerdote di Caltagirone, per quanti gestiscono la cosa pubblica, continua a essere un uomo scomodo, anche da morto, così come lo era stato da vivo. Egli, con la coerenza propria del cristiano integrale, riuscì a portare e a realizzare il Vangelo nella società, seppe coniugare, senza tentennamenti, norme morali e attività socio-politica, proseguì nella sua ardua e accidentata strada senza mai accettare compromessi.

Sarebbe questo il primo, reale miracolo del nostro Servo di Dio, continuato per la sua intera esistenza e in tempi in cui le teorie machiavelliane assurgevano a scienza politica e appagavano le empie esigenze della modernità e dell’illuminismo. La condotta di vita di don Luigi Sturzo, sacerdote e statista, si distinse su tutti i campi. Oggi rappresenta per tutti noi e, in particolare, per i cattolici impegnati nel sociale, un esempio da imitare e una sicura bussola di orientamento per avere egli ripristinato e praticato il binomio morale-politica, per avere ristabilito e vissuto il primato della morale sulla politica e sull’economia, per avere dimostrato che si può realizzare il bene comune seguendo le orme del Vangelo.

Don Luigi Sturzo considerò il Nuovo Testamento non solo il libro sacro per eccellenza, ma anche, da duemila anni a oggi e per l’avvenire, «il libro dell’esperienza umana» della nostra civiltà, del fondamento della nostra cultura, della nostra arte, del nostro progresso socio-economico. Egli era solito dichiarare che, proprio dalla riflessione sui testi evangelici, aveva trovato e trovava i suggerimenti per i suoi progetti e gli stimoli necessari per la sua attività. Indicava nel Vangelo le radici delle sue teorie sul rapporto tra Chiesa e Stato, sulla relazione tra religione e politica, sulla laicità e la tolleranza, sul riarmo morale per la pace nel mondo, sull’indispensabile legame in democrazia tra giustizia e libertà.

E, sensibile all’appello di Leone XIII, il Pontefice della Rerum novarum, si spese per dare forza e sostanza a tali teorie con la creazione di cooperative rurali, operaie e artigiane, con la fondazione del Partito Popolare Italiano, con validi contributi all’elaborazione dello Statuto speciale per la Regione siciliana e della Costituzione della Repubblica Italiana e alla loro rispettiva applicazione.

Si adoperò per la Federazione Europea, quale meta per il raggiungimento di una solida pace tra i popoli del Vecchio Continente. E, a tal proposito, prevedendone le difficoltà di percorso, scrisse sull’opportunità di affrontarle e di superarle in vista di una situazione certamente migliore di quella gestita dagli anacronistici e pericolosi nazionalismi.

Sturzo, nell’ultimo quindicennio della sua vita, divenne coscienza critica della classe dirigente democratica e, in particolare, di quello stesso partito di maggioranza relativa che vantava la propria paternità nel Partito Popolare Italiano. Egli non ebbe scrupoli – anzi ne avvertì l’insopprimibile esigenza morale – ad addebitare ad essi lo spreco del denaro pubblico, la preoccupante invadenza dello Stato nell’economia, il deleterio fenomeno della partitocrazia, l’umiliante complesso di inferiorità di fronte alla cultura marxista e al Partito Comunista.

Oggi la voce di quella coscienza critica, assieme alle verità di un grande insegnamento, riecheggia tramite tutta una serie di scritti, in cui denunce, problemi e soluzioni rimangono di un’impressionante attualità. Voglia il Cielo che il Lessico Sturziano, che ne recepisce e ne interpreta le parti salienti, – oltre a essere un efficace strumento per ulteriori ricerche scientifiche sulla vita e le opere di don Luigi Sturzo – sia un proficuo canale di trasmissione e di propagazione delle sue idee, indispensabile linfa, in questi nostri tristi tempi, per un rinnovamento morale e per un rinascimento popolare alla luce degli intramontabili principî cristiani.

Cardinale Paolo Romeo


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