Una fionda ha salvato una piccola casa di videogiochi finlandese dalla bancarotta, lanciandola sulla ribalta mondiale. Il fenomeno Angry Birds , il giochino sotto forma di Applicazione che consiste nel catapultare uccellini kamikaze contro i maialini verdi che gli hanno rubato le uova , sembra inarrestabile. La nuova edizione, associata al film Rio , ha totalizzato 10 milioni di download in 10 giorni.
Una crescita fantastica. Basti pensare che la versione originale – scaricata 100 milioni di volte per un totale di 50 milioni di euro – ci ha messo dei mesi per arrivare a simili cifre. A tutto questo si deve aggiungere il merchandising : due milioni di peluche venduti , magliette , cover smartphone e iPad , un gioco da tavola Mattel. Inoltre un applicazione su Facebook e lo sbarco su console dopo maggio.
“Avevamo progettato quasi tutto” racconta Peter Vesterbacka , a capo del business della Rovio Mobile , la società che ha prodotto Angry Birds “L’idea era di costruire un gioco di successo per iPhone , poi per le altre piattaforme , poi le console , ecc. Una volta lanciato il marchio, sarebbero seguiti i pupazzi , ma anche film e libri. Noi vogliamo essere una entartainment company vera e propria”.
Peccato che la Rovio ci abbia messo otto anni e 51 titoli sviluppati , molti dei quali realizzati da altri, per arrivarci. E che nel 2009 la società era sull’orlo del fallimento. “Era molto difficile prima distribuire i giochi attraverso i diversi operatori e i mercati” spiega Vesterbacka “Ma lo store di Apple ha cambiato tutto”. Dal dicembre 2009 Angry Birds ha scalato le classifiche iTunes finlandese , svedese, inglese , arrivando perfino al primo posto di quella americana , per restarci. E il grafico del bilancio della società si è ribaltato.
La parabola dell’uccellino ha elettrizzato gli sviluppatori di tutto il mondo , rinnovando il sogno della corsa all’oro . Informatici delle periferie del mondo , programmatori free-lance, ragazzini col pallino del computer : chiunque può tentare la fortuna conquistando utenti. Come ci è riuscito Robert Nay , un quattordicenne dello Utah, che con “Bubble Ball” , in cui si spinge una palla a destinazione , è finita tra le App più scaricate” 2 milioni di download nelle prime due settimane.
Ci provano anche in Italia , come Andrea Mori e Matteo Morelli , universitari di Rosignano che hanno rilasciato , per iTunes , il “Calcolone” un app di 0,79 euro che offre una miriade di strumenti. “Dal giorno successivo al lancio siamo saliti in classifica anche grazie alla segnalazione di siti specializzati come iSpazio” spiega Morelli “In quel mese siamo stati nelle prime cinque app a pagamento in Italia con 50 mila download. E abbiamo guadagnato più di 20 mila euro”. Per realizzarla ci hanno messo tre mesi di lavoro.
Si sa che non si campa di solo App a meno che non resti in classifica per molto tempo. Ma devi essere una grande azienda. Si stima che a livello globale si contino 700 mila App. E ce n’è per tutti i gusti.In Italia vanno molto quelle dei giochi , le mappe, i social network e quelle per l’editoria. I ricavi , però sono ancora limitati: si parla di poche decine di milioni di euro. Inoltre gli utenti italiani scaricano molto le App gratuite , e tendono a usarle poco.
Anche per questo aziende italiane hanno cercato di entrare nel mercato americano. La Applix di Gorgonzola ha brevettato “Bubble Viewer” , una tecnologia per visualizzare un’immagine attraverso il tablet come si stesse guardando attraverso una finestra. Lo schermo fa entrare un utente in bolla con un effetto di immersione. “Virtual History Roma” è un programma sviluppato da Mondadori , ed è stato mostrato da Steve Jobs durante iPad2. E in poco tempo ha conquistato iTunes in Olanda, Spagna, Italia oltre che la top ten Usa. Tutto questo malgrado costi 8 euro.Ma dove c’è un azienda di successo , dall’altra ci sono App con un download unico.
Più promettente è la domanda che arriva dalle aziende. La Applix si è inventato AppDoit , una piattaforma che permette al privato di svilupparsi da solo il suo programma su iPhone al costo di 240 euro.