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Il libro di Zǒng Báichī XXXVIII

Creato il 17 agosto 2014 da Marvigar4

Zong báichi 38

«Quanti nomi sai dare alla sera? E al tramonto? Per quanto ti sforzi, non ci sarà un solo nome a racchiudere la bellezza di una giornata che volge alla fine e induce al riposo. Se vuoi conoscere la pace di quel momento rivolgiti agli uccelli, a tutte le creature che conoscono il trapassare della luce e scandiscono con la loro pausa la quiete del crepuscolo.

Noi, che nominiamo tutto, sconvolgiamo tutto, illuminiamo le tenebre e oscuriamo il chiarore, forziamo la natura a nascondersi, a rinunciare al suo ciclo perenne. Siamo artefici di paradossi, salvo poi piangere gli effetti delle mostruose creazioni che abbiamo realizzato, convinti di essere padroni della terra e del cielo.

Non chiedermi nomi. Noi siamo acqua anonima, aria anonima, flebile fuoco. Questo una rondine lo sa meglio di noi. Nel silenzio che segue il suo garrire sono scritte le pagine a noi ignote di una storia infinita. Quel poco o niente che ci resta lo annotiamo per paura che ci sfugga. Ci sfuggirà comunque, perché tutto verrà travolto, inondato, incenerito per tornare al suo stato aurorale.

Inutile il nostro quotidiano sforzo per restare. Solo chi ha appreso l’arte dell’abbandono ha una possibilità di riunirsi all’alveo naturale. Solo l’oblio può salvarci. La memoria, il sigillo che ci inchioda, serve per rammentare le nostre malefatte. Ma quando torneremo a unirci agli elementi, come fanno senza danno tutte le creature che popolano la terra, ci sarà il silenzio della pace, l’armonia perfetta che non ha nome.

Tutto ciò che è stato detto diventerà un suono indistinto. Tutto ciò che è stato scritto sarà cibo per un topolino o una tarma. Illusi di rimanere, rimarremo perdendoci nella sera.»

© Marco Vignolo Gargini



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