La facilità e la leggerezza con cui un anno fa si è messo mano alla Costituzione per introdurvi il suicida pareggio di bilancio e per affondare l’articolo 18, trovano oggi un contraltare e anche un contrappasso: la resistenza estrema alla formazione delle commissioni permanenti senza prima aver formato un governo. Nessuna normativa stringente lega le commissioni alla creazione di un esecutivo, anzi i regolamenti di Camera e Senato escludono una correlazione fra le due cose e quello di Palazzo Madama impone addirittura la presentazione dei nomi dei “commissari” entro cinque giorni dalla formazione gruppi. E’ vero che un governo ci vorrebbe per stabilire piani e priorità, ma in effetti ce n’è uno che è sì dimissionario, ma non ha avuto alcuna sfiducia dal Parlamento e che in effetti non si limita affatto agli affari correnti, ma determina il futuro del Paese con decisioni a Roma e Bruxelles che tutto sono tranne che ordinaria amministrazione. Pasticcio orrendo che tuttavia dimostra che la formazione delle commissioni permanente è impedita dalla vera carta fondamentale della Repubblica: il manuale Cencelli che stabilisce le supreme norme e prassi spartitorie.
Senza un governo infatti non è possibile stabilire le alchimie con le quali dividersi i presidenti delle commissioni stesse tra minoranza e maggioranza, ovvero mancano le coordinate per disegnare la mappa dei compromessi del potere. La resistenza ad oltranza dei partiti con tutto l’insieme dei media, costituzionalisti, notisti e consigliori di riferimento, così come l’occupazione simbolica delle sacre aule da parte del M5S (che tuttavia non stato certo esente da errori e da limiti evidenti in questa fase) sono le manovre di una battaglia che la partitocrazia ritiene essenziale per la propria sopravvivenza: non il governo del Paese e men che meno il buon governo, ma la spartizione del potere.
Anche Napolitano che pure dovrebbe interpretare la norma e il momento in maniera più distaccata, che dovrebbe pensare al dramma nel quale siamo coinvolti e travolti, pare incapace di mettere fuori la testa da questa morta gora e anzi partecipa con viva e vibrante preoccupazione alla difesa del “magno Cencellum” che evidentemente, dopo i vent’anni di berlusconismo è ciò che rimane della politica. Quello si che è davvero sacro, mentre la Costituzione si può aggredire e stravolgere nei ritagli di tempo tra una manovra incompetente e un massacro di pensionati ordinato a duemila chilometri di distanza. Il sacro manuale dell’inciucio è del resto usbergo non solo per il mantenimento dello statu quo ante nei rapporti tra Paese e politica, ma anche salvezza dai guai giudiziari: il fatto che Grasso, la faccia nuova più vecchia e più compromessa che era possibile trovare in Eurasia, abbia già da tempo nominato i componenti della giunta per il Regolamento , ma non quelli della giunta per Elezioni la dice lunga sul terrore che suscita nel sistema politico la possibilità che Berlusconi venga dichiarato ineleggibile.
Salterebbe il tappo e con esso anche i rapporti di potere, gli alibi, gli inciuci sotterranei, gli arcana imperii, insomma il mondo della politica come lo conosciamo. E anche il Cencellum, la nostra costituzione materiale.