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Il meglio del weekend: speciale All-Star Game

Creato il 18 febbraio 2014 da Basketcaffe @basketcaffe

Best of the Weekend

 

All Star Game: Kevin Durant

Se questa partita l’avesse vinta l’Ovest, per la corsa all’MVP, salvo qualche insidia dal sempre devastante Blake Griffin (38 punti con 19/23 al tiro, ma più della metà sono schiacciate date dalla difesa praticamente nulla), non ci sarebbe stata storia. Onore a Kyrie Irving (31 punti con 14/17 e 14 assist), che ha lanciato la rimonta vincente dell’Est, ma KD sembra davvero provenire da un altro pianeta. Se a Griffin ha dato buon gioco il contesto, mentre il play dei Cavs è stato un po’ in ombra durante la partita perché più concreto che spettacolare, Durant ne ha fatte davvero di ogni. Pur non tirando benissimo per una partita di All Star Game (14/27 con 6/17 da tre punti), ha segnato 38 punti, quattro solamente sotto il record di Wilt Chamberlain del 1962, che a lungo è sembrato poter crollare, raccolto 10 rimbalzi e spartito 6 assist, con una sola palla persa. E si è anche regalato una giocata da copertina su assist di Steph Curry direttamente dalla rimessa laterale. In quasi 35 minuti di impiego ha messo per larghi tratti anche una discreta intensità, giocandonsela come una partita di regular season, e lasciando il trofeo di miglior giocatore solo a causa della sconfitta della sua squadra. Durant ha dimostrato ancora una volta di essere, al momento, il miglior giocatore in questa Lega. O, per lo meno, quello che ha più fame e voglia di vincere.

All Star Saturday Night: Marco Belinelli

Se le emozioni allo Slam Dunk Contest, come di consueto negli ultimi anni, sono decisamente mancate, altrettanto non si può dire per il Three Point Shootout. E il nostro Marco Belinelli ha mostrato al mondo tutte le sue qualità. Vittorioso nel turno eliminatorio su un Kevin Love spentosi con l’andare della sua gara, su un Damian Lillard visibilmente stancato dai molteplici impegni del suo weekend (ha partecipato a ogni gara di questo All Star Game!) e su un freddo Steph Curry nel suo carrello finale, l’italiano ha segnato gli ultimi tre tiri, per altro tutte money ball, per aggiudicarsi la finale con il punteggio di 19. Tutto ciò che la fortuna gli aveva regalato nella prima parte, gli viene poi tolto nella seconda. Marco fa ancora 19, sempre con un’ottima prestazione nell’ultimo carrello di money ball, ma dall’altra parte c’è Bradley Beal, che in eliminatoria ha fatto 21. Incredibilmente, però, il giocatore dei Wizards arriva alle ultime cinque palle con un misero 13, con la possibilità solamente di pareggiare se le mette tutte a segno. Ed è proprio quello che succede, per la disperazione dei tifosi italiani restati svegli nella notte di sabato. Ci vorrà un turno supplementare. Belinelli, però, regala una grande gioia ai suoi connazionali. Arrivano 4 punti al primo carrello, 5 nel secondo, 3 nel terzo e 6 negli ultimi due, per un totale di 24. Beal fa 18 e il giocatore degli Spurs può, finalmente, festeggiare. Non c’è molto altro da aggiungere, se non: grazie Marco!

Rising Star Challenge: Tim Hardaway Jr vs Dion Waiters

In una partita di rara bruttezza come quella di venerdì nel Rising Star Challenge, le migliori emozioni arrivano da una sfida faccia a faccia tra la guardia dei Knicks e quella dei Cavs. Entrambi cominciano la loro gara con una schiacciata spettacolare e proseguono mostrando tutte le loro qualità, tanto in elevazione quanto da oltre l’arco. Hardaway si scalda da fuori e Waiters gli risponde con un jumper in faccia. Il primo va in penetrazione per il canestro in appoggio al tabellone e il secondo gli risponde facendo lo stesso. Waiters spara una tripla da molto fuori l’arco e Hardaway non si fa pregare, segnando direttamente da casa sua. Waiters ne mette altri tre e indovinate Hardaway? Esatto, altra tripla a segno. Passano un paio di azioni e ancora il figlio d’arte mette una bomba, seguito dal giocatore di Cleveland in jumper. Un altro paio di botta e risposta portano Waiters alla soglia dei 31 punti, con 10/14 al tiro e 4/6 da tre punti, mentre Hardaway sale addirittura a 36 punti, ma con molti più errori (7/16 da oltre l’arco). Entrambi finiscono come migliori realizzatori, da una parte e dall’altra, e salvano lo spettacolo di un match mai davvero combattuto. Chi sia il vincitore, però, è davvero difficile stabilirlo.

 


 

Worst of the Weekend

 

All Star Game: Joe Johnson

Non tanto e non solamente per questa partita, quanto per l’intero weekend del giocatore dei Nets. Partecipare al Three Point Shootout e arrivare al termine del minuto di tempo tirando un solo pallone nell’ultimo carrello, per altro con un misero punteggio di 11 racimolato nel complessivo, con due palloni segnati nei primi dieci, pur andando con il freno a mano davvero troppo tirato, significa che, sicuramente, non è la gara più adatta a te. A Johnson non sembra importare più di tanto mentre torna a sedersi in panchina e, se forse non gliene possiamo fare una colpa, almeno possiamo dire che non è una bella immagine per tutti gli spettatori, considerando l’impegno assoluto del nostro Belinelli o la gioia di Beal per essere arrivato in finale, festeggiato anche dal rapper Nelly. Ugualmente, nella partita delle stelle Johnson non combina niente di buono, sparacchiando (2/7 con 1/6 da tre punti) per 5 punti, senza altre statistiche di rilievo e, soprattutto, senza alcuna giocata per onorare l’impegno. Che dire? In certi casi, forse, sarebbe meglio restarsene a casa.

All Star Saturday Night: Slam Dunk Contest

Rivedere su YouTube le schiacciate paurose ed elettrizzanti del migliore di sempre nella disciplina, Vince Carter, in uno Slam Dunk Contest come quello del 2000 fa capire come il livello della gara da allora sia crollato sotto terra. Il nuovo formato, con una prima parte di freestyle, seguita da sfide uno contro uno, che porta a vincere il titolo praticamente con una sola schiacciata, sembra quasi un insulto alle emozioni che la gara delle schiacciate ha sempre regalato nel corso degli anni. Damian Lillard riesce a non ricevere nemmeno un applauso dal pubblico, Terrence Ross e Paul George sembrano aver mostrato di meglio durante le partite di regular season ed erano attesi ad una prestazione assai più spettacolare ed Harrison Barnes, pur con una buona idea come quella di abbinare il videogioco NBA 2K14 alla sua schiacciata, raffredda gli spettatori con qualcosa di più che ordinario. Ringraziamo almeno Ben McLemore per il salto sopra il trono su cui siede un sempre fantastico Shaq, con relativa incoronazione successiva alla prestazione, e, soprattutto, un grandissimo John Wall. Il giocatore dei Wizards, dapprima si ricorda del particolare di essere in uno stadio e cerca il consenso e il supporto del pubblico, poi mette a segno una splendida reverse slam saltando sopra la mascotte di Washington, con cui poi si lancia in un ballo di festeggiamento per la meritatissima vittoria. Chapeau, almeno per lui.

Rising Star Challenge: Troy Burke & The Contest

Non è la prima e non è l’unica delusione della gara tra i novizi della Lega, tra le meno spettacolari non solo del weekend, ma anche degli ultimi anni all’All-Star Game, ma se non altro gli altri, qualcosa di per lo meno decente, l’hanno dimostrato. In una squadra come questo Team Webber, che tira con un terribile 12/42 da tre punti, di cui sette triple messe a segno dal solo Tim Hardaway Jr, il giocatore dei Jazz si regala un “fantastico” 0/7 da oltre l’arco, che completa un 3/12 davvero inguardabile a giudicare il fatto che le difese, in questo match, non sono proprio esistite. In generale, se nei due anni passati era stato il personaggio istrionico di Shaq opposto a quello altrettanto su di giri di Charles Barkley nella scelta delle squadre ad alzare il livello delle emozioni della partita del venerdì, quest’anno Grant Hill e Chris Webber non sono stati altrettanto esaltanti. Le migliori giocate sono arrivate dai fratelli Plumlee e dai due sopra citati nel Best of the Weekend, che si sono dati battaglia, dando buon gioco ad Andre Drummond (MVP con 30 punti e 25 rimbalzi) per aggiudicarsi il titolo di miglior giocatore della partita. Non proprio qualcosa di cui andare così fiero, però.


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