Nell’ultimo numero di Internazionale, oltre ad alcune riflessioni interessanti sull’operato di Steve Jobs (pro e contro), è stato pubblicato l’articolo di John Tierney “La fatica di decidere”. I risultati di una serie di ricerche mostrano che, con il passare delle ore, la nostra capacità di prendere decisioni diminuisce, a causa dell’affaticamento biologico: ad esempio le scelte che un giudice compie la mattina presto, a parità di situazione da dirimere, sono diverse da quelle effettuate nel pomeriggio. Preoccupante, a pensarci bene, anche se ricordo di aver avuto la stessa impressione durante le lunghe sessioni orali degli esami universitari.
Ad un certo punto, sembra, infatti, che il cervello cerchi scorciatoie o dando retta agli impulsi, senza riflettere più, o sospendendo qualunque decisione. Lo studio del “Modello Rubicone” dell’azione (carina, la definizione) ha portato a individuare nella fase del lancio del dado, dopo l’analisi dei pro e contro del contesto, la parte più importante e stressante, che ci mette a dura prova. Raggiungere un compromesso tra pro e contro, avere la capacità di decidere, diventa ad un certo punto un compito faticoso e il cervello sceglie la strada dell’avarizia cognitiva, il “non ne posso più” davanti alla lista delle cose da fare per organizzare un matrimonio, l’acquisto compulsivo al supermercato di fronte agli scaffali affollati. Sembra che la perdita progressiva di questo tipo di autocontrollo sia più rapida nelle persone con un reddito più basso e che sia una delle cause, in una sorta di circolo vizioso, del fatto che queste persone non riescano ad uscire dal proprio stato di povertà. Decidono infatti per impulso e solo per risolvere situazioni contingenti, senza prendere in considerazione i vantaggi a lungo termine. Le pause in cui l’individuo ha la possibilità di rifornire il cervello di glucosio ripristinano invece i livelli di forza di volontà mitigando lo stato di fatica. Tralasciando il circolo vizioso che queste conclusioni evidenziano sull’arte del mettersi a dieta, che ad un certo punto dell’articolo mi ha fatto venire in mente il povero Sisifo, ho trovato interessante un altro risultato dell’osservazione dei comportamenti delle persone sottoposte ai test. Sembra che passiamo tre o quattro ore al giorno a resistere ai desideri. Le scelte che compiamo ogni giorno consumano la forza di volontà, lasciando spazio alle frustrazioni e indebolendo il controllo. Chi ha autocontrollo, si organizza la vita in modo da preservare la propria forza di volontà, conscio di quali siano i momenti in cui non può fidarsi di se stesso.
Alla fine della lettura a me sono venute in mente alcune considerazioni sparse. La prima, fondamentale, è che forse sarebbe utile iniziare un esperimento per capire quale è la dose ottimale di cioccolato al caffè che possa riportare la mia capacità decisionale a livelli indiscutibili. Meno male che è periodo di sagre del cioccolato, perché la materia prima buona di tale aroma non è di facilissima reperibilità.
La seconda è che ridurre gli oggetti intorno a noi, semplificarsi la vita, staccarsi, ognuno in base alle proprie esigenze, da cosa riconosciamo come superfluo potrebbe, effettivamente, rientrare a far parte delle tecniche inconsce con cui preservare la forza di volontà.
La terza è che, tutto sommato, a me piace prendere decisioni, e che, ogni tanto, ci sono dei giorni in cui parto a mitraglia e una tira l’altra; nel mucchio, qualche stupidata ci scappa però, tutto sommato, questa teoria di decisioni ha su di me un effetto galvanizzante, se non dura troppo lungo. E mi dispiacerebbe scoprire che non è il modo giusto per operare, perché mi leverebbe una parte del divertimento.
La quarta è che, se veramente trascorro tre o quattro ore al giorno a resistere alle tentazioni, forse varrebbe la pena individuarle e metterle in ordine su una bella lista: magari ad alcune sarebbe meglio dire di si, una volta appurato che gli effetti a lungo termine di una decisione di pancia non daranno origine a catastrofi, e liberare forza di volontà per faccende più utili.
Tre o quattro ore a me sembrano proprio tante…forse questo è uno dei segreti degli asceti. Niente in giro, niente intorno e via, spazio libero nella mente per meditare. Ma se non hanno più decisioni da prendere, su che cosa è che meditano? Non sarebbe meglio farsi una bella dormita?