Di quella tragica spedizione è ora in libreria un interessante libro a cura di Filippo Tuena dal titolo Scott in Antartide La spedizione Terra Nova (1911-1913) nelle fotografie di Herbert Pointing, e che vi proponiamo.
Per secoli i resoconti dei viaggi verso l'ignoto intrapresi da esploratori, mercanti, scienziati come Darwin sul Beagle, o cacciatori, come quelli sulle baleniere polari, hanno raccontato storie spaventose e abbozzato schizzi immaginari per riproporre quanto vi era stato visto, spesso non senza una buona dose di licenza poetica.
Le peregrinazioni atlantiche del capitano James Cook del diciottesimo secolo e di James Clark Ross negli anni Trenta di quello successivo furono descritte in riviste e libri pieni di illustrazioni.
Ponting che aveva percorso la Siberia, visitato il Giappone e documentato la guerra Russo-giapponese accompagnò in Antartide la spedizione Terra Nova di Scott dal dicembre del 1910 sino al marzo del 1911. In quell’anno di lavoro produsse più di duemila fotografie e un’ora di filmati che lo rivelarono come il più importante fotografo d’azione di quello scorcio di secolo. Ponting documentò soltanto il primo anno della missione e dell’ultima e tragica, non è stato testimone. Prima di lasciare la spedizione insegnò a Scott come utilizzare una piccola macchina a soffietto per documentare il loro viaggio. Ma per tutto ciò che riguarda il viaggio in nave dalla Nuova Zelanda all’isola di Ross; la costruzione della capanna di capo Evans; le prime marce per la formazione dei depositi; la vita quotidiana durante il lungo e buio inverno antartico; la fauna e i paesaggi meravigliosi di quei luoghi, Ponting fu l’occhio di Scott. Quanto altri rammentavano e fermavano sulle pagine dei loro diari – e furono in molti a trascrivere le loro impressioni sulla carta – egli lo ha tramandato attraverso le lastre fotografiche e le pellicole che ha impresso in condizioni di estrema difficoltà nell’anno che trascorse in Antartide.
Annotò con eguale attenzione le piaghe che il freddo disegnava sui volti degli esploratori di ritorno dalle missioni più faticose, o i caratteri indomabili degli husky che trascinavano le slitte. Documentò i tramonti e tempeste, le bizzarre forme degli iceberg e le imprevedibili creste di pressione della barriera ghiacciata. Ma fu altrettanto preciso nel testimoniare la vita quotidiana degli esploratori; le attività più umili come il rammendare i sacchi a pelo o accudire gli animali lo attrassero quanto le scalate delle montagne di ghiaccio; fermò lo sguardo su compiti più elevati, quali l’osservazione delle stelle, l’analisi al microscopio di forme sconosciute di vita; seguì la Terra Nova mentre spaccava il ghiaccio marino per conquistarsi una via verso il Sud o la ritrasse immobile nella baia di fronte all’isola di Ross, come una balena spiaggiata su una costa dalla quale non sa più allontanarsi.
Eseguì ritratti di uomini stroncati dalla fatica e di uomini oziosi che attendevano con ansia di provare a loro stessi il limite delle loro forze. La storia che ne ricavò e che è narrata per immagini in questo libro raramente sfiora la retorica della conquista. Molto più spesso descrive la determinazione di uomini che si trovavano, per loro volontà, al limite dell’abisso, lungo il margine estremo delle terre conosciute e abitabili.
Nella prefazione al libro è riportato un brano del libro Captain Scott, scritto nel 2002 da Sir Ranulph Fiennes.
Amundsen fu il primo a raggiungere il polo, trainato dalla forza dei cani; Scott fu il primo ad arrivarvi grazie alla pura forza umana. La stazione scientifica statunitense al polo Sud è chiamata Amundsen-Scott South Pale Station in segno di riconoscimento di due grandi successi, seppure tanto diversi tra loro.
Il più grande esploratore polare francese, il dottor Jean Charcot, scrisse su Le Matin (e qui occorre ricordare che i francesi non sono per natura inclini all’anglofilia): “Scott ha conquistato il polo. Il pubblico, male informato, dirà che ha raggiunto il suo scopo solo per secondo, ma quelli che sanno - non ultimi Amundsen e Shackleton - ammetteranno che fu Scott ad aprire la strada verso il polo e a tracciarne la rotta, illuminando di luce riflessa il proprio paese”. Aggiungeva poi: "Scott non abbandonò il suo programma scientifico [...] e questo è un altro
elemento importante rispetto a Amundsen, che non è uno scienziato, ma solo un uomo deciso a stabilire un record. Se si vuole dichiarare chi sia il migliore tra i due, la scelta deve necessariamente cadere su quello
che incoronò i risultati della sua spedizione con il maggior numero di scoperte e osservazioni scientifiche".
Uno dei membri della squadra polare di Amundsen, Helmet Hanssen, dichiarò: "Non voglio screditare Amundsen, né nessun altro di noi, dicendo che il risultato di Scott fu di molto maggiore rispetto al nostro
di fronte al risultato ottenuto da Scott. Non credo che mai altri uomini abbiano mostrato una tale resistenza, né che ci siano mai stati altri uomini pari a lui”.