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Il mio corso di Fashion Writing in casa Revlon

Creato il 24 maggio 2012 da Patriziafinuccigallo

Il mio corso di Fashion Writing in casa Revlon

Foto di Alessia Carradori

Ad iniziare, Oriana Fallaci e il suo rossetto rosso. Si truccava poco, l'inviata di guerra, la grande giornalista, la combattiva. Ma quello non mancava mai. Tant'è che a Teheran, nel settembre del 1979, l'Ayatollah Khomeini glielo fece togliere immediatamente con un fazzoletto. Solo dopo si lasciò intervistare.   Poi è stato un discorso sull' identità. Quando il rossetto era di scena in Algeria dove le donne, negli anni novanta, scendevano in piazza truccate con colori sgargianti per opporsi alle reprimende degli integralisti.   Infine, tornando sui nostri taccuini, è diventato il rossetto da assaporare, con le emozioni e i rimandi alla memoria.  E anche qui tante storie si sono intrecciate: lettere mai spedite, gusti dell'infanzia, asprezze da Millenium, traiettorie da Jane Austin.
Cosa si può fare con il lancio di un rossetto e un corso di scrittura per Fashion Writing lo abbiamo capito nella sede di Revlon, a Roma, ieri mattina. Cosa è rimasto, almeno a me che l'ho condotto, ve lo dico adesso. Il Just Bitten Kissable di Revlon è fatto a forma di matitone. E con quello abbiamo scritto. Sulle labbra, avvertendo un leggero sapore di menta, e fra i nostri pensieri.  Ogni ragazza aveva il suo. Ma tutti sono diventati nostri. E quando ci siamo sciolte, tornando ognuna ai propri binari, quell'emozione era ancora presente.
Quanto a me, davanti al computer, in procinto di partire per le Terme di Saturnia ripenso alle considerazioni di Monica Robustelli, make up artist di Revlon e grande lettrice di Goethe e de La teoria dei colori. Ad un certo punto mi ha detto: "Sai, indossare il rossetto è comunicazione. Sono parole mute". 
Così ho deciso di parlare tanto. In silenzio. Tra un colore e l'altro. A seconda di un fascio di luce. Beccato all'alba in mezzo a un bosco o vissuto in uno stato mentale.
“Come sono brutte, poverine. Con quel grande seno strizzato dentro il giacchino grigioverde, quel sederone reso più ampio dai pantalonacci, quei capelli tirati in un crocchino. Non hanno mai saputo cosa significhi indossare un bel vestito, pettinarsi bene, darsi un po’ di cipria: fare le civette. Sono nate tra le privazioni, son cresciute col cervello rimpinzato dalla demagogia, dalle frasi fatte (…) Verrebbe voglia di urlare: datti un colpo di pettine, perbacco, datti un po’ di rossetto, non andrai mica all’inferno se lo fai” (Oriana Fallaci,  Saigon e così sia Rizzoli editore).
Il mio corso di Fashion Writing in casa Revlon
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