Il processo di elaborazione del lutto è sempre estremamente complesso, ma quando la morte di un genitore o di una persona cara avviene durante l’adolescenza tutto risulta ancora più complesso. Sappiamo che l’adolescenza, con i suoi grandi mutamenti fisici, biologici, ormonali, psicologici, comportamentali è la fase di transizione più critica della vita. In poco tempo il corpo cambia forma e abbandona i suoi tratti infantili. L’adolescente si trova a metà strada tra il mondo infantile e quello adulto, ma non può trovare nessun tipo di supporto né con il primo, col quale non si identifica più, né con il secondo che appare ancora legato a una sorta di potere e autorità. In genere l’adolescente in questa fase presenta comportamenti oscillanti tra dipendenza-attaccamento e aggressività-insofferenza nei confronti delle regole familiari. Comincia ad affermare la sua identità, ma per fare ciò abbandona le sicurezze e il senso di protezione dell’infanzia e comincia un processo di distanziamento dai genitori, necessario per la sua differenziazione.
La morte di un genitore costituisce un fattore di rischio ed una interferenza di sviluppo in quanto può provocare delle deviazioni nel processo di crescita. Durante l’adolescenza la morte di un genitore, di un altro membro della famiglia, o di un caro amico, risulta un’esperienza particolarmente dura da affrontare. Gli adolescenti si sentono onnipotenti e reputano loro stessi e chi è intorno a loro invincibili e immortali; nel loro immaginario solo le persone anziane muoiono, pertanto la morte di una persona cara diventa difficile da elaborare, soprattutto se tale perdita avviene in maniera improvvisa ( un infarto, un incidente d’auto, un suicidio); in questo caso possono manifestare un prolungato senso di irrealtà, una reazione prolungata di shock e incredulità. Lo studio degli effetti della morte di un genitore sull’equilibrio psicoaffettivo del figlio deve tener conto della sua età, delle modificazioni avvenute in seguito (rilevanza della depressione, capacità dell’altro genitore di superarla, il modo in cui il genitore vivo comunica col figlio, ruolo svolto dai parenti e dai sostituti dei genitori, eventuale nuovo matrimonio del genitore vedovo, ecc.), ed infine delle circostanze della morte (ad es. improvvisa, come nel caso di un incidente, oppure dopo una lunga malattia, o per suicidio, o per morte naturale, presenza o meno del ragazzo al momento della morte del genitore). Esistono naturalmente delle differenze se il lutto insorge nella prima adolescenza, dai 12 ai 14 anni, quando i ragazzi dipendono ancora largamente dalle figure genitoriali e adulte, o invece nella seconda adolescenza tra i 14-18 anni, quando il mondo esterno, in particolare il gruppo dei pari, diventa molto significativo e punto di riferimento. Più la morte è vicina al periodo dell’adolescenza, più costituisce un trauma che interferisce con il normale lavoro psichico. In questo caso sono spesso in primo piano la depressione e i sintomi ad essa correlati (disinteresse, isolamento sociale, disinvestimento scolastico, disturbi somatici vari, ecc.). La comprensione psicopatologica di questo episodio depressivo rimanda ai sentimenti di colpa nei riguardi del genitore scomparso; l’adolescente ha spesso dei rimorsi di non essere stato abbastanza ubbidiente, di non aver mostrato il suo amore, ascoltato i consigli e le raccomandazioni. E’ probabile, che gli adolescenti si esprimano più attraverso manifestazioni di rabbia che di tristezza, non solo perchè la rabbia tiene a bada e nasconde il dolore, ma anche perchè è un’emozione con la quale hanno più familiarità. Quando uno dei genitori muore in primo luogo sembrano prevalere i processi difensivi e la negazione del dolore, per poter andare avanti continuando a sentirsi vivi e per proteggersi da vissuti angosciosi e intollerabili. Spesso il diniego difensivo cede e allora possono esplicitarsi sintomi depressivi eclatanti, che spesso si esprimono nell’isolamento, nella chiusura, nella passività e, talvolta, anche in dinamiche suicidali.E’ possibile aiutare gli adolescenti nel processo di elaborazione del lutto incoraggiandoli ad esprimere le proprie emozioni, le proprie sensazioni, ad esternare il proprio stato d’animo anche chiedendo apertamente come si sentono, e rassicurarli sul fatto che il pianto, la rabbia, il senso di colpa, la tristezza, l'apatia, il senso di inutilità, la nostalgia, la paura, la disperazione che provano sono normali. E' importante ascoltare quello che i ragazzi si sentono di dire, senza pensare di dover necessariamente fornire risposte o soluzioni. Evitare di parlare della morte e delle emozioni legate al lutto non cancella il dolore, bensì lo inasprisce. E’ importante per gli adolescenti, inoltre, poter riprendere al più presto la loro abituale routine, anche se è possibile che ci siano interruzioni dovute a momenti di sofferenza particolarmente forte causati da sensi di colpa dovuti sia al riprendere la propria routine come se nulla fosse accaduto, sia al non essere stati capaci di evitare la morte della persona, di non averla potuta “salvare”. Spesso, anzi, questo senso di colpa del tutto ingiustificato è molto opprimente ed angosciante, proprio perché inespresso. Una presenza solida, costante e affettiva dell’adulto (genitori, parenti, amici, insegnanti) è cruciale nella fase del lutto, anche perché i coetanei, tendono o per imbarazzo, o per timidezza, o per leggerezza, a fare finta di niente infondendo così nell’adolescente che ha subito la perdita un senso di solitudine.Gli adolescenti che hanno subito un lutto possono manifestare molti segnali di disagio come ad es. basso rendimento scolastico, comportamenti a rischio (es. abuso di droghe o sostanze alcoliche), depressione, irrequietezza, ansia, difficoltà del sonno, marcata assenza di autostima, disturbi del comportamento alimentare, deterioramento dei rapporti con la famiglia o con gli amici, atteggiamenti insolitamente protettivi e adulti nei confronti degli altri familiari o, viceversa, insolitamente aggressivi e violenti. Questi comportamenti sono indicazioni chiare che l'adolescente sta incontrando difficoltà ad affrontare da solo la perdita ed è pertanto importante non trascurarli in una fase cosi’ delicata di transizione e di formazione di un “io” adulto, richiedendo la consulenza di uno psicologo qualora si protraessero a lungo o non subissero alcuna variazione. Dott.ssa Rita ManzoTi potrebbero interessare anche i seguenti articoli:
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