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Il libraio di Selinunte (Vecchioni)

Creato il 06 marzo 2015 da Athenae Noctua @AthenaeNoctua
La settimana scorsa, sebbene oberata dallo studio, mi sono concessa un giro in libreria, un po'per sfogo, un po'perché era imminente l'azzeramento dei punti che mi avrebbero permesso un prossimo sconto... sì, perché, a dirla tutta, non ero proprio a secco di letture, tutt'altro. In più c'erano gli sconti sugli Einaudi, e ne avevo qualcuno in lista. Invece, come al solito, non trovando quello che cercavo (la libreria era in fase di riassortimento e rimescolamento secondo criteri che mi fanno sinceramente pensare di cambiare rifugio letterario), sono caduta preda dell'agguato teso da questo breve racconto di Roberto Vecchioni, di cui avevo precedentemente puntato l'ultimo titolo, Il mercante di luce. Il professore mi incuriosiva e, non avendo letto nulla di suo prima d'ora, mi sono lasciata convincere da Il libraio di Selinunte, che stava lì a guardarmi dallo scaffale, abbandonato di tre quarti, con la sua promessa di parlare dei libri e del potere delle parole.
Il libraio di Selinunte (Vecchioni)Il romanzo è ambientato a Selinunte, cittadina magnogreca in cui si fondono un presente quasi distopico e la mitica grandezza del passato, dove uomini e dei vivevano esistenze strettamente compenetrate. L'arrivo di un vecchio libraio che non vende libri ma apre il suo negozio per tenere delle pubbliche letture, sconvolge la gente, che lo addita come un essere diabolico e portatore di sventura. In effetti, una sventura si abbatte su questi miscredenti, risparmiando solo il giovanissimo Nicolino, che di notte sgattaiolava fuori dal letto per andare ad ascoltare le solitarie letture del vecchio, lasciandosi intrappolare nelle reti della parola e incantare dalla magia di una letteratura capace di commuovere anche se non si riesce a comprenderne fino in fondo il significato, talvolta solo per il suono di una lingua sconosciuta. Il legame segreto fra Nicolino e il libraio gli permette di serbare un dono prezioso all'indomani della scomparsa del vecchio, vittima di una caccia alle streghe che ricorda certe brutte pagine della nostra storia e dell'incendio dei suoi volumi: mentre tutti, a Selinunte, perdono la capacità di comprendere e usare le parole, il giovane seguace del libraio salva quell'immenso tesoro, anche se a poco gli vale una lingua che nemmeno la sua amata Primula può capire.Il libraio di Selinunte è una storia piacevole, originale, anche piuttosto elevata nello stile, mai banale e a tratti filosofica. Eppure ha quel difetto che, per molti lettori, è il pregio dei racconti: è breve. Ho già parlato diverse volte della mia difficoltà con queste narrazioni mordi-e-fuggi (e anche la lettura successiva a questo Vecchioni me l'ha fatta rivivere), che proprio nell'essenzialità dovrebbero risultare incisive, capaci di scavare, ma che mi abbandonano proprio quando comincio ad assumerne la temperatura, ad adagiarmi al loro interno e a dialogare con i personaggi. Vero è che lo strappo improvviso a volte cementa l'affezione, ma per me è qualcosa di molto ostico, che, forse per la mia passione per le storie abbondanti e particolareggiate (anche per i mattoni, diciamocelo), mi riesce difficile assimilare. Detto ciò, credo che una cinquantina di pagine in più non potessero fare che bene alla narrazione, che, comunque, mi ha lasciato un'impressione buona, o, quantomeno, bastevole a rimarcare il mio desiderio di leggere Il mercante di luce.
Il libraio leggeva le parole senza imporle all'ascolto, perché le parole non nascono, non nascevano in quell'autore, per favorire, acchiappare, assecondare, manovrare a piacimento le emozioni del pubblico, stipandole nella gabbia di un unico sentire. Il libraio restituiva le parole a se stesse.
C.M.

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