Come promesso, eccomi di ritorno con un post serio. Come sono brava vero? Prima di iniziare vorrei comunicarvi due cose:
- è uscito il frutto delle mie fatiche come assistente-assistente costumista “Pulce non c’è”. Film con Pippo del Bono e Marina Massironi, verrà proiettato stasera alle 20.15 nell’ambito del festival “Sottodiciotto”. Quindi se siete a Torino andate al Massimo che io sono stata bloccata da una cena di famiglia! Per completezza di informazioni aggiungo che è già stato presentato a Roma al festival di “Alice nelle città” e che ha fatto il botto! Insomma non perdetevelo per nessun motivo!
- sono usciti i frutti delle mie fatiche più recenti, ovvero “Navigare sicuri” un progetto telecom per diffondere un uso di internet più sicuro e legale. ( Piccola memo per me: oltre a farmi lavorare nei tuoi corti telecom adorata mi porti l’adsl nel paesello?? ti ringrazio!) In questo caso ho partecipato come assistente scenografa (pagata!!). Per vederli cliccate qui. I primi tre video sono quelli a cui ho collaborato.
Ho scelto di parlare del lutto nell’età Vittoriana sia perchè è un periodo storico che mi affascina tantissimo ( e visto che ormai vi ho detto tutto degli abiti del periodo…non mi rimaneva molto altro da dire oltre a quest’argomento)sia perchè è in questo periodo storico che il funerale e il periodo di lutto si codificano così come li conosciamo oggi.
Con la morte del Principe Consorte Alberto nel 1861 la Regina Vittoria inizia il suo periodo di lutto, che terminerà solo con la sua morte. Questo suo comportamento, e l’obbligo per la corte di osservare il lutto anche nelle attività quotidiane e nei divertimenti, influenzarono molto le classi più agiate, che iniziarono ad adottare lo stesso comportamento nelle loro famiglie.
Nell’epoca vittorina il funerale veniva considerato un evento sociale, allo stesso modo di un ballo o di una serata a teatro e non ci si poteva presentare se non muniti di invito che veniva spedito dalla famiglia agli invitati. Persino il non volere estranei era regolato da un biglietto in cui si chiedeva di non partecipare; chi riceveva il biglietto era tenuto a rispondere per comunicare se avrebbe o no partecipato all’evento.
É in questo periodo che il colore primario del lutto diventa il nero; i vestiti delle donne dell’alta società erano realizzati secondo l’ultima moda e con le stoffe più pregiate, il fatto di essere in lutto, infatti, comportava solamente di non dover mostrare parti del corpo (questo nel lutto pieno, che durava un anno e un giorno), a questo proposito le donne indossavano abiti a collo alto, guanti e lunghi veli per nascondere il volto.
Fonte: kyoto costume institute
Con il passare del tempo il velo si accorcia e, passato il primo anno, si può passare al mezzo lutto: il nero può essere rallegrato dal grigio, dal viola e dal bianco e il velo può essere portato sollevato sopra la testa.Questo periodo può durare sei o tre mesi, o tutta la vita come nel caso della Regina Vittoria. La donna può indossare dei gioielli, e in caso di vedovanza anche risposarsi.
Essendo il funerale un evento sociale, come ho scritto sopra, le persone che presenziavano al funerale dovevano indossare l’abito adatto. Le regole del lutto (non mostrare pelle del corpo, ecc…) non valgono per chi non è della famiglia, ma bisogna comunque fare sfoggio di eleganza e di buon comportamento per non sfigurare in società. Ecco quindi che molte sartorie si specializzano in abiti per funerale, anche improvvisi, e riforniscono le migliori famiglie di Inghilterra. Ricordiamoci sempre che in questo periodo la morte era una presenza costante nella vita quotidiana: se per le classi basse era un miracolo non perdere un figlio, le classi alte non se la passavano certo meglio. L’aspettativa di vita era molto limitata in entrami i casi, quindi la morte non era un evento fuori dal comune come è oggi.
Se nelle classi sociali alte il funerale era un modo per fare sfoggio anche del proprio potere e delle proprie ricchezza, (in alcuni casi venivano ordinati i vestiti da lutto anche per i servi, in altri indossavano solamente una fascia nera al braccio a simboleggiare la propria solideriatà ai padroni)per le classi basse la cosa era molto più sbrigativa: si tingeva il vestito della domenica o della festa di nero e si andava al funerale di domenica, poichè costava di meno farlo celebrare e non avrebbe interferito più di tanto con il lavoro. Ovviamente per una donna lavoratrice dei bassi ceti era impensabile di rimanere chiusa in casa per un anno intero, anche perchè avrebbe significato far morire di fame l’intera famiglia.
Concludo con una curiosità: nell’età vittoriana esistevano addirittura panetterie e pasticcerie specializzate nella produzione di biscotti funerari che venivano consegnati avvolti in una carta con dentro un pensiero sul defunto. Spesso sulla superficie erano presenti decorazioni a forma di croce e la carta con cui venivano consegnati erano sigillata con la ceralacca e un sigillo spesso decorato con teschio e ossa incrociate.
Spero che questo viaggio nelle tradizioni funerarie vi sia piaciuto,
a presto,
Elena.