In questi giorni italiani, prima di ripartire per Berlino, mi sono immerso nello studio delle guerre Jugoslave. L’ho fatto guardando documentari, leggendo gli articoli dell’epoca sul mio Kindle, riaprendo dei romanzi o dei saggi storici. Questo in previsione della presentazione di Zagreb al Salone del Libro di Torino. Un po’ perché serve, un po’ perché ora che il romanzo è in stampa, mi lascio andare alla visione (o ri-visione) di altre opere che trattano un argomento simile.
E ho “scoperto” che la mia immaginazione, da cui Zagreb è nato, ha un limite. Il limite sono i “rape camps” (campi di violenza sessuale), i massacri sulla popolazione, le mine su cui saltavano ambulanze, civili e soldati, l’odio che scorreva a fiumi nei solchi di confine segnati dalle nazioni coinvolte.
Ho capito: la mia immaginazione, che a volte ho creduto si fosse spinta troppo lontano, ha sempre avuto un limite superiore. La realtà.